Other “La traviata” libretti [show] |
• Italian
• German • French • English |
Line-by-line [show] |
• German
• French • English |
“La traviata” by Giuseppe Verdi libretto (Italian)
Contents: Personaggi; Atto Primo; Atto Secondo; Atto Terzo |
Scena prima Casa di campagna presso Parigi. Salotto al piano terreno. Nel fondo, in faccia agli spettatori, c'è un camino, sopra il quale uno specchio ed un orologio, fra due porte chiuse da cristalli che mettono ad un giardino. Al primo piano altre due porte, una di fronte all'altra. Sedie, tavolini, qualche libro, l'occorrente per iscrivere. (Alfredo entra in costume da caccia.) ALFREDO (depone il fucile) Lunge da lei per me non v'ha diletto! Volaron già tre lune dacché la mia Violetta agi per me lasciò, dovizie, amori e le pompose feste ov'agli omaggi avvezza, vedea schiavo ciascun di sua bellezza. Ed or contenta in questi ameni luoghi tutto scorda per me. Qui presso a lei io rinascer mi sento. E dal soffio d'amor rigenerato scordo ne' gaudi suoi tutto il passato. De' miei bollenti spiriti il giovanile ardore ella temprò col placido sorriso dell'amor! Dal dì che disse: Vivere io voglio a te fedel, ah, sì dell'universo immemore, io vivo quasi in ciel. (Annina entra vestita da viaggio.) |
ALFREDO Annina, donde vieni? ANNINA Da Parigi. ALFREDO Chi tel commise? ANNINA Fu la mia signora. ALFREDO Perché? ANNINA Per alienar cavalli, cocchi, e quanto ancor possiede. ALFREDO Che mai sento! ANNINA Lo spendio è grande a viver qui solinghi. ALFREDO E tacevi? ANNINA Mi fu il silenzio imposto. ALFREDO Imposto? Or v'abbisogna? |
ANNINA Mille luigi. ALFREDO Or vanne - andrò a Parigi. Questo colloquio non sappia la signora. Il tutto valgo a riparare ancora. (Parte. Entra subito Violetta con varie carte. Parla con Annina.) VIOLETTA Alfredo? ANNINA Per Parigi or or partiva. VIOLETTA E tornerà? ANNINA Pria che tramonti il giorno - dirvel m'impose - VIOLETTA È strano! GIUSEPPE (presentandole una lettera) Per voi. VIOLETTA (prendendola) Sta ben. In breve giungerà un uom d'affari - entri all'istante. |
(Violetta apre la lettera.) Ah, ah! Scopriva Flora il mio ritiro. E m'invita a danzar per questa sera! Invan m'aspetterà. GIUSEPPE È qui un signore. VIOLETTA Sarà lui che attendo. (Accenna ad Annina di introdurlo. Entra Giorgio Germont.) GERMONT Madamigella Valéry? VIOLETTA Son io. GERMONT D'Alfredo il padre in me vedete! VIOLETTA (sorpresa, l'invita a sedersi) Voi! GERMONT Sì, dell'incauto, che a ruina corre, ammaliato da voi. VIOLETTA (risentita, alzandosi) Donna son io, signore, ed in mia casa; ch'io vi lasci assentite più per voi che per me. (Sta per uscire.) |
GERMONT (Quai modi!) Pure - VIOLETTA Tratto in error voi foste. GERMONT De' suoi beni egli dono vuol farvi. VIOLETTA Non l'osò finora - rifiuterei. GERMONT (guardando intorno) Pur tanto lusso - VIOLETTA A tutti è mistero quest'atto. A voi nol sia. (Gli dà una carta.) GERMONT (Germontscorre le carte.) Ciel! Che discopro! D'ogni vostro avere or volete spogliarvi? Ah, il passato, perché v'accusa? VIOLETTA Più non esiste - or amo Alfredo, e Dio lo cancellò col pentimento mio. GERMONT Nobili sensi invero! |
