“Les vêpres siciliennes” by Giuseppe Verdi libretto (Italian)
Contents: Personaggi; Atto Primo; Atto Secondo; Atto Terzo; Atto Quarto; Atto Quinto |
SCENA I Cortile d'una Fortezza. A sinistra una stanza che conduce all'alloggio dei prigionieri. A diritta, cancello che comunica con l'interno della fortezza. Nel fondo, cresta merlata d'una parte delle mura, e porta d'ingresso custodita da Soldati. Arrigo presentandosi alla porta d'ingresso. ARRIGO I soldati lo lasciano entrare È di Monforte il cenno. Per suo voler supremo M'è concesso di vederli... a me li adduci! Un Ufficiale, al quale Arrigo avrà mostrato un ordine, si allontana dalla porta a sinistra dello spettatore Voi per me qui gemete guardando dal lato delle prigioni In orrida prigion, diletti amici! Ed io, cagion dei mali vostri, in ceppi Fra voi non sono! e vittima del fato, Mal sottrarmi poteva al don fatale Che m'avvilisce! O clemenza ingiuriosa! Vergognoso favore! Più della vita è caro a me l'onore! D'un indegno sospetto Io vengo a discolparmi. .. ma vorranno Essi vedermi?... udir le mie difese?... Empio mi crede ognuno; Son spregiato da lei, E in odio a tutti... io, vile per lor morrei! Giorno di pianto, di fier dolore! Mentre l'amore Sorrise a me, Il ciel dirada quel sogno aurato, Il cor piagato Tutto perdé! De' loro sdegni crùdo il pensiero fa in me più fiero L'atro dolor! Il tuo disprezzo, Elena mia, È cruda, è ria Pena al mio cor! ascoltando Chi vien?... io tremo, appena ahimè! respiro! È dessa!... a maledirmi ella si appresta! A maledirmi!... oh! sì, d'orrore io fremo! Non mi lasciare alla mia cruda sorte! Grazia, grazia... perdono! Men del tuo sprezzo a me fatale è morte! |
SCENA II Elena, uscendo dalla prigione a sinistra, condotta dall'Ufficiale, che le mostra Arrigo e si ritira. ELENA avanzan dosi e riconoscendo Arrigo getta un grido O sdegni miei tacete - fremer mi sento il core... Forse a novel tormento mi serba il traditore! ARRIGO supplichevole Volgi il guardo a me sereno Per pietà del mio pregar; Mi perdona, o lascia almeno Che al tuo piè poss'io spirar! ELENA fieramente Del fallir mercede avrai Nei rimorsi del tuo cor! Il perdono... a te?... giammai! Non lo speri un traditor! ARRIGO Non son reo! tremendo fato D'onta e lutto mi coprì; Fui soltanto sventurato, Ma il mio cor giammai tradì! ELENA Non sei reo, ma accusi il fato, Che d'obbrobrio ti coprì; Preghi il cielo, sciagurato, Che fai tristi i nostri dì!... Non fu tua mano, o indegno con sdegno Che disarmò il braccio Allor che il ferro in core Vibrava del tiranno? ARRIGO con accenno di disperazione Il padre mio! ELENA Tuo padre! ARRIGO Ahi! nodo orribile, Fatal legame è questo! Mortale, orrendo vincolo |
Per sempre a me funesto! Eternamente a perdermi Mel rivelava il ciel. Che far dovea, me misero! In bivio sì crudel? Tu del fratello ai lemuri Te stessa offrivi invano; Io di più feci: al barbaro Sacrificai l'onor! ELENA commossa O rio, funesto arcano O doppio mio dolor! Se sincero è quell'accento, Compatisci al suo dolor, Tu, che vedi il suo tormento, Tu, che leggi in fondo al cor! Ma gli aborriti vincoli?... ARRIGO Già li distrusse amore! La vita ch'egli diedemi Ho resa al genitore; Omai di me son libero; Riprendo l'odio antico! ELENA Ma il nome, le dovizie?... ARRIGO Le sprezzo. E mio nemico. Da lui vogl'io sol chiedere Del mio soffrir mercé, Il don di poter vivere, O di morir per te ELENA con crescente emozione Arrigo! ah! parli a un core Già pronto al perdonare; Il mio più gran dolore Era doverti odiare! Un'aura di contento Or calma il mio martîr Io t'amo! e quest'accento Fa lieto il mio morir! Gli odi ci fûr fatali Al cor che indarno spera: Di sangue i tuoi natali Poser tra noi barriera! |
