Lord Enrico Ashton (Baritono); Lucia, sua sorella (Soprano); Sir Edgardo di Ravenswood (Tenore); Lord Arturo Bucklaw (Tenore); Raimondo Bidebend, educatore e confidente di Lucia (Basso); Alisa, damigiella di Lucia (Mezzosoprano); Normanno, capo degli armigeri di Ravenswood (Tenore); dame e cavalieri, congiunti di Ashton, abitanti di Lammermoor, paggi, armigeri, domestici di Ashton LA PARTENZA SCENA I Atrio nel castello di Ravenswood. Normanno e Coro di abitanti del castello, in arnese da caccia. NORMANNO, CORO Percorrete le spiagge vicine, Percorriamo Della torre le vaste rovine: Cada il velo di sì turpe mistero Lo domanda... lo impone l’onor. Fia che splenda il terribile vero Come lampo fra nubi d’orror! (il Coro parte rapidamente) SCENA II Enrico, Raimondo e detto. (Enrico s’avanza fieramente accigliato, Rai mondo lo segue mesto e silenzioso. – Breve pausa) NORMANNO Tu sei turbato! (accostandosi rispettosamente ad Enrico) ENRICO E n’ho ben donde. Il sai: Del mio destin si ottenebrò la stella... Intanto Edgardo... quel mortal nemico Di mia prosapia, dalle sue rovine Erge la fronte baldanzosa e ride! Sola una mano raffermar mi puote Nel vacillante mio poter... Lucia Osa respinger quella mano!... Ah! suora Non m’è colei! RAIMONDO (in tuono di chi cerca di calmare l’altrui collera) Dolente Vergin, che geme sull’urna recente Di cara madre, al talamo potria Volger lo sguardo? Ah! rispettiam quel core Che per troppo dolor non sente amore. NORMANNO Non sente amor! Lucia D’amore avvampa. ENRICO Che favelli?... RAIMONDO (Oh detto!) NORMANNO M’udite. Ella sen gìa colà, nel parco Nel solingo vial dove la madre Giace sepolta: la sua fida Alisa Era al suo fianco... Impetuoso toro Ecco su lor s’avventa... Prive d’ogni soccorso, Pende sovr’esse inevitabil morte!... Quando per l’aere sibilar si sente Un colpo, e al suol repente Cade la belva. ENRICO E chi vibrò quel colpo? NORMANNO Tal... che il suo nome ricoprì d’un velo. ENRICO Lucia forse?... NORMANNO L’amò. ENRICO Dunque il rivide? NORMANNO Ogni alba. ENRICO E dove? NORMANNO In quel viale. ENRICO Io fremo! Né tu scovristi il seduttor?... NORMANNO Sospetto Io n’ho soltanto. ENRICO Ah! parla. NORMANNO È tuo nemico. RAIMONDO (Oh ciel!..) NORMANNO Tu lo detesti. ENRICO Esser potrebbe!... Edgardo? RAIMONDO Ah!... NORMANNO Lo dicesti. – ENRICO Cruda... funesta smania Tu m’hai destata in petto!... È troppo, è troppo orribile Questo fatal sospetto! Mi fe’ gelare e fremere!... Mi drizza in fronte il crin! Colma di tanto obbrobrio Chi suora mia nascea! – Pria che d’amor sì perfido (con terribile impulso di sdegno) A me svelarti rea, Se ti colpisse un fulmine, Fora men rio destin. NORMANNO Pietoso al tuo decoro Io fui con te crudel! RAIMONDO (La tua clemenza imploro; Tu lo smentisci, o ciel) SCENA III Coro di cacciatori, e detti. CORO (accorrendo) Il tuo dubbio è ormai certezza. (a Normanno) NORMANNO Odi tu? (ad Enrico) ENRICO Narrate. RAIMONDO (Oh giorno!) CORO Come vinti da stanchezza Dopo lungo errar d’intorno, Noi posammo della torre Nel vestibulo cadente: Ecco tosto lo trascorre Un uom pallido e tacente. Quando appresso ei n’è venuto Ravvisiam lo sconosciuto. – Ei su celere destriero S’involò dal nostro sguardo... Ci fe’ noto un falconiero. Il suo nome ENRICO E quale? CORO Edgardo. ENRICO