VIOLETTA Oh, come dolce mi suona il vostro accento! GERMONT Ed a tai sensi un sacrifizio chieggo - VIOLETTA (alzandosi) Ah, no, tacete - terribil cosa chiedereste certo. Il previdi - v'attesi - era felice troppo. GERMONT D'Alfredo il padre la sorte, l'avvenir domanda or qui de' suoi due figli. VIOLETTA Di due figli! GERMONT Sì! Pura siccome un angelo Iddio mi diè una figlia; se Alfredo nega riedere in seno alla famiglia, l'amato e amante giovine cui sposa andar dovea, or si ricusa al vincolo che lieti ne rendeva. Deh, non mutate in triboli le rose dell'amor. A' prieghi miei resistere no, no non voglia il vostro cor. |
VIOLETTA Ah, comprendo - dovrò per alcun tempo da Alfredo allontanarmi - doloroso fora per me - pur - GERMONT Non è ciò che chiedo. VIOLETTA Cielo, che più cercate? Offersi assai! GERMONT Pur non basta. VIOLETTA Volete che per sempre a lui rinunzi? GERMONT È d'uopo! VIOLETTA Ah no! - giammai! No, no! Non sapete quale affetto vivo, immenso m'arda in petto? Che né amici, né parenti io non conto tra' viventi? E che Alfredo m'ha giurato che in lui tutto troverò? Non sapete che colpita d'atro morbo è la mia vita? Che già presso il fine vedo? Ch'io mi separi da Alfredo! |
Ah, il supplizio è sì spietato, che a morir preferirò. GERMONT È grave il sacrifizio, ma pur tranquilla uditemi, bella voi siete e giovine - col tempo - VIOLETTA Ah, più non dite - v'intendo - m'è impossibile. Lui solo amar vogl'io. GERMONT Sia pure - ma volubile sovente è l'uom - VIOLETTA Gran Dio! GERMONT Un dì, quando le veneri il tempo avrà fugate, fia presto il tedio a sorgere - che sarà allor? Pensate - per voi non avran balsamo i più soavi affetti, poiché dal ciel non furono tai nodi benedetti. VIOLETTA È vero! È vero! |
GERMONT Ah, dunque sperdasi tal sogno seduttore. VIOLETTA È vero! È vero! GERMONT Siate di mia famiglia l'angel consolatore Violetta, deh, pensateci, ne siete in tempo ancor. È Dio che ispira, o giovine, tai detti a un genitor. VIOLETTA Così alla misera ch'è un dì caduta, di più risorgere speranza è muta! Se pur benefico le indulga Iddio, l'uomo implacabil per lei sarà. GERMONT Siate di mia famiglia l'angiol consolator. VIOLETTA (poi, piangendo, a Germont) Ah! dite alla giovine sì bella e pura ch'avvi una vittima della sventura, cui resta un unico raggio di bene - che a lei il sacrifica e che morrà! GERMONT Piangi, piangi, o misera, supremo, il veggo, è il sacrifizio che ora ti chieggo. Sento nell'anima già le tue pene; coraggio e il nobile tuo cor vincerà! |
VIOLETTA Dite alla giovine sì bella e pura ch'avvi una vittima della sventura, cui resta un unico raggio di bene che a lei il sacrifica e che morrà! GERMONT Ah supremo, il veggo, è il sacrificio ch'ora ti chieggo. Sento nell'anima già le tue pene; coraggio e il nobile cor vincerà! Piangi, o misera! VIOLETTA Imponete. GERMONT Non amarlo ditegli. VIOLETTA Nol crederà. GERMONT Partite. VIOLETTA Seguirammi. GERMONT Allor - VIOLETTA Qual figlia m'abbracciate, forte così sarò. (S'abbracciano.) |
Tra breve ei vi fia reso. Ma afflitto oltre ogni dire. (indicandogli il giardino) A suo conforto di colà volerete. (Violetta va a scrivere.) GERMONT Che pensate? VIOLETTA Sapendo, v'opporreste al pensier mio. GERMONT Generosa! E per voi che far poss'io? O generosa! VIOLETTA (tornando a lui) Morrò! La mia memoria non fia ch'ei maledica, se le mie pene orribili vi sia chi almen gli dica. GERMONT No, generosa, vivere, e lieta voi dovrete; mercè di queste lagrime dal cielo un giorno avrete. VIOLETTA Conosca il sacrifizio ch'io consumai d'amore - che sarà suo fin l'ultimo sospiro del mio cor. |