Addio! ne attende il cielo! Addio! mi serba fé! Io moro! e il mortal velo Spoglio, pensando a te. ARRIGO Pensando a me! È dolce raggio, Celeste dono Il tuo perdono Al mio pentir. Sfido le folgori Del rio destino, Se a te vicino Potrò morir! ELENA Or dolce all'anima Voce risuona, Che il ciel perdona Al tuo pentir. Sfido le folgori Del rio destino, Se a te vicino Potrò morir! |
SCENA III Procida, Arrigo, Elena - Procida, scortato dai Soldati, s'avvicina ad Elena, e s'avanza verso di lei, mentre Arrigo si allontana, e mostrando l'ordine di cui è munito, accenna ai Soldati di partire. PROCIDA a bassa voce ad Elena, e senza vedere Arrigo Amica man, sollievo al martir nostro Questo foglio recò d'oltre le mura Della prigion! ELENA prende il foglio, lo apre, e lo legge a mezza voce “D'Aragona un navile Solcò vostr'onde, ed è già presso al porto Gravido d'oro e d'armi!...” PROCIDA con accento disperato Ed io gemo tra ferri! Ah! del mio sangue a prezzo Potessi escirne!... un giorno...un'ora!... Che il mio voto si compia e poi si mora! volgendosi e riconoscendo Arrigo Ma chi vegg'io? - costui Perché miro al tuo fianco? ELENA Il pentimento Quivi lo addusse! PROCIDA Un nuovo tradimento! Il suo complice vedi! Mostrandole Monforte, che entra seguito da Bethune e da altri Uffiziali. |
SCENA IV Gli stessi, Monforte, Bethune ed altri Ufficiali. BETHUNE interrogando Monforte, e mostrandogli Elena e Procida I tuoi cenni, o signor! MONFORTE Un sacerdote E il lor supplizio! BETRUNE Il popol minaccioso Freme!... MONFORTE Le schiere in armi Nei destinati lochi Ai cenni miei sien pronte; il primo grido De' ribelli segnal di strage sia! Intendesti? BETHUNE T'intesi! S'inchina e parte. |
SCENA V Detti, meno Bethune. ARRIGO vivamente a Monforte Perché tai cenni? MONFORTE Brevi istanti ancora, E giunta l'ultim'ora Per lor sarà. ARRIGO Di morte! PROCIDA con dolore (O patria mia! la morte!! Or che dal viver mio pende tua sorte!) ARRIGO a Monforte Perdono! io ten scongiuro. Grazia per loro, o me con essi uccidi! ELENA a Procida con gioia L'intendi tu? PROCIDA Colui che ci tradìa Merta perir!... ma non pei lari suoi; Vanne, di tanto onore Io ti proclamo indegno! ARRIGO Con un grido di sdegno Ah!... MONFORTE Da lor tanto oltraggio a te spettava, Arrigo!... a te mio sangue!... PROCIDA stupefatto Che? ELENA a mezza voce Suo figlio!... |
MONFORTE A te, che scegli ingrato Piuttosto morte che con me la gloria! PROCIDA Lui!... suo figlio!... Or compiuto è il nostro fato! Addio, mia patria, invendicato Ad altra sfera m'innalzo a voi! Io per te moro, ma disperato D'abbandonarti fra tanto duol! MONFORTE Sì, col lor capo sarà troncato A quell'ardire furente il vol; E dai ribelli - sarà purgato. Gentil Sicilia - il tuo bel suol. ARRIGO Nella tua tomba - sventurata, Per me cangiossi - il patrio suol! Ma non morrai, donna adorata, 0 teco, il giuro, - morrò di duol! ELENA Addio, mia patria amata, Addio, fiorente suol! Io sciolgo sconsolata Ad altra sfera il vol! CORO interno Deprofundis ad te Clamavi, Domine! PROCIDA ad Elena A terra, a terra, o figlia, Prostriamci innanzi a Dio!. Già veggo il ciel sorridere... ELENA M'attende il fratel mio! ARRIGO a Monforte mostrandogli Elena e Procida inginocchiati Pietà, pietà di loro, Sospendi il cenno, o qui con essi io moro! MONFORTE con isdegno Tu reo, tu pur colpevole |