Egli!... Oh rabbia che m’accendi, Contenerti un cuor non può! RAIMONDO Ah! non credere...ah! sospendi... Ella... M’odi... ENRICO Udir non vo’. La pietade in suo favore Miti sensi invan ti detta... Se mi parli di vendetta Solo intender ti potrò. – Sciagurati!... il mio furore Già su voi tremendo rugge... L’empia fiamma che vi strugge Io col sangue spegnerò. NORMANNO, CORO Quell’indegno al nuovo albore L’ira tua fuggir non può. RAIMONDO (Ahi! qual nembo di terrore Questa casa circondò!) (Enrico parte: tutti lo seguono) SCENA IV Parco. – Nel fondo della scena un fianco del castello, con picciola porta praticabile. Sul davanti la così detta fontana della Sirena, fontana altra volta coperta da un bell’edifizio, ornato di tutti i fregi della gotica architettura, al presente dai rottami di quest’edifizio sol cinta. Caduto n’è il tetto, rovinate le mura, e la sorgente che zampilla si apre il varco fra le pietre, e le macerie postele intorno, formando indi un ruscello. – È sull’imbrunire. Sorge la luna. Lucia ed Alisa LUCIA (Viene dal castello, seguita da Alisa: sono entrambe nella massima agitazione. Ella si volge d’intorno, come in cerca di qualcuno; ma osservando la fontana, ritorce altrove lo sguardo) Ancor non giunse!... ALISA Incauta!... a che mi traggi!... Avventurarti, or che il fratel qui venne, È folle ardir. LUCIA Ben parli! Edgardo sappia Qual ne minaccia orribile periglio... ALISA Perché d’intorno il ciglio Volgi atterrita? LUCIA Quella fonte mai Senza tremar non veggo... Ah! tu lo sai. Un Ravenswood, ardendo Di geloso furor, l’amata donna Colà trafisse: l’infelice cadde Nell’onda, ed ivi rimanea sepolta... M’apparve l’ombra sua... ALISA Che intendo!... LUCIA Ascolta. Regnava nel silenzio Alta la notte e bruna... Colpìa la fonte un pallido Raggio di tetra luna... Quando sommesso un gemito Fra l’aure udir si fe’, Ed ecco su quel margine L’ombra mostrarsi a me! Qual di chi parla muoversi Il labbro suo vedea, E con la mano esanime Chiamarmi a sé parea. Stette un momento immobile Poi rapida sgombrò, E l’onda pria sì limpida, Di sangue rosseggiò! – ALISA Chiari, oh ciel! ben chiari e tristi Nel tuo dir presagi intendo! Ah! Lucia, Lucia desisti Da un amor così tremendo. LUCIA Io?... che parli! Al cor che geme Questo affetto è sola speme... Senza Edgardo non potrei Un istante respirar... Egli è luce a’ giorni miei, E conforto al mio penar Quando rapito in estasi Del più cocente amore, Col favellar del core Mi giura eterna fe’; Gli affanni miei dimentico, Gioia diviene il pianto... Parmi che a lui d’accanto Si schiuda il ciel per me! ALISA Giorni d’amaro pianto Si apprestano per te! Egli s’avanza... La vicina soglia Io cauta veglierò. (Rientra nel Castello) SCENA V Edgardo e Lucia EDGARDO Lucia, perdona Se ad ora inusitata Io vederti chiedea: ragion possente A ciò mi trasse. Pria che in ciel biancheggi L’alba novella, dalle patrie sponde Lungi sarò. LUCIA Che dici!... EDGARDO Pe’ Franchi lidi amici Sciolgo le vele: ivi trattar m’è dato Le sorti della Scozia. Il mio congiunto, Athol, riparator di mie sciagure, A tanto onor m’innalza. LUCIA E me nel pianto Abbandoni così! EDGARDO Pria di lasciarti Asthon mi vegga... stenderò placato A lui la destra, e la tua destra, pegno Fra noi di pace, chiederò. LUCIA Che ascolto!... Ah! no... rimanga