Nedda, attrice da fiera, moglie di... (nella commedia Colombina) - soprano Canio, capo della compagnia (nella commedia Pagliaccio) - tenore Tonio, lo scemo (nella commedia Taddeo) - baritono Peppe, commediante (nella commedia Arlecchino) - tenore Silvio, campagnuolo - baritono Contadini e Contadine La scena si passa in Calabria presso Montalto, il giorno della festa di Mezzagosto. Epoca presente, fra il 1865 e il 1870. PROLOGO (Tonio in costume da Taddeo come nella commedia, passa a traverso al telone.) TONIO Si può? Si può? Signore! Signori! Scusatemi Se da sol mi presento. Io sono il Prologo. Poiché in iscena ancor Le antiche maschere mette l’autore, In parte ei vuol riprendere Le vecchie usanze, e a voi Di nuovo inviami. Ma non per dirvi come pria “Le lacrime che noi versiam son false! Degli spasimi e dei nostri martir Non allarmatevi!” No. No. L’autore ha cercato invece pingervi Uno squarcio di vita. Egli ha per massima sol che l’artista È un uom, e che per gli uomini Scrivere ei deve. Ed al vero ispiravasi. Un nido di memorie in fondo all’anima Cantava un giorno, ed ei con vere lacrime Scrisse, e i singhiozzi il tempo gli battevano! Dunque, vedrete amar sì come s’amano Gli esseri umani, vedrete dell’odio I tristi frutti. Del dolor gli spasimi, Urli di rabbia, udrete, e risa ciniche! E voi, piuttosto che le nostre povere Gabbane d’istrioni, le nostr’anime Considerate, poiché siam uomini Di carne e d’ossa, e che di quest’orfano Mondo al pari di voi spiriamo l’aere! Il concetto vi dissi. Or ascoltate Com’egli è svolto. (gridando verso la scena) Andiam. Incominciate! Scena prima Un bivio di strada in campagna all’entrata di un villaggio (Si sentono squilli di tromba stonata alternantisi con dei colpi di cassa, ed insieme risate, grida allegre, fischi di monelli e vociare che vanno appressandosi. Attirati dal suono i contadini di ambo i sessi in abito da festa accorrono, mentre Tonio, annoiato dalla folla che arriva, si sdraia dinanzi al teatro. Son tre ore dopo mezzogiorno, il sol d’agosto splende cocente.) UOMINI e DONNE (arrivando poco a poco) Son qua! Ritornano. Pagliaccio è là. Tutti lo seguono, grandi e ragazzi E ognun applaude ai motti, ai lazzi. Ed egli serio saluta e passa E torna a battere sulla gran cassa. Ehi! Ehi! Sferza l’asino, bravo Arlecchino! Son qua! Son qua! Già fra le strida i monelli In aria gittano i cappelli! CANIO (di dentro) Itene al diavolo! BEPPE (di dentro) To! To! Birichino! CORO In aria gittano i lor cappelli diggià. Fra strida e sibili diggià... Ecco il carretto! Indietro... Arrivano! Che diavoleria! Dio benedetto! Arrivano! Indietro! (Arriva una pittoresca carretta dipinta a varii colori e tirata da un asino che Beppe, in abito da Arlecchino guida a mano. Sul davanti della carretta è sdraiata Nedda, e sul dietro della carretta è Canio in piedi, in costume da Pagliaccio, che batte la gran cassa.) TUTTI Evviva! il principe Sei de’ Pagliacci. Tu i guai discacci Col lieto umor. Evviva! Son qua! ecc. CANIO Grazie... CORO