GERMONT Premiato il sacrifizio sarà del vostro core; d'un'opra così nobile sarete fiera allor. Sì, sì - VIOLETTA Conosca il sacrifizio ch'io consumai d'amore - che sarà suo fin l'ultimo sospiro del mio cor. GERMONT Sarete fiera allor. D'un'opra così nobile sarete fiera allor. Premiato il sacrifizio sarà del vostro cor; d'un'opra così nobil sarete fiera allor. VIOLETTA Qui giunge alcun! Partite! GERMONT Oh, grato v'è il cor mio! VIOLETTA Partite! Non ci vedrem più forse - (S'abbracciano.) VIOLETTA, GERMONT Siate felice! |
VIOLETTA Addio! GERMONT Addio! VIOLETTA Conosca il sacrifizio, GERMONT Sì! VIOLETTA ...ch'io consumai d'amore - che sarà suo fin l'ultimo... Addio! GERMONT Addio! VIOLETTA che sarà suo fin l'ultimo... Addio! VIOLETTA, GERMONT Felice siate, addio! (Germont esce per la porta del giardino.) VIOLETTA Dammi tu forza, o cielo! (Siede e scrive, poi suona il campanello. Annina entra.) ANNINA Mi richiedeste? |
VIOLETTA Sì, reca tu stessa questo foglio - (Annina guarda la direzione; sorpresa.) Silenzio - va' all'istante. (Annina parte.) Ed or si scriva a lui. Che gli dirò? Chi men darà il coraggio? (Scrive, poi suggella.) ALFREDO (Entra.) Che fai? VIOLETTA (nascondendo la lettera) Nulla. ALFREDO Scrivevi? VIOLETTA Sì - no - ALFREDO Qual turbamento! A chi scrivevi? VIOLETTA A te - ALFREDO Dammi quel foglio. VIOLETTA No, per ora. ALFREDO Mi perdona - son io preoccupato - |
VIOLETTA Che fu? ALFREDO Giunse mio padre - VIOLETTA Lo vedesti? ALFREDO Ah, no: severo scritto mi lasciava. Però l'attendo, t'amerà in vederti. VIOLETTA Ch'ei qui non mi sorprenda, lascia che m'allontani - tu lo calma - ai piedi suoi mi getterò - divisi ei più non ne vorrà - sarem felici - perché tu m'ami, Alfredo, non è vero? ALFREDO Oh, quanto! Perché piangi? VIOLETTA Di lagrime aveva d'uopo - or son tranquilla - lo vedi? Ti sorrido - lo vedi? Sarò là tra quei fior presso a te sempre. Amami, Alfredo, quant'io t'amo. Addio! (Corre in giardino.) ALFREDO Ah, vive sol quel core all'amor mio! |
(Siede, apre un libro; poi guarda l'ora sul caminetto.) È tardi; ed oggi forse più non verrà mio padre. GIUSEPPE (entrando frettoloso) La signora è partita. L'attendeva un calesse, e sulla via già corre di Parigi. Annina pure prima di lei spariva. ALFREDO Il so, ti calma. GIUSEPPE (Che vuol dir ciò) ALFREDO Va forse d'ogni avere ad affrettar la perdita. Ma Annina lo impedirà. COMMISSIONARIO Il signor Germont? ALFREDO Son io. COMMISSIONARIO Una dama da un cocchio, per voi, di qua non lunge, mi diede questo scritto. (Dà la lettera ad Alfredo, riceve una moneta e parte.) |
