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Les vêpres siciliennes” by Giuseppe Verdi libretto (Italian)

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Contents: Personaggi; Atto Primo; Atto Secondo; Atto Terzo; Atto Quarto; Atto Quinto
ATTO PRIMO

SCENA I

Il teatro rappresenta la gran Piazza di Palermo.
In fondo alcune strade ed i principali edifizi della città. A destra dello spettatore il palazzo di Elena. A sinistra l'ingresso ad una caserma con fasci d'armi. Dallo stesso lato il palazzo del governatore, a cui si ascende per una gradinata.
Tebaldo, Roberto, Soldati Francesi, Siciliani, poi Bethune e Vaudemont.


Tebaldo e Roberto con parecchi soldati francesi hanno recato una tavola dinanzi la porta della caserma, vi siedono intorno e bevono. Siciliani e Siciliane attraversano la piazza, formano de' gruppi qua e là, guardano biecamente i soldati francesi.

CORO (TEBALDO, ROBERTO, SOLDATI FRANCESI)
Al cielo natio,
Sorriso di Dio,
Voliam col pensier
Tra i canti e i bicchier.
Con fronde d'alloro,
col vino e coll'oro
Del pro' vincitor
Si premii il valor.

SICILIANI
a dritta ed a mezza voce
Con empio desio
Al suolo natio
Insultan gl'iniqui
Fra i canti e i bicchier.
Oh dì di vendetta,
Men lento t'affretta,
Ridesta il valor
Ai vinti nel cor

TEBALDO
alzando il bicchiere
Evviva, evviva il grande capitano!...

ROBERTO
Di Francia orgoglio e primo per valor!

TEBALDO
Fulmine in guerra...

ROBERTO
Mai non
fere invano,
Ed è de' suoi l'amor!

In questo mentre escono dalla caserma Bethune e Vaudemont tenendosi in atto famigliare

VAUDEMONT
Così di queste mura
Che chiamano Palermo,
Lo disse il General!... mio duce, è ver?...
Barcollando alquanto e indirizzandosi a Bethune
Noi siam signori!

BETHUNE
ridendo
Olà! il tuo piè vacilla!
Soldato, ebbro tu sei!

ROBERTO
ridendo
Ebbro son io... d'amore!
Ogni beltà mi piace!

BETHUNE
sempre ridendo
È il siciliano
Geloso, e alter delle sue donne il core!

ROBERTO
Cor non v'ha che non ceda
sempre barcollando
D'un cimitero alla vista!
Vedrai'

TEBALDO
Ma i lor consorti?

ROBERTO
Vincitor generoso
M'avran donna gentile e facil sposo

CORO DI FRANCESI
Al cielo natio, ecc.

CORO DI SICILIANI
Con empio desio, ecc.

SCENA II

La Duchessa Elena, Ninetta, Danieli e detti. Elena vestita a lutto, appoggiandosi al braccio di Ninetta e seguita da Danieli, attraversa la piazza venendo da sinistra e dirigendosi verso il proprio palazzo: ha un libro di preci tra le mani. È salutata con rispetto dai Siciliani, coi quali fami gliarmente si trattiene in colloquio.

VAUDEMONT
Qual s'offre al mio sguardo - del ciel vaga stella?
a Bethune
Tra noi qual si noma - sì rara beltà?

BETHUNE
A lutto vestita - del prence sorella,
Cui tronco fu il capo - ostaggio qui sta!
Or mesta deplora - l'amato fratello...
VAUDEMONT
con vivacità
Amico allo Svevo - che tanto l'amà.
Affetto fatale - che il sangue scontò!

BETHUNE
Quest'oggi ricorda quel dì doloroso...

VAUDEMONT
All'ombra fraterna - invoca riposo.

BETHUNE
sorridendo
E ultrice su noi - la folgor del ciel!

VAUDEMONT
E a dritto, ché il duce - fu troppo crudel!

BETHUNE
Ah! taci: ad un soldato
Mal s'addicon tai detti!...

Bethune saluta rispettosamente Elena e rientra nella caserma con Vaudemont.