Bravo! CANIO Vorrei... CORO E lo spettacolo? CANIO Signori miei! TUTTI Uh! Ci assorda! Finiscila. CANIO Mi accordan di parlar? TUTTI Oh! Con lui si dee cedere, Tacere ed ascoltar. CANIO Un grande spettacolo A ventitré ore Prepara il vostr’umile E buon servitore. Vedrete le smanie Del bravo Pagliaccio; E come ei si vendica E tende un bel laccio. Vedrete di Tonio Tremar la carcassa, E quale matassa D’intrighi ordirà. Venite, onorateci Signori e Signore. A ventitré ore! TUTTI Verremo, e tu serbaci Il tuo buon umore. A ventitré ore! (Tonio si avanza per aiutar Nedda a scender dal carretto, ma Canio, che è già saltato giù, gli dà un ceffone dicendo:) CANIO Via di lì. DONNE (ridendo) Prendi questo, bel galante! RAGAZZI (fischiando) Con salute! TONIO (fra sé) La pagherai! Brigante. CONTADINO (a Canio) Di’, con noi vuoi bevere Un buon bicchiere sulla crocevia? Di’, vuoi tu? CANIO Con piacere. BEPPE Aspettatemi, Anch’io ci sto! CANIO Di’ Tonio, vieni via? TONIO Io netto il somarello. Precedetemi. CONTADINO (ridendo) Bada, Pagliaccio, ei solo vuol restare Per far la corte a Nedda. CANIO (ghignando, ma con cipiglio) Eh! Eh! Vi pare? (tra il serio e l’ironico) Un tal gioco, credetemi, È meglio non giocarlo con me, miei cari; E a Tonio, e un poco a tutti or parlo: Il teatro e la vita non son la stessa cosa, E se lassù Pagliaccio Sorprende la sua sposa Col bel galante in camera, Fa un comico sermone, Poi si calma ed arrendesi Ai colpi di bastone! Ed il pubblico applaude, ridendo allegramente. Ma se Nedda sul serio sorprendessi, Altramente finirebbe la storia, Com’è ver che vi parlo. Un tal gioco, credetemi, È meglio non giocarlo. NEDDA (fra sé) Confusa io son! CONTADINI Sul serio Pigli dunque la cosa? CANIO Io. Vi pare! Scusatemi, Adoro la mia sposa! (Si ode un suono di cornamusa.) RAGAZZI I zampognari! I zampognari! UOMINI Verso la chiesa vanno i compari. (Le campane suonano a vespero.) I VECCHI Essi accompagnano la comitiva Che a coppie al vespero sen va giuliva. DONNE Andiam. La campana Ci appella al Signore. CANIO Ma poi ricordatevi A ventitré ore. CORO Andiam, andiam! Din, don. Suona vespero, Ragazze e garzon, A coppie al tempio affrettiamoci C’affrettiam! Din, don! Diggià i culmini, Din, don, vuol baciar. Le mamme ci adocchiano, Attenti, compar. Din, don. Tutto irradiasi Di luce e d’amor. Ma i vecchi sorvegliano Gli arditi amador. Din, don. ecc. (Durante il coro Canio entra dietro al teatro e va a lasciar la sua giubba da Pagliaccio, poi ritorna, e dopo aver fatto, sorridendo, un cenno d’addio a Nedda, parte con Beppe e cinque o sei contadini. Nedda rimane sola.) Scena seconda NEDDA Qual fiamma avea nel guardo. Gli occhi abbassai per tema ch’ei leggesse Il mio pensier segreto. Oh! S’ei mi sorprendesse, Brutale come egli è. Ma basti, orvia. Son questi sogni paurosi e fole! O che bel sole di mezz’agosto! Io son piena di vita, e, tutta illanguidita Per arcano desìo, non so che bramo! (guardando in cielo) Oh! Che volo d’augelli, e quante strida! Che chiedon? Dove