ALFREDO Di Violetta! Perché son io commosso! A raggiungerla forse ella m'invita - Io tremo! Oh ciel! Coraggio! (Apre la lettera.) "Alfredo, al giungervi di questo foglio..." (un grido:) Ah! (Germont entra dal giardino. Si volge e si trova nelle braccia del padre.) Padre mio! GERMONT Mio figlio! Oh, quanto soffri! Oh, tergi il pianto - ritorna di tuo padre orgoglio e vanto. (Alfredo disperato siede presso il tavolino col volto fra le mani.) Di Provenza il mar, il suol chi dal cor ti cancellò? Al natio fulgente sol qual destino ti furò? Oh, rammenta pur nel duol ch'ivi gioia a te brillò; e che pace colà sol su te splendere ancor può. Dio mi guidò! Ah! il tuo vecchio genitor tu non sai quanto soffrì. Te lontano, di squallor il suo tetto si coprì, ma se alfin ti trovo ancor, se in me speme non fallì, se la voce dell'onor in te appien non ammutì, |
Dio m'esaudì! Né rispondi d'un padre all'affetto? ALFREDO (Scuotendosi, vede sulla tavola la lettera di Flora, la scorre ed esclama:) Ah! ell'è alla festa! Volisi l'offesa a vendicar. GERMONT Che dici! Ah, ferma! (Alfredo corre fuori di casa seguito dal padre.) |
Scena seconda Un salone nel palazzo di Flora, riccamente ammobiliato e molto illuminato. Una porta sul fondo e altre ai due lati. A destra, piuttosto in primo piano, un tavolo da gioco pronto per giocare: a sinistra, un tavolo elaborato con fiori e vivande; vicino, un canapè e delle sedie. (Flora, il Marchese e il Dr. Grenvil entrano con altri ospiti, discorrendo.) FLORA Avrem lieta di maschere la notte: n'è duce il viscontino - Violetta ed Alfredo anco invitai. MARCHESE La novità ignorate? Violetta e Germont sono disgiunti. |
DOTTORE, FLORA Fia vero? MARCHESE Ella verrà qui col barone. DOTTORE Li vidi ieri ancor - parean felici. (S'ode rumore di risate.) FLORA Silenzio - udite? FLORA, DOTTORE, MARCHESE Giungono gli amici. (Molte signore mascherate da zingare, entrano.) ZINGARE Noi siamo zingarelle venute da lontano; d'ognuno sulla mano leggiamo l'avvenir. Se consultiam le stelle null'avvi a noi d'oscuro, e i casi del futuro possiamo altrui predir. Vediamo - CORO I (osservando la mano di Flora) Voi, signora, rivali alquante avete. CORO II (osservando la mano del Marchese) Marchese, voi non siete model di fedeltà. |
FLORA (al Marchese) Fate il galante ancora? Ben, vo' me la paghiate - MARCHESE Che diamin vi pensate? L'accusa è falsità. FLORA La volpe lascia il pelo, non abbandona il vizio. Marchese mio, giudizio, o vi farò pentir. TUTTI Su via, si stenda un velo sui fatti del passato; già quel ch'è stato è stato, badiamo/badate all'avvenir. (Flora ed il Marchese si stringono la mano. Gastone ed altri mascherati da mattadori e piccadori spagnuoli entrano vivacemente dalla destra.) GASTONE, MATTADORI Di Madride noi siam mattadori, siamo i prodi del circo dei tori, testé giunti a godere del chiasso che a Parigi si fa pel Bue grasso; È una storia se udire vorrete, quali amanti noi siamo saprete. GLI ALTRI Sì, sì, bravi; narrate, narrate: con piacere l'udremo. |
GASTONE, MATTADORI Ascoltate. È Piquillo un bel gagliardo biscaglino mattador: forte il braccio, fiero il guardo delle giostre egli è signor. D'Andalusa giovinetta follemente innamorò; ma la bella ritrosetta così al giovane parlò: "Cinque tori in un sol giorno vo' vederti ad atterrar; e, se vinci, al tuo ritorno mano e cor ti vo' donar." Sì, gli disse, e il mattadore, alle giostre mosse il piè; cinque tori, vincitore, sull'arena egli stendé. GLI ALTRI Bravo, bravo il mattadore, ben gagliardo si mostrò, se alla giovane l'amore in tal guisa egli provò! GASTONE, MATTADORI Poi, tra plausi, ritornato alla bella del suo cor, colse il premio desiato tra le braccia dell'amor. GLI ALTRI Con tai prove i mattadori san le belle conquistar! |
