“Les vêpres siciliennes” by Giuseppe Verdi libretto (Italian)
Contents: Personaggi; Atto Primo; Atto Secondo; Atto Terzo; Atto Quarto; Atto Quinto |
SCENA I Una ridente valle presso Palermo. A dritta colline fiorite e sparse di cedri e d'aranci, a sinistra la Cappella di Santa Rosalia, in fondo il mare. Due uomini arrivano in una scialuppa e guadagnano la riva; il pescatore che la conduce si allontana. PROCIDA solo O patria, o cara patria, alfin ti veggo! L'esule ti saluta Dopo sì lunga assenza; Il tuo fiorente suolo Bacio, e ripien d'amore Reco il mio voto a te, col braccio e il core! O tu, Palermo, terra adorata, De' miei verdi anni - riso d'amor, Alza la fronte tanto oltraggiata, Il tuo ripiglia - primier splendor! Chiesi aita a straniere nazioni, Ramingai per castella e città: Ma, insensibili ai fervidi sproni, Rispondeano con vana pietà! - Siciliani! ov'è il prisco valor? Su, sorgete a vittoria, all'onor! Manfredo e parecchi compagni di Procida approdano colle barche e discendono dalla collina a diritta, e gli fan cerchio Ai nostri fidi nunzio Vola di mia venuta, E della speme che in lor cor ripongo. Tu va in traccia d'Arrigo: e lui previeni ad un altro E la Duchessa ancora, Che qui entrambi li attendo e tra brev'ora! I due partono, gli altri si fanno intorno a Procida Nell'ombra e nel silenzio Più certa è la vendetta; Non teme e non l'aspetta Il barbaro oppressor. Santo amor; che in me favelli, Parla al cor de' miei fratelli; Giunto è il fin di tanto duolo, La grand'ora alfin suonò! Salvo sia l'amato suolo, Poi contento io morirò! CORO a mezza voce Nell'ombra e nel silenzio |
Più certa è la vendetta; Non teme e non l'aspetta Il barbaro oppressor. PROCIDA Partite - silenzio, Prudenza ed ardir! CORO Partiamo - silenzio, Prudenza ed ardir! partono PROCIDA Alfin, diletti amici, scorgendo Elena ed Arrigo Io vi riveggo! |
SCENA II Procida, Elena ed Arrigo venendo dalla chiesetta a sinistra. PROCIDA andando loro incontro Voi, Duchessa!... Arrigo!... ELENA È lui! ARRIGO Procida!... amico!... PROCIDA Il vostro servo!... ELENA Nostra sola speranza! PROCIDA Bisanzio e Spagna scorsi, Chiedendo ovunque aita! ELENA Di Pietro d'Aragona è nostro il voto? ARRIGO con ansietà Esso è per noi? ELENA Che ti promise? PROCIDA Nulla Ancora; perché in nostro Favor la spada egli disnudi alfine, Vuole che insorga la Sicilia intera! A tal prezzo è per noi. - E la Sicilia E pronta? dite: che sperate omai? ARRIGO Nulla! sommesso il core, Impaziente freme, Ma incerta e lenta, o tutto o nulla teme PROCIDA S'infiammi il suo disdegno E stretti e insiem concordi Opriam! |
ARRIGO Già lo tentai! scarso di forze Ancora, il popol dubbia! PROCIDA Ebben, dovremo Suo malgrado tentare Un colpo audace, estremo! E sorga il giorno alfine Che di novelli oltraggi Lo colmi il fero Franco, Ond'ei si desti e s'armi la sua mano! ARRIGO pensando Può sorgere un tal giorno... ELENA Le fidanzate coppie; Che a piè dell'ara con solenne rito La cittade congiunge, Pretesto fian!... ARRIGO Popolo folto accorre... PROCIDA E fa lievi i perigli! E forte in massa: il popolare ardore, Pur da scarsa scintilla acceso, in breve Divampa! All'opra! alto è il disegno ed alto Io chiedo un cor che il mio desir coroni, Ed un braccio! ARRIGO: Ma quale? PROCIDA: Il tuo! ARRIGO: Disponi! Procida parte a diritta |