van? Chissà? La mamma mia, che la buona ventura Annunciava, comprendeva il lor canto E a me bambina così cantava: Hui! Stridono lassù, liberamente Lanciati a vol come frecce, gli augel. Disfidano le nubi e il sol cocente, E vanno, e vanno per le vie del ciel. Lasciateli vagar per l’atmosfera Questi assetati di azzurro e di splendor; Seguono anch’essi un sogno, una chimera, E vanno, e vanno fra le nubi d’or. Che incalzi il vento e latri la tempesta, Con l’ali aperte san tutto sfidar; La pioggia, i lampi, nulla mai li arresta, E vanno, e vanno sugli abissi e i mar. Vanno laggiù verso un paese strano Che sognan forse e che cercano invan. Ma i boëmi del ciel seguon l’arcano Poter che li sospinge, e van, e van! (Tonio, durante la canzone, è entrato ed ascolta beato; Nedda, finita la canzone, lo scorge.) Sei là! Credea che te ne fossi andato. TONIO È colpa del tuo canto. Affascinato io mi beava! NEDDA Ah! ah! Quanta poesia! TONIO Non rider, Nedda. NEDDA Va, va all’osteria. TONIO So ben che lo scemo contorto son io; Che desto soltanto lo scherno e l’orror. Eppure ha ‘l pensiero un sogno, un desìo, E un palpito il cor! Allor che sdegnosa mi passi d’accanto, Non sai tu che pianto mi spreme il dolor, Perché, mio malgrado, subito ho l’incanto, M’ha vinto l’amor! Oh, lasciami, lasciami or dirti... NEDDA Che m’ami? Hai tempo a ridirmelo Stasera, se il brami Facendo le smorfie Colà sulla scena. TONIO Non rider, Nedda. NEDDA Tal pena puoi risparmiare! TONIO No, è qui che voglio dirtelo, E tu m’ascolterai, Che t’amo e ti desidero, E che tu mia sarai! NEDDA Eh! Dite, mastro Tonio! La schiena oggi vi prude, o una tirata D’orecchi è necessaria Al vostro ardor? TONIO Ti beffi? Sciagurata? Per la croce di Dio, bada che puoi Pagarla cara! NEDDA Tu minacci? Vuoi Che vada a chiamar Canio? TONIO Non prima ch’io ti baci. NEDDA Oh, bada! TONIO (avanzandosi ed aprendo le braccia per ghermirla) Oh, tosto sarai mia! NEDDA (afferra la frusta lasciata da Beppe e da un colpo in faccia a Tonio) Miserabile! TONIO (dà un urlo e retrocede) Per la Vergin pia di mezz’agosto Nedda, lo giuro, me la pagherai! (Tonio esce, minacciando.) NEDDA Aspide! Va. Ti sei svelato ormai! Tonio lo scemo. Hai l’animo Siccome il corpo tuo difforme, lurido! (Entra Silvio che chiama a bassa voce.) SILVIO Nedda! NEDDA Silvio! A quest’ora che imprudenza. SILVIO Ah, bah! Sapea ch’io non rischiavo nulla. Canio e Beppe da lunge alla taverna Ho scorto! Ma prudente Per la macchia a me nota qui ne venni. NEDDA E ancora un poco in Tonio t’imbattevi. SILVIO Oh! Tonio lo scemo! NEDDA Lo scemo è da temersi. M’ama. Or qui mel disse, e nel bestiale Delirio suo, baci chiedendo, Ardiva correr su me. SILVIO Per Dio! NEDDA Ma con la frusta Del cane immondo la foga calmai. SILVIO E fra quest’ansie in eterno vivrai; Nedda, Nedda, Decidi il mio destin, Nedda, Nedda rimani! Tu il sai, la festa ha fin E parte ognun domani. Nedda, Nedda! E quando tu di qui sarai partita Che addiverrà di me, della mia vita? NEDDA Silvio! SILVIO