GASTONE, MATTADORI Ma qui son più miti i cori; a noi basta folleggiar. TUTTI Sì, allegri. Or pria tentiamo della sorte il vario umor; la palestra dischiudiamo agli audaci giuocator. (Gli uomini si tolgono la maschera: chi passeggia e chi si accinge a giuocare. Alfredo entra.) TUTTI Alfredo! Voi! ALFREDO Sì, amici - FLORA Violetta? ALFREDO Non ne so. TUTTI Ben disinvolto! Bravo! Or via, giuocar si può. (Gastone si pone a tagliare; Alfredo ed altri puntano. Entra Violetta accompagnata dal Barone. Flora va ad incontrarla.) FLORA Qui desiata giungi. |
VIOLETTA Cessi al cortese invito. FLORA Grata vi son, barone, d'averlo pur gradito. BARONE Germont è qui! Il vedete? VIOLETTA Cielo! Gli è vero. Il vedo. BARONE Da voi non un sol detto si volga a questo Alfredo - non un detto, non un detto! VIOLETTA (Ah, perché venni, incauta! Pietà, gran Dio, di me!) FLORA (fa sedere Violetta presso di sé sul divano) Meco t'assidi; narrami - quai novità vegg'io? (Il Dottore si avvicina ad esse; il Marchese si trattiene a parte col Barone; Gastone taglia, Alfredo ed altri puntano, altri passeggiano. Flora e Violetta parlano fra loro.) |
ALFREDO Un quattro! GASTONE Ancora hai vinto! ALFREDO Sfortuna nell'amore fortuna reca al giuoco. (Punta e vince.) TUTTI È sempre vincitore! ALFREDO Oh, vincerò stasera: e l'oro guadagnato poscia a goder tra' campi ritornerò beato. FLORA Solo? ALFREDO No, no, con tale che vi fu meco ancora, poi mi sfuggia - VIOLETTA Mio Dio! GASTONE (ad Alfredo indicando Violetta) Pietà di lei! BARONE (ad Alfredo con mal frenata ira) Signor! |
VIOLETTA (al Barone) Frenatevi, o vi lascio. ALFREDO Barone, m'appellaste? BARONE Siete in sì gran fortuna, che al giuoco mi tentaste. ALFREDO (ironico) Sì? La disfida accetto. VIOLETTA Che fia? Morir mi sento! Pietà, gran Dio, di me! BARONE (punta) Cento luigi a destra. ALFREDO (punta) Ed alla manca cento. GASTONE Un asso - un fante - hai vinto! BARONE Il doppio? ALFREDO Il doppio sia. GASTONE (tagliando) Un quattro, un sette. |
TUTTI Ancora! ALFREDO Pur la vittoria è mia! CORO Bravo davver! La sorte è tutta per Alfredo! FLORA Del villeggiar la spesa farà il baron, già il vedo. ALFREDO Seguite pur. SERVO La cena è pronta. FLORA Andiamo. CORO (Tutti partono.) Andiamo. VIOLETTA (Che fia? morir mi sento! Pietà, gran Dio, di me!) ALFREDO (al Barone) Se continuar v'aggrada - BARONE Per ora nol possiamo: più tardi la rivincita. |
ALFREDO Al giuoco che vorrete. BARONE Seguiam gli amici; poscia - ALFREDO Sarò qual bramerete - Andiam. BARONE Andiam. (Escono tutti dalla porta centrale; per un momento la scena rimane deserta. Poi Violetta rientra affannata.) VIOLETTA Invitato a qui seguirmi, verrà desso? Vorrà udirmi? Ei verrà, ché l'odio atroce puote in lui più di mia voce. ALFREDO Mi chiamaste? Che bramate? VIOLETTA Questi luoghi abbandonate, un periglio vi sovrasta - ALFREDO Ah, comprendo! Basta, basta. E sì vile mi credete? VIOLETTA Ah no, no mai - ALFREDO Ma che temete? |