nel silenzio avvolto Per or l’arcano affetto... EDGARDO (con amarezza) Intendo! – Di mia stirpe Il reo persecutore Ancor pago non è! Mi tolse il padre... Il mio retaggio avito Con trame inique m’usurpò... Né basta? Che brama ancor? che chiede Quel cor feroce e rio? La mia perdita intera, il sangue mio? Ei mi abborre... LUCIA Ah! no... EDGARDO Mi abborre... (con più forza) LUCIA Calma, oh ciel! quell’ira estrema. EDGARDO Fiamma ardente in sen mi scorre! M’odi. LUCIA Edgardo!... EDGARDO M’odi, e trema. Sulla tomba che rinserra Il tradito genitore, Al tuo sangue eterna guerra Io giurai nel mio furore: Ma ti vidi...in cor mi nacque Altro affetto, e l’ira tacque... Pur quel voto non è infranto... Io potrei compirlo ancor! LUCIA Deh! ti placa...deh! ti frena... Può tradirne un solo accento! Non ti basta la mia pena? Vuoi ch’io mora di spavento? Ceda, ceda ogn’altro affetto; Solo amor t’infiammi il petto... Ah! il più nobile, il più santo De’ tuoi voti è un puro amor! EDGARDO (con subita risoluzione) Qui, di sposa eterna fede Qui mi giura, al cielo innante. Dio ci ascolta, Dio ci vede... Tempio, ed ara è un core amante; Al tuo fato unisco il mio (ponendo un anello in dito a Lucia) Son tuo sposo. Ne’ tempi a cui rimonta questo avvenimento, fu in Iscozia comune credenza, che il violatore di un giuramento fatto con certe cerimonie, soggiacesse in questa terra ad un’esemplare punizione celeste, quasi contemporanea all’atto dello spergiuro. Perciò allora i giuramenti degli amanti, lungi dal riguardarsi come cosa di lieve peso, avevano per lo meno l’importanza di un contratto di nozze. – La più usitata di queste cerimonie era, che i due amanti rompevano, e si partivano una moneta. Si è sostituito il cambio dell’anello, come più adatto alla scena. LUCIA E tua son io. (porgendo a sua volta il proprio anello a Edgardo) A’ miei voti amore invoco. EDGARDO A’ miei voti invoco il ciel. LUCIA, EDGARDO Porrà fine al nostro foco Sol di morte il freddo gel... EDGARDO Separarci omai conviene. LUCIA Oh parola a me funesta! Il mio cor con te ne viene. EDGARDO Il mio cor con te qui resta. LUCIA Ah! talor del tuo pensiero Venga un foglio messaggiero, E la vita fuggitiva Di speranza nudrirò. EDGARDO Io di te memoria viva Sempre o cara, serberò. LUCIA, EDGARDO Verranno a te sull’aura I miei sospiri ardenti, Udrai nel mar che mormora L’eco de’ miei lamenti... Pensando ch’io di gemiti Mi pasco, e di dolor. Spargi una mesta lagrima Su questo pegno allor. EDGARDO Io parto... LUCIA Addio… EDGARDO Rammentati! Ne stringe il cielo!... LUCIA E amor. (Edgardo parte; Lucia si ritira nel castello) IL CONTRATTO NUZIALE SCENA I Gabinetto negli appartamenti di Lord Asthon. Enrico e Normanno. (Enrico è seduto presso un tavolino: Normanno sopraggiunge) NORMANNO Lucia fra poco a te verrà. ENRICO Tremante L’aspetto. A festeggiar le nozze illustri Già nel castello i nobili congiunti Di mia famiglia accolsi; in breve Arturo Qui volge... (sorgendo agitatissimo) E s’ella pertinace osasse D’opporsi?... NORMANNO Non temer: la lunga assenza Del tuo nemico, i fogli Da noi rapiti, e la bugiarda nuova Ch’egli s’accese d’altra fiamma, in core Di Lucia spegneranno il cieco amore. ENRICO Ella s’avanza!... Il simulato foglio Porgimi, ed esci sulla via che tragge (Normanno gli dà un