Nedda, Nedda, rispondimi. Se è ver che Canio non amasti mai, Se è vero che t’è in odio Il ramingare e il mestier che tu fai, Se l’immenso amor tuo una fola non è, Questa notte partiam! Fuggi, fuggi, con me. NEDDA Non mi tentar! Vuoi tu perder la mia vita? Taci, Silvio, non più. È deliro, è follia! Io mi confido a te cui diedi il cor. Non abusar di me, del mio febbrile amor! Non mi tentar! Pietà di me! Non mi tentar! E poi chissà! meglio è partir. Sta il destin contro noi, è vano il nostro dir! Eppure dal mio cor strapparti non poss’io, Vivrò sol dell’amor ch’hai destato al cor mio! SILVIO Ah! Nedda! fuggiam! NEDDA Non mi tentar! Vuoi tu perder la vita mia? ecc. SILVIO Nedda, rimani! Che mai sarà di me quando sarai partita? Riman! Nedda! Fuggiam! Deh vien! Ah! fuggi con me! Deh vien! No, più non m’ami! TONIO (scorgendoli, a parte) T’ho colta, sgualdrina! NEDDA Sì, t’amo, t’amo! SILVIO E parti domattina? E allor perché, di’, tu m’hai stregato Se vuoi lasciarmi senza pietà? Quel bacio tuo perché me l’hai dato Fra spasmi ardenti di voluttà? Se tu scordasti l’ore fugaci Io non lo posso, e voglio ancor Que’ spasmi ardenti, que’ caldi baci Che tanta febbre m’han messo in cor! NEDDA Nulla scordai, sconvolta e turbata m’ha Questo amor che nel guardo ti sfavilla. Viver voglio a te avvinta, affascinata, Una vita d’amor calma e tranquilla. A te mi dono; su me solo impera. Ed io ti prendo e m’abbandono intera. NEDDA e SILVIO Tutto scordiam. NEDDA Negli occhi mi guarda! mi guarda! Baciami, baciami! Tutto scordiamo! SILVIO Verrai? NEDDA Sì. Baciami. NEDDA e SILVIO Sì, ti guardo e ti bacio; t’amo, t’amo! (Mentre Nedda e Silvio si avviano verso il muricciolo, arrivano furtivamente Canio e Tonio.) TONIO Cammina adagio e li sorprenderai. SILVIO Ad alta notte laggiù mi terrò. Cauta discendi e mi ritroverai. (Silvio scavalca il muricciolo.) NEDDA A stanotte, e per sempre tua sarò! CANIO Oh! NEDDA Fuggi! (Canio anch’esso scavalca il muro e insegue Silvio.) Aiutalo, Signor! CANIO (fuori scena) Vile, t’ascondi! TONIO (ridendo cinicamente) Ah!...Ah!... NEDDA Bravo! Bravo il mio Tonio! TONIO Fo quello che posso! NEDDA È quello che pensavo! TONIO Ma di far assai meglio non dispero. NEDDA Mi far schifo e ribrezzo. TONIO Oh, non sai come Lieto ne son! (Canio ritorna, asciugandosi il sudore.) CANIO (con rabbia) Derisione e scherno! Nulla! Ei ben lo conosce quel sentier. Fa lo stesso; poiché del drudo il nome Or mi dirai. NEDDA Chi? CANIO (furente) Tu, pel Padre Eterno! (cavando dalla cinta lo stiletto) E se in questo momento qui scannata Non t’ho, già, gli è perché pria di lordarla Nel tuo fetido sangue, o svergognata, Codesta lama, io vo’ il suo nome. Parla! NEDDA Vano è l’insulto. È muto il labbro mio. CANIO Il nome, il nome, non tardare, o donna! NEDDA Non lo dirò giammai. CANIO (slanciandosi furente col pugnale alzato) Per la Madonna! (Beppe entra e strappa il pugnale da Canio.) BEPPE Padron! Che fate! Per l’amor di Dio. La gente esce di chiesa e allo spettacolo Qui