Audace assunto imprendi! E con qual diritto ai complici Intercessor ti rendi? Ma, benché ingrato, al figlio con tenerezza Tutto concedo e dono: Padre mi chiama, Arrigo, E ad essi e a te perdono! ARRIGO O ciel! MONFORTE Indarno un popolo mostrando la folla che è entrata nella fortezza Or mi cadrebbe al piè! Ah! dimmi alfin “mio padre!” E grazia avran da me! ELENA ad Arrigo Ah! non lo dir e lasciami morire! ARRIGO con accento di disperazione Ah! donna!... ELENA Il tuo pentire Deh! sia costante almen! MONFORTE con forza Chiamami padre, E grazia avrai da me! ELENA Ah non lo dir! disprezza il suo perdono! ARRIGO Che far! chi mi consiglia? Il cancello a dritta s'apre: si vede la gran sala di giustizia, alla quale s'ascende per parecchi gradini, ed in cui si vedono quattro Penitenti in atto di preghiera ed alcuni Soldati con torce in mano. Sul primo gradino sta il Carnefice appoggiato alla sua scure. Gettando un grido Ma che vegg'io? MONFORTE con freddezza La scure Ha il carnefice in mano E attende il cenno mio! |
ARRIGO Cenno crudel, ingiusto, iniquo cenno! Due Penitenti discendono i gradini e vengono a prendere, l'uno Procida, l'altro Elena. PROCIDA ai Penitenti Noi vi seguiam... a Elena A morte vieni! ELENA A gloria! ARRIGO O donna!... O mio terror! CORO DI DONNE Ah! grazia, grazia! CORO INTERNO De profundis!... Il popolo, che è nel cortile della cittadella e dietro i Soldati, s'inginocchia e prega. Procida ed Elena preceduti dai due Penitenti si dirigono verso la gradinata. Arrigo si slancia verso Elena e vuol seguirla, ma è trattenuto da Monforte che si colloca tra loro. PROCIDA, ELENA O mia Sicilia, addio! Il Carnefice s'impadronisce di Elena; appena ella tocca la soglia della sala di giustizia, Arrigo getta un grido. ARRIGO O padre, o padre mio! MONFORTE O gioia! e fia pur vero? O ministro di morte al Carnefice Arresta! a lor perdono! Grido unanime di gioia. Procida ed Elena circondati dai Soldati discendono la gradinata e sono condotti vicino a Monforte. Né basti a mia clemenza. Qual d'amistà suggello Tra popoli rivali D'Arrigo e di costei io sacro il nodo. ELENA con voce soffocata No! PROCIDA |
con voce soffocata Lo devi! la patria ed il fratello Da te il voglion, o donna: io tel consiglio! MONFORTE volgendosi al popolo Pace e perdono!... io ritrovai mio figlio! ELENA O mia sorpresa! o giubilo Maggior d'ogni contento! È muto il labbro, e accento A esprimerlo non ha. Ornai rapito in estasi Da tanta gioia il core, S'apre al più dolce amore, È pegno d'amistà. ARRIGO O mia sorpresa! o giubilo Maggior d'ogni contento! È muto il labbro, e accento A esprimerlo non ha. Ornai rapito in estasi Da tanta gioia il core, S'apre al più dolce amore È pegno d'amistà. MONFORTE, FRANCESI Risponda ogni alma al fremito D'universal contento: Di pace amai l'accento Ovunque echeggierà. Lieti pensieri in estasi Rapiscono ogni core: Il serto dell'amore Coroni l'amistà. PROCIDA, SICILIANI (Di quelle gioie al fremito, Al general contento, Fra poco un altro accento Tremendo echeggerà. Lo spensierato giubilo Si cangerà in dolore, Dai veli dell'amore Vendetta scoppierà) ARRIGO a Monforte Deh! calma il nostro gaudio |
cotanto in sen represso; E il sacro imen si celebri Doman! MONFORTE Quest'oggi stesso. Allor che al raggio fervido temprato dalla brezza S'udrà squillare il vespero... ARRIGO O cara, o diva ebbrezza! PROCIDA (Fra poco! o ciel terribile Tu forza a me darai!) ARRIGO con tenerezza Crederlo posso, o cara? Sei mia! ELENA Sono tua! PROCIDA (Giammai!) ELENA O mia sorpresa! o giubilo, ecc., ecc. Si recano dal corpo di guardia dei bicchieri e dei boccali: i Soldati francesi bevono coi Siciliani - Monforte s'incammina tenendo per mano Elena ed Arrigo, Procida rimane circondato dai propri amici. Cala la tela. |
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