SCENA III Arrigo ed Elena. ELENA ad Arrigo dopo un istante di silenzio Quale, o prode al tuo coraggio, Potrò rendere mercé? ARRIGO Il mio premio è nell'omaggio Che depongo al vostro piè! ELENA Del tiranno minaccioso L'ira in te nulla poté? ARRIGO Con lui tutto... io sì... tutt'oso, E sol tremo innanzi a te! Da le tue luci angeliche Scenda di speme un raggio, E ribollir quest'anima Può di novel coraggio. O donna, t'amo! Ah sappilo, Né voglio altra mercé, Che il diritto di combattere E di morir per te. ELENA Presso alla tomba ch'apresi, In preda al mio tormento, Non so frenare il palpito, Che nel mio petto io sento! Tu dall'eccelse sfere, Che vedi il mio dolor, Fratello, deh! perdonami S'apro agli affetti il cor! ARRIGO Io ben intesi! tu non mi disprezzi! L'ardito voto del mio cor perdoni? Tu d'un soldato umile Non isdegni la fede E l'oscura miseria? ELENA Il mio fratel deh! vendica, E tu sarai per me Più nobile d'un re! |
ARRIGO Su questa terra misero, Solo e deserto sto! ELENA Il mio fratello vendica, Arrigo, e tua sarò! ARRIGO Sì, lo vendicherò! ELENA Lo giuri? ARRIGO Il giuro! O donna, io tel prometto: Lo giuro sull'onor! ELENA Il giuramento accetto: Riposo sul tuo cor! |
SCENA IV Elena, Arrigo, Bethune con seguito di parecchi Soldati. BETHUNE ad Arrigo presentandogli una lettera Cavalier, questo foglio Il viceré v'invia! ARRIGO leggendo con istupore Un invito alla danza! BETHUNE Egli vi rende affè! ARRIGO Ch'io non accetto. BETHUNE Sì gran favor, signore, Delitto è ricusar. ARRIGO Pur lo ricuso. BETHUNE con alterigia Ed in suo nome allora io vel comando. Via! ci seguite, e tosto! ARRIGO sguainando la spada Ah! no: l'oltraggio Non soffrirò. BETHUNE facendo un gesto ai Soldati che assalgono Arrigo e lo disarmano Soldati!... ELENA a Bethune Che feste, o ciel! BETHUNE Le mostra Arrigo che i Soldati trascinan via quindi s'allontana Compìto ho il mio messaggio |
SCENA V Elena, poi Procida. ELENA Accoppiare il dileggio A tanto insulto è infame! Arrigo... PROCIDA entrando in fretta ed accorgendosi del suo turbamento Sì turbata? ELENA Lo trascinan!... All'empia reggia PROCIDA con dolore Ahimè! novello inciampo Al pronto oprar! In lui, Nel valente suo cor fidammo: or certo Egli è perduto! ELENA con risolutezza Ah! no: libero ei fia. L'onore il vuol! PROCIDA Silenzio! Tutto il popolo già muove e qui s'avvia. |
SCENA VI Elena, Procida, Giovani d'ambo i sessi discendono dalle colline in abiti festivi al seguito delle dodici fidanzate. Ninetta è fra queste. D'altra parte s'avanza Danieli alla testa degli sposi Manfredo ed alcuni amici di Procida a lui s'avvicinano. Ninetta e Danieli piegano il ginocchio davanti a Elena, chiedendole la benedizione. Qui hanno principio le danze, che vengono interrotte da Roberto e da Tebaldo che arrivano attraversando la scena alla testa di numerosi soldati francesi. Roberto accenna ai danzatori di continuare ed ordina ai soldati di rompere le fila e di riposarsi. Questi prendono parte alle danze, che si fanno più vive e più animate. Roberto, situato alla sinistra dello