SCENA III

Detti, meno Vaudemont e Bethune.

DANIELI
O dì fatale,
Giorno di duol, ove il nemico ferro
De' migliori suoi figli
Il suol materno orbava!

ELENA
a parte
Mio fratel, Federigo! o nobil alma!
Fior che rio turbin svelse
Nel suo primier mattino!
Morte, morte al crudel che la tua vita
Troncava... E indifferente a tanto eccidio
Qui stassi ognun!... Da me vendetta omai,
O mio fratel, e sol da me tu avrai.

ROBERTO
Assai nappi vuotammo: or la canzone
Ci allegri... Il Siciliano
alzandosi da tavola
Canti le nostre glorie!

TEBALDO
Il pensi?

ROBERTO
Per mia fé! canto gentile
completamente ubbriaco
Fra queste belle chi sciorrà?
avvicinandosi barcollando ad Elena
Fior di beltade, a te s'aspetta! or via..;

NINETTA
a Danieli
Di noi che fia?

ROBERTO
Signor mi fe' dei forti
Il diritto, e al vincitor mal ti sottraggi!
Non più s'indugi! olà!

NINETTA
con isdegno e facendo atto di proteggere Elena
Soldato! e tanto ardite!...

ELENA
ritenendo Ninetta
Taci!
ROBERTO
minaccioso ad Elena
Tu canterai!... Ovver..

ELENA
con calma
Udite!...

Roberto e Tebaldo coi Francesi hanno di nuovo occupato il loro posto intorno la tavola: poco a poco il popolo siciliano s'avvicina ad essi, quasi circondandoli durante l'aria seguente

ELENA
avanzandosi sul limitare della scena
In alto mare e battuto dai venti,
Vedi quel pino in sen degli elementi
A naufragar già presso? - ascolti il pianto
Del marinar pel suo navile infranto?
Deh! tu calma, o Dio possente,
Col tuo riso e cielo e mar;
Salga a te la prece ardente,
In te fida il marinar!
Iddio risponde in suo voler sovrano:
“A chi fida in se stesso il cielo arride.
Mortali! il vostro fato è in vostra mano!”.
Coraggio, su coraggio,
Del mare audaci figli;
Si sprezzino i perigli;
È il gemere viltà!
Al ciel fa grave offesa
Chi manca di coraggio;
Osate! e l'alta impresa
Iddio proteggerà!
guardando con espressione il popolo che la circonda
E perché sol preci ascolto?
Perché pallido è ogni volto?
Nel più forte del cimento
Voi tremate di spavento?
Su, su, forti! al mugghiare dell'onda
E agli scrosci del tuono risponda,
Si desti il vostro ardor,
Invitti cor!
Coraggio, su coraggio, ecc.

CORO DI SICILIANI
a parte e a mezza voce
A quel dir - ogni ardor
Si destò - nel mio cor.
Sospirar - è viltà!
L'onta ria - vendichiam,
Il servir - disprezziam,
E con noi - Dio sarà.
TEBALDO, ROBERTO E SOLDATI FRANCESI
bevendo senza prestare attenzione a quanto succede intorno ad essi
Di vin colmi i bicchieri
Rallegrano ogni core,
Raddoppiano il valore;
Beviamo alla beltà!

ELENA
Santa voce dell'onore
con forza e guardando i Francesi che vêr lei si rivolgono
A quei cori già parlò.

ELENA, NINETTA, DANIELI
con forza
Coraggio, su coraggio,
Del mare audaci figli;
Si sprezzino i perigli,
Iddio vi guiderà!
Si vendichi l'offesa,
Si spezzi il rio servaggio;
Osate! e l'alta impresa
Il ciel proteggerà!

SICILIANI
con forza
Coraggio, su coraggio!
Siamo del mare i figli:
Si sprezzino i perigli,.
Iddio ci guiderà.
Sì, vendichiam l'offesa,
Spezziamo il rio servaggio;
Osiamo! e l'alta impresa
Il ciel proteggerà!