muove; andiamo, via, calmatevi! CANIO (dibattendosi) Lasciami, Beppe. Il nome, il nome! BEPPE Tonio, Vieni a tenerlo. Andiamo, arriva il pubblico. (Tonio prende Canio per mano, mentre Beppe si volge a Nedda.) Vi spiegherete. E voi di lì tiratevi, Andatevi a vestir. Sapete, Canio È violento, ma buono. (Spinge Nedda sotto la tenda e scompare con essa.) CANIO Infamia! Infamia! TONIO Calmatevi, padrone. È meglio fingere; Il ganzo tornerà. Di me fidatevi. Io la sorveglio. Ora facciam la recita. Chissà ch’egli non venga allo spettacolo E si tradisca! Or via! Bisogna fingere Per riuscir. BEPPE (Rientra.) Andiamo, via, vestitevi, Padrone. E tu batti la cassa, Tonio. (Tonio e Beppe escono, ma Canio rimane in scena accasciato.) CANIO Recitar! Mentre preso dal delirio Non so più quel che dico e quel che faccio! Eppur...è d’uopo...sforzati! Bah, se’ tu forse un uom! Tu se’ Pagliaccio! Vesti la giubba e la faccia infarina. La gente paga e rider vuole qua. E se Arlecchin t’invola Colombina, Ridi Pagliaccio, e ognun applaudirà! Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto; In una smorfia il singhiozzo e il dolore... Ridi Pagliaccio, sul tuo amore infranto! Ridi del duol che t’avvelena il cor! (Entra commosso sotto la tenda.) Intermezzo La stessa scena di prima (Sono in scena tutti i personaggi e il pubblico sta arrivando a poco a poco.) LE DONNE Presto, affrettiamoci, Svelto, compare. Ché lo spettacolo Dee cominciare. Cerchiam di metterci Ben sul davanti. TONIO Si dà principio, Avanti, avanti! GLI UOMINI Veh, come corrono Le bricconcelle! Accomodatevi, Comari belle. O Dio che correre Per giunger tosto qua! TONIO Pigliate posto! CORO Cerchiamo posto! Ben sul davanti! Cerchiam di metterci Ben sul davanti, Ché lo spettacolo Dee cominciare. TONIO Avanti! Pigliate posto, su! LE DONNE Ma non pigiatevi, Pigliate posto! Su, Beppe, aiutaci. V’è posto accanto! UNA PARTE DEL CORO Suvvia, spicciatevi, Incominciate. Perché tardate? Siam tutti là. BEPPE Che furia, diavolo! Prima pagate. Nedda, incassate. UN’ALTRA PARTE DEL CORO Veh, si accapigliano! Chiamano aiuto! Ma via, sedetevi Senza gridar. SILVIO Nedda! NEDDA Sii cauto! Non t’ha veduto. SILVIO Verrò ad attenderti. Non obliar! CORO Di qua! Di qua! Incominciate! Perché tardar! Suvvia questa commedia! Facciam rumore! Diggià suonar ventitré ore! Allo spettacolo ognun anela! Ah! S’alza la tela! Silenzio. Olà. COMMEDIA Nedda (Colombina) - Beppe (Arlecchino) Canio (Pagliaccio) - Tonio (Taddeo) (La tela del teatrino si alza. La scena rappresenta una stanzetta con un tavolo e due sedie. Nedda in costume da Colombina passeggia ansiosa.) NEDDA (Colombina) Pagliaccio, mio marito, A tarda notte sol ritornerà. E quello scimunito di Taddeo Perché mai non è ancor qui? LA VOCE DI BEPPE (Arlecchino) Ah! Colombina, il tenero Fido Arlecchin È a te vicin! Di te chiamando, E sospirando, aspetta il poverin! La tua faccetta mostrami, Ch’io vo’ baciar Senza tardar La tua boccuccia. Amor mi cruccia e mi sta a tormentar! Ah! Colombina schiudimi Il finestrin, Che