spettatore, vicino a Procida, contempla questo spettacolo con una curiosa emozione,.il dialogo seguente ha luogo durante la tarantella. ROBERTO Le vaghe Spose affè! son pur gentili! PROCIDA a Roberto guardando le danzatrici Ed a voi care! ROBERTO Assai! PROCIDA sorridendo Lessi nel pensier vostro! ROBERTO E chi sei tu? PROCIDA Vostro amico sincero. TEBALDO Cittadin! ben t'apponi! ROBERTO :riguardando le Spose Mira - son pur graziose! TEBALDO Quali beltà divine!... ROBERTO Festose a nozze van! PROCIDA alzando le spalle Che importa? TEBALDO E i loro sposi? PROCIDA a mezza voce e con intenzione marcata Eh! baie!... vincitori... ROBERTO Ebben? PROCIDA |
a mezza voce Tutto è concesso! TEBALDO Rammenti tu quel quadro... ROBERTO Un quadro! Ah il ratto Delle donne Sabine!... PROCIDA Eran Romani! ROBERTO in tono allegro Non cede al mondo intero In battaglia e in amor Franco guerriero! La danza va sempre più animandosi. Roberto e Tebaldo vanno a riunirsi ai loro compagni. Questi raddoppiano le loro galanti premure presso le giovani Siciliane. Ad un tratto e ad un segnale di Roberto ciascuno di essi rapisce la propria ballerina. Soldati che non ballavano, trascinano seco le altre giovani donzelle. Roberto si è impadronito di Ninetta, Danieli ed i giovani si muovono per riprendere le loro donne: ma i Soldati mettono mano alle spade. Danieli ed i suoi compagni retrocedono spaventati e tremanti. Manfredo porta la propria mano all'elsa della spada, ma Procida lo arresta e gli fa segno di vegliare con lui alla difesa di Elena, che è collocata fra loro all'estrema diritta del teatro. ROBERTO, TEBALDO, SOLDATI Evviva la guerra, Evviva l'amor! Per noi dalla terra Bandito è il dolor. alle donne Or già tu sei mia: E vano il rigor; Sarebbe follia Sottrarti al mio cor! SICILIANI d'ambo i sessi Su inermi tu stendi, Su donne l'imper! L'azione che imprendi Infama un guerrier! È fero, spietato Chi irride al dolor; È un vile esecrato Chi insulta all'onor! ROBERTO a Ninetta che tenta sfuggirgli Calmati, gentil bruna! NINETTA Ah! mi lascia! ROBERTO Il timor discaccia ormai: |
Il tuo guerrier presto adorar saprai! A dritta parecchi soldati si sono avvicinati ad Elena. Procida e Manfredo hanno messo mano alla spada per difenderla: la zuffa sta per accendersi ROBERTO Ai soldati loro additando Elena e Procida Si rispetti costei! A lui si serbi, amici, Che consigli ci dié tanto felici. I Soldati si ritirano, ed il Coro riprende con maggior forza ROBERTO, TEBALDO, SOLDATI Evviva la guerra Evviva l'amor! Per noi dalla terra Bandito è il dolor. alle donne Or già tu sei mia; È vano il rigor; Sarebbe follia Sottrarti al mio cor! SICILIANI Su inermi tu stendi, Su donne l'imper! L'azione che imprendi Infama un guerrier! È fero, spietato Chi irride al dolor; È un vile esecrato Chi insulta all'onor! I Soldati si ritirano conducendo seco loro le donne |