CORO DI FRANCESI
sempre a tavola
Più di cotal frastuono,
D'urtati nappi il suono,
Gradito a noi sarà!
Col gioco e il vin l'amore
Scalda al soldato il core,
Di sé maggior lo fa.

ELENA, NINETTA, DANIELI E CORO DI SICILIANI
animandosi mutuamente
Andiamo! orsù, coraggio,
Si vendichi l'oltraggio,
L'acciar risplenda - del prode in man!
Corriam, feriam!

I Siciliani con pugnali sguainati van sopra ai Soldati francesi: un uomo comparisce d'un tratto sulla scalinata del palazzo del governatore: è solo e senza guardie.
TUTTI
arrestandosi spaventati
Egli! o ciel!

ELENA
O furor!... Che mai veggio?
Innanzi a lui paventa ognun... gran Dio!

Monforte getta uno sguardo con calma sulla turba e fa un gesto imperioso: fugge ognuno lasciando deserta la piazza: non restano in iscena che Monforte, Elena, Ninetta e Danieli.

SCENA IV

Elena, Ninetta, Danieli e Monforte

ELENA
D'ira fremo all'aspetto tremendo,
L'alma mia raccapriccia d'orror
O fratello! a te penso gemendo,
E vendetta sol spira il mio cor!

NINETTA, DANIELI
Tace l'ira all'aspetto tremendo,
Il mio seno s'agghiaccia d'orror!
Al fratello ella pensa fremendo,
E vendetta già spira il suo cor!
MONFORTE
a parte
D'odio fremon compresso, tremendo,
Ma di sprezzo sorride il mio cor!
Fremin pur, ma divorin tacendo
La vergogna e l'imbelle furor!

SCENA V

Gli stessi Arrigo arrivando dal fondo vede Elena e corre a lei senza scorgere Monforte, che s'arresta all'arrivo di Arrigo ed a lui s'avvicina lentamente.

ARRIGO
O donna!

EALENA
O ciel! chi veggio?
Arrigo!... e il crederò?... Tu prigioniero...

ARRIGO
con vivacità
Ah! sì, tra cari miei,
Del mio destino incerti, in questo loco
Libero io stommi!

ELENA, NINETTA
Oh! che di' tu?

ARRIGO
Tremanti
Giudici pronunciâro equa sentenza!
ECotanto osâro di Monforte in onta!

LENA, NINETTA
Gioia! e fia ver?

ARRIGO
Sì, appieno assolto io sono!
E fu mera giustizia e non perdono.

MONFORTE
avanzandosi sorridente
Di sconoscente core
Segno è tuo folle ardir: omaggio a lui
Rendi di sua clemenza!

ARRIGO
Meglio di' ch'egli è lasso! al ferro il braccio
Or manca ed alle faci,
Se non il core: e a fine
Di colpir meglio, si riposa!

ELENA
con ispavento
Ah taci!

NINETTA
Non osar!...

ARRIGO
E perché? - così il recasse
Innanzi a me fortuna
E a mia vendetta!

MONFORTE
tranquillamente
Il tuo timor rinfranca:
Or lo vedrai!

ARRIGO
Dov'è?

MONFORTE
Qui stassi!

ARRIGO
Cielo!

ELENA
Ahimè! che fia di lui?

MONFORTE
Ebben! non mi rispondi?

ARRIGO
Ah! nol poss'io... nol vedi?... io non brando!

MONFORTE
Sgombrate!
ad Elena, Ninetta e Danieli
e tu qui resta
ad Arrigo
io tel comando!

Elena, Ninetta e Danieli entrano nel palazzo a dritta; Arrigo vorrebbe seguirli, ma s'arresta al cenno di Monforte.

SCENA VI

Monforte ed Arrigo.

MONFORTE
Qual è il tuo nome?

ARRIGO
Arrigo!

MONFORTE
Non altro?

ARRIGO
Il mio rancore
Ti è noto! al mio nemico
Ciò basti!

MONFORTE
E il genitore?

ARRIGO
Io genitor non ho!
So che ramingo ed esule
Traeva i giorni suoi
Lungi dal tetto patria,
Lontan dai cari suoi...

MONFORTE
Or di tua madre narrami!