a te vicin Di te chiamando E sospirando è il povero Arlecchin! A te vicin è Arlecchin! NEDDA (Colombina) Di fare il segno convenuto appressa L’istante ed Arlecchino aspetta! (Nedda si siede al tavolo, volgendo le spalle alla porta. Entra Tonio vestito come il servo Taddeo, non visto da Nedda, e si arresta a contemplarla.) TONIO (Taddeo) È dessa! Dei, come è bella! (Il pubblico ride.) Se alla rubella Io disvelassi L’amor mio che commuove sino i sassi! Lungi è lo sposo, Perché non oso? Soli noi siamo E senza alcun sospetto! Orsù. Proviamo! (Sospiro lungo, esagerato. Il pubblico ride.) NEDDA (Colombina) (volgendosi) Sei tu, bestia? TONIO (Taddeo) Quell’io sono, sì! NEDDA (Colombina) E Pagliaccio è partito? TONIO (Taddeo) Egli partì! NEDDA (Colombina) Che fai così impalato? Il pollo hai tu comprato? TONIO (Taddeo) Ecco, vergin divina! (precipitandosi in ginocchio offrendo il paniere) Ed anzi eccoci entrambi ai piedi tuoi, Poiché l’ora è suonata o Colombina, Di svelarti il mio cor. Di’, udirmi vuoi? Dal dì... NEDDA (Colombina) (strappandogli il paniere) Quanto spendesti dal trattore? TONIO (Taddeo) Uno e cinquanta. Da quel dì il mio core... NEDDA (Colombina) Non seccarmi, Taddeo! (Arlecchino scavalca la finestra, e mette sul tavolo una bottiglia; poi va verso Taddeo mentre questo finge di non vederlo.) TONIO (Taddeo) So che sei pura E casta al par di neve! E ben che dura ti mostri, Ad obbliarti non riesco! BEPPE (Arlecchino) (Piglia Taddeo per l’orecchio e gli dà un calcio.) Va a pigliar il fresco! (Il pubblico ride.) TONIO (Taddeo) (retrocedendo comicamente) Numi! S’aman! M’arrendo ai detti tuoi. Vi benedico! Là, veglio su voi! (Taddeo esce; il pubblico applaude.) NEDDA (Colombina) Arlecchin! BEPPE (Arlecchino) Colombina! Alfin s’arrenda Ai nostri prieghi amor! NEDDA (Colombina) Facciam merenda. (Siedono a tavola uno in faccia all’altro.) Guarda, amor mio, che splendida Cenetta preparai! BEPPE (Arlecchino) Guarda, amor mio, che nettare Divino t’apportai! INSIEME L’amor ama gli effluvii Del vin, della cucina! BEPPE (Arlecchino) Mia ghiotta Colombina! NEDDA (Colombina) Amabile beone! BEPPE (Arlecchino) (prendendo un’ampolletta) Prendi questo narcotico, Dallo a Pagliaccio pria che s’addormenti, E poi fuggiam insiem. NEDDA (Colombina) Sì, porgi. (Taddeo entra tremando esageratamente.) TONIO (Taddeo) Attenti! Pagliaccio è là tutto stravolto, ed armi Cerca! Ei sa tutto. Io corro a barricarmi! (Esce precipitosamente e chiude la porta.) NEDDA (Colombina) (ad Arlecchino) Via! BEPPE (Arlecchino) (scavalca la finestra) Versa il filtro nella tazza sua. (Entra Canio vestito in costume da Pagliaccio.) NEDDA (Colombina) A stanotte, e per sempre io sarò tua. CANIO (Pagliaccio) (Nome di Dio! Quelle stesse parole! Coraggio!) Un uomo era con te. NEDDA (Colombina) Che fole! Sei briaco? CANIO (Pagliaccio) Briaco, sì, da un’ora! NEDDA (Colombina) Tornasti presto. CANIO (Pagliaccio) (con intenzione) Ma in tempo! T’accora, Dolce sposina? (riprendendo la commedia) Ah, sola