VIOLETTA Tremo sempre del barone. ALFREDO È fra noi mortal quistione - s'ei cadrà per mano mia un sol colpo vi torria coll'amante il protettore. V'atterrisce tal sciagura? VIOLETTA Ma s'ei fosse l'uccisore? Ecco l'unica sventura - ch'io pavento a me fatale! ALFREDO La mia morte! Che ven cale? VIOLETTA Deh, partite, e sull'istante. ALFREDO Partirò, ma giura innante che dovunque seguirai i passi miei. VIOLETTA Ah, no, giammai. ALFREDO No! giammai? VIOLETTA Va', sciagurato scorda un nome ch'è infamato. |
Va' - mi lascia sul momento - di fuggirti un giuramento sacro io feci. ALFREDO A chi? dillo - chi potea? VIOLETTA A chi dritto pien n'avea. ALFREDO Fu Douphol? VIOLETTA Sì. ALFREDO Dunque l'ami? VIOLETTA Ebben - l'amo - ALFREDO (corre furente sulla porta e grida:) Or tutti a me. (Tutti gli invitati, perplessi, ritornano nel salone.) TUTTI Ne appellaste? Che volete? ALFREDO (additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino) Questa donna conoscete? TUTTI Chi? Violetta? |
ALFREDO Che facesse non sapete? VIOLETTA Ah, taci. TUTTI No. ALFREDO Ogni suo aver tal femmina per amor mio sperdea. Io cieco, vile, misero, tutto accettar potea. Ma è tempo ancora! Tergermi da tanta macchia bramo. Qui testimon vi chiamo che qui pagato io l'ho. (Con furioso disprezzo, getta il borsellino ai piedi di Violetta. Violetta sviene nelle braccia di Flora. Mentre Alfredo proferisce le ultime parole, entra suo padre.) TUTTI Oh, infamia orribile tu commettesti! Un cor sensibile così uccidesti! Di donne ignobile insultatore, di qui allontanati, ne desti orror! Va', va', ne desti orror! Di donne ignobile insultator, ecc. GERMONT Di sprezzo degno sé stesso rende chi pur nell'ira la donna offende. |
Dov'è mio figlio? Più non lo vedo: in te più Alfredo trovar non so. ALFREDO Ah, sì - che feci! Ne sento orrore. Gelosa smania, deluso amore mi strazian l'alma; più non ragiono. Da lei perdono più non avrò. Volea fuggirla - non ho potuto! Dall'ira spinto son qui venuto! Or che lo sdegno ho disfogato, me sciagurato! rimorso n'ho. TUTTI (a Violetta) Oh, quanto peni! Ma pur fa cor. Qui soffre ognuno del tuo dolor; fra cari amici qui sei soltanto; rasciuga il pianto che t'inondò. GERMONT (da sé) Io sol fra tanti so qual virtude di quella misera il sen racchiude. Io so che l'ama, che gli è fedele, eppur crudele tacer dovrò! BARONE (piano, ad Alfredo) A questa donna l'atroce insulto qui tutti offese, ma non inulto fia tanto oltraggio - provar vi voglio che il vostro orgoglio fiaccar saprò. ALFREDO (da sé) Ohimé, che feci! Ne sento orrore, ecc. Da lei perdono più non avrò. |
VIOLETTA (riavendosi) Alfredo, Alfredo, di questo core non puoi comprendere tutto l'amore; tu non conosci che fino a prezzo del tuo disprezzo provato io l'ho! TUTTI (a Violetta) Quanto peni! fa cor! ALFREDO Ohimè! che feci! Ne sento orror! VIOLETTA Ma verrà tempo in che il saprai - come t'amassi confesserai. Dio dai rimorsi ti salvi allora, ah! Io spenta ancora pur t'amerò. ALFREDO Ohimè! che feci! Ne sento orror! BARONE Provar vi voglio che tanto orgoglio fiaccar saprò. GERMONT Io so che l'ama, che gli è fedele, eppur crudele tacer dovrò! TUTTI Quanto peni! fa cor! ecc. (Germont trae seco il figlio: il Barone lo segue. Violetta è condotta in altra stanza dal Dottore e da Flora; gli altri si disperdono.) |
libretto by Francesco Maria Piave |
Contents: Personaggi; Atto Primo; Atto Secondo; Atto Terzo |