ARRIGO
Ah! non è più colei!
Già dieci lune scorsero,
Che lasso! io la perdei;
Or la ritroverò!
Mostrando il cielo

MONFORTE
Io so che pria di perderla
Del Duca Federigo
T'accolse già la reggia...

ARRIGO
Sì,m'albergò la stanza
Di quell'eroe!...

MONFORTE
Fellone!

ARRIGO
Su me vegliò magnanimo
Tra le guerriere squadre;
I passi miei sorreggere
Ei pur degnò qual padre;
Gli alti d'onore esempi
Fu gloria mia seguir;
Io per lui vissi e intrepido
Per lui vogl'io morir.
Di giovane audace
Pùnisci l'ardir;
Mi sento capace
D'odiarti e morir!
Non curo ritorte,
Disprezzo il dolor;
Incontro alla morte
Va lieto il mio cor!

MONFORTE
guardando. Arrigo
(Ammiro e mi piace
In lui quell'ardir:
Lo credo capace
D'odiarmi e morir!
Non cura ritorte,
Disprezza il dolor;
In faccia alla morte
Non trema il suo cor!)

Dovrei punirti, incauto,
Ma scuso un folle ardire!

ARRIGO
Pietade in te?

MONFORTE
Sì! tacciono
In alma grande l'ire:
E per salvarti io voglio
Offrire al tuo valor
Eccelsa meta, o giovane,
Degna d'un nobil cor.
Al sol pensier di gloria
Fremere in sen tu dêi!

ARRIGO
La gloria! - e dove mercasi?

MONFORTE
Sotto i vessilli miei!
Vien tra mie schiere intrepide,
T'affida a' mio perdon;
Vieni, per me sei libero!
ARRIGO
No, no! sì vil non son!
No, no: d'un audace
Punisci l'ardir:
Mi sento capace
D'odiarti e morir!
Disprezzo ritorte,
Non curo il dolor:
Incontro alla morte
Va lieto il mio cor!

MONPORTE
(Ammiro e mi piace
In lui quell'ardir:
Sarebbe capace
D'odiarmi e morir!
Non cura ritorte,
Disprezza il dolor:
In faccia alla morte
Sta saldo il suo cor!)
Freddamente
Adunque vanne! e immemore
La mia clemenza obblia!
Ma, giovinetto, ascoltami:
Odi un consiglio in pria!
Là vedi quell'ostello!
Indicando il palazzo di Elena

ARRIGO
Ebben?

MONFORTE
La soglia mai
Non dei varcar di quello.

ARRIGO
E perché?

MONFORTE
Lo saprai!
Paventa che il tuo core
in tuono misterioso
Arda d'infausto amore!

ARRIGO
con sorpresa
O ciel!

MONFORTE
A me lo credi,
L'amor ti perderà!

ARRIGO
turbato
Chi disse a te?...

MONFORTE
Tu il vedi!
Leggo nel tuo pensiero,
Per me non v'ha mistero,
Tutto a me noto è già:
Ah fuggi! io tel ripeto!

ARRIGO
E con qual dritto?

MONFORTE
Incauto!
Il dissi, io voglio! va!

ARRIGO
Non curo il tuo divieto,
Legge il mio cor non ha.

MONFORTE
Temerario! quale ardire!
Meno altier t'arrendi a me!
Non destarmi in sen quell'ire
Che cadran su voi, su te!

ARRIGO
Sono libero, e l'ardire
Di grand'alma è innato in me!
L'ira tua mi può colpire,
Ma non tremo innanzi a te!

MONFORTE
Freno al tuo folle ardire!
E quella soglia non varcar giammai!
Io tel comando!

ARRIGO
Tu?

MONFORTE
SI! l'odio mio
Fu ognor mortale...

ARRIGO
E pure io lo disprezzo!

MONFORTE
E morte avrai!

ARRIGO
Per lei
disfido io morte!

Sale i gradini del palazzo di Elena: batte: la porta si apre: Arrigo vi entra. Monforte lo guarda con commozione, ma senza sdegno.

Cade il sipario.


 
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