SCENA VII Procida, Elena, Manfredo, Danieli, Siciliani e fidanzati. Al tumulto succede il silenzio e l'avvilimento. Danieli e tutti i Siciliani collocati in cerchio nel mezzo del teatro cantano a voce bassa il Coro seguente, nel mentre che Procida, Elena e Manfredo osservano in silenzio e accompagnano i sentimenti che successivamente agitano i Siciliani. DANIELI E CORO Il rossor - mi copri - il terror - ho nel sen - Zitto ancor! - l'onta ria - divorar -mi convien - Pur mi par - sentir già - ribollir - nel mio cor - D'un lion - che piagò - ferreo stral - il furor. - ELENA ai fidanzati mostrando Procida Per lui non ebbi oltraggio! PROCIDA Rispetto in lor parlò! DANIELI, CORO È ver! ELENA come sopra Onore al suo coraggio! PROCIDA I vili ognun sprezzò! DANIELI, CORO È ver! ELENA a Danieli Tu alma timorosa... PROCIDA E colma di terror... ELENA Lasci rapir la sposa... PROCIDA guardando Danieli e gli altri con disprezzo Né uccidi il rapitor! Frenar si ponno... e timidi Serbar l'oltraggio in cor?... ELENA Mentre col ratto insultano Lor donne i vincitor? DANIELI, SICILIANI |
crescendo fino all'ultimo grado di furore Troppo già - favellò il dolor nel mio sen. Ben è ver! - l'onta ria - vendicar - or convien! Taccia ormai - la viltà! - Sento già nel mio cor - D'un lion - più fatal - ribollir - il furor. - PROCIDA, ELENA, MANFREDO Troppo già - favellò - il dolor - nel lor sen - L'onta ria - che patîr - vendicar - or convien! Taccia ormai la viltà - Già poté -nel lor cor - D'un lion - più fatal - ribollir - il furor! |
SCENA VIII In mezzo alle grida tumultuose che s'innalzano, una musica graziosa ed allegra si fa sentire. I Siciliani corrono sulla sponda del mare e veggono avanzarsi una barca splendidamente adorna che costeggia la riva. Vaudemont, Ufficiali francesi, nobili Dame francesi e siciliane elegantemente abbigliate, siedono in essa. I battellieri indossano ricche livree. Dame adagiate su molli cuscini, alcune tengono alle mani chitarre, altre piglian rinfreschi, ecc. CORO Del piacer s'avanza l'ora! Colle Grazie del tuo cielo, Dio d'amor, deh! scendi ancora A far lieti i nostri dì! Gaia in viso e senza velo, Qua' la vaga Citerea, Vieni a me, verace dea, Fresco è il vento e imbruna il dì! PROCIDA Portati in sen di così ricca prora, Ove si recan? ELENA Alla reggia, a festa! PROCIDA Ci adduca la vendetta Sull'orme loro! ELENA E come? PROCIDA Sotto larva fedele Ignoto io mi terrò: qual folgor ratto Piomberò sul tiranno, Tra le festose genti, Che voto al mio furore! DANIELI a mezza voce e tremante E spade avran! PROCIDA a mezza voce E noi pugnali e core! CORO allegro e brillante sulla barca Del piacer s'avanza l'ora! Colle Grazie dal tuo cielo, Dio d'amor, deh! scendi ancora A far lieti i nostri dì! Gaia in viso e senza velo, Qual la vaga Citerea, |
Vieni a me, verace Dea, Fresco è il vento e imbruna il dì! DANIELI, SICILIANI a voce bassa Troppo ormai - favellò - il dolor -nel mio sen! - Su corriam! - l'onta ria - vendicar -ci convien - Agli acciar - va la man; - sento già -nel mio cor -. D'un lion - più fatal - ribollir - il furor. - PROCiDA, ELENA, MANFREDO Troppo ormai - favellò - il dolor - nel lor sen! - L'onta ria - che patir - vendicar - or convien - Agli acciar - corron già; - poté omai - nel lor cor - D'un lion - più fatal - ribollir - il furor. - La barca continua la sua marcia, mentre Procida, Elena, Manfredo, Danieli e i Siciliani stanno in gruppi a sinistra del teatro. Cala la tela. |
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