io ti credea E due posti son là. NEDDA (Colombina) Con me sedea Taddeo che là si chiuse Per paura. (verso la porta) Orsù, parla! TONIO (Taddeo) Credetela. Essa è pura! E aborre dal mentir quel labbro pio! (Il pubblico ride forte.) CANIO (rabbiosamente al pubblico) Per la morte! (poi a Nedda) Smettiamo! Ho dritto anch’io D’agir come ogni altr’uomo. Il nome suo! NEDDA (fredda e sorridente) Di chi? CANIO Vo il nome dell’amante tuo, Del drudo infame a cui ti desti in braccio, O turpe donna! NEDDA (sempre recitando la commedia) Pagliaccio! Pagliaccio! CANIO No, Pagliaccio non son; se il viso è pallido È di vergogna e smania di vendetta! L’uom riprende i suoi dritti, e il cor Che sanguina vuol sangue a lavar l’onta, O maledetta! No, Pagliaccio non son! Son quei che stolido ti raccolse Orfanella in su la via Quasi morta di fame, e un nome offriati Ed un amor ch’era febbre e follia! DONNE Comare, mi fa piangere! Par vera questa scena! UOMINI Zitte laggiù! Che diamine! SILVIO (fra sé) Io mi ritengo appena! CANIO Sperai, tanto il delirio Accecato m’aveva, Se non amor, pietà, mercè! Ed ogni sacrifizio Al cor, lieto, imponeva, E fidente credeva Più che in Dio stesso, in te! Ma il vizio alberga sol Nell’alma tua negletta: Tu viscere non hai... Sol legge è ‘l senso a te; Va, non merti il mio duol, O meretrice abbietta, Vo’ nello sprezzo mio Schiacciarti sotto i piè! LA FOLLA Bravo! NEDDA (fredda ma seria) Ebben, se mi giudichi Di te indegna, mi scaccia in questo istante. CANIO (sogghignando) Ah, ah! Di meglio chiedere Non dêi che correr tosto al caro amante. Sei furba! No, per Dio, tu resterai E ‘l nome del tuo ganzo mi dirai. NEDDA (cercando di riprendere la commedia) Suvvia, così terribile Davver non ti credea! Qui nulla v’ha di tragico. Vieni a dirgli, o Taddeo, Che l’uom seduto or dianzi a me vicino Era il pauroso ed innocuo Arlecchino! (Risa tosto represse dall’attitudine di Canio.) CANIO (terribile) Ah! Tu mi sfidi! E ancor non l’hai capita Ch’io non ti cedo? Il nome, o la tua vita! Il nome! NEDDA Ah! No, per mia madre! indegna esser poss’io, Quello che vuoi, ma vil non son, per Dio! BEPPE Bisogna uscire, Tonio! TONIO Taci, sciocco! NEDDA Di quel tuo sdegno è l’amor mio più forte. Non parlerò. No, a costo della morte! (Si ode un mormorio tra la folla.) CANIO (urlando afferra un coltello) Il nome! Il nome! NEDDA No! SILVIO (snudando il pugnale) Santo diavolo! Fa davvero... (Canio, in un parossismo di collera, afferra Nedda e la colpisce col pugnale.) BEPPE e LA FOLLA Che fai?! CANIO A te! NEDDA Ah! CANIO A te! BEPPE e LA FOLLA Ferma! CANIO Di morte negli spasimi Lo dirai! NEDDA Soccorso...Silvio! SILVIO (arrivando in scena) Nedda! CANIO (Si volge come una belva, balza presso di lui e lo colpisce col pugnale.) Ah! Sei tu! Ben venga! (Silvio cade come fulminato.) LA FOLLA Gesummaria! (Mentre parecchi si precipitano verso Canio per disarmarlo, egli immobile istupidito, lascia cadere il coltello.) CANIO La commedia è finita! FINE |
libretto by Ruggero Leoncavallo |