foglio) Alla città regina Di Scozia; e qui fra plausi, e liete grida Conduci Arturo. (Normanno esce) SCENA II Lucia e detto (Lucia si arresta presso la soglia: la pallidezza del suo volto, il guardo smarrito, e tutto in lei annunzia i patimenti ch’ella sofferse ed i primi sintomi d’un’alienazione mentale) ENRICO Appressati, Lucia. (Lucia si avanza alcuni passi macchinalmente, e sempre figgendo lo sguardo immobile negli occhi di Enrico) Sperai più lieta in questo dì vederti, In questo dì, che d’imeneo le faci Si accendono per te. Mi guardi, e taci! LUCIA Il pallor funesto orrendo Che ricopre il volto mio Ti rimprovera tacendo Il mio strazio... il mio dolor. Perdonar ti possa Iddio L’inumano tuo rigor. ENRICO A ragion mi fe’ spietato Quel che t’arse indegno affetto... Ma si taccia del passato... Tuo fratello io sono ancor. Spenta è l’ira nel mio petto Spegni tu l’insano amor. LUCIA La pietade è tarda omai!... Il mio fin di già s’appressa. ENRICO Viver lieta ancor potrai... LUCIA Lieta! e puoi tu dirlo a me? ENRICO Nobil sposo... LUCIA Cessa... ah! cessa. Ad altr’uomo giurai la fe’. ENRICO Nol potevi... (iracondo) LUCIA Enrico!... ENRICO Or basti. (raffrenandosi) Questo foglio appien ti dice, (porgendole il foglio, ch’ebbe da Normanno) Qual crudel, qual empio amasti. Leggi LUCIA Il core mi balzò! (legge: la sorpresa, ed il più vivo affanno si dipingono nel suo volto, ed un tremito l’investe dal capo alle piante) ENRICO Tu vacilli!... (accorrendo in di lei soccorso) LUCIA Me infelice!... Ahi!... la folgore piombò! Soffriva nel pianto... languia nel dolore... La speme... la vita riposi in un core... Quel core infedele ad altra si diè!... L’istante di morte è giunto per me. ENRICO Un folle ti accese, un perfido amore: Tradisti il tuo sangue per vil seduttore Ma degna dal cielo ne avesti mercé: Quel core infedele ad altra si diè! (si ascoltano echeggiare in lontananza festivi suoni, e clamorose grida) LUCIA Che fia!... ENRICO Suonar di giubbilo Senti la riva? LUCIA Ebbene? ENRICO Giunge il tuo sposo. LUCIA Un brivido Mi corse per le vene! ENRICO A te s’appresta il talamo... LUCIA La tomba a me s’appresta! ENRICO Ora fatale è questa! M’odi. LUCIA Ho sugli occhi un vel! ENRICO Spento è Guglielmo... a Scozia Comanderà Maria... Prostrata è nella polvere La parte ch’io seguia... LUCIA Tremo!... ENRICO Dal precipizio Arturo può sottrarmi, Sol egli... LUCIA Ed io?... ENRICO Salvarmi Devi. LUCIA Ma!... ENRICO Il devi. (in atto di uscire) LUCIA Oh ciel!.. ENRICO (ritornando a Lucia, e con accento rapido, ma energico) Se tradirmi tu potrai, La mia sorte è già compita... Tu m’involi onore, e vita; Tu la scure appresti a me... Ne’ tuoi sogni mi vedrai Ombra irata e minacciosa!... Quella scure sanguinosa Starà sempre innanzi a te! LUCIA (volgendo al cielo gli occhi gonfi di lagrime) Tu che vedi il pianto mio... Tu che leggi in questo core, Se respinto il mio dolore Come in terra in ciel non è. Tu mi togli, eterno Iddio, Questa vita disperata... Io son tanto sventurata, Che la morte è un ben per me! (Enrico parte affrettatamente. Lucia si abbandona su d’una seggiola, ove resta qualche momento in silenzio; quindi vedendo giungere Raimondo, gli sorge all’incontro ansiosissima) SCENA III Raimondo, e detta. LUCIA Ebben? RAIMONDO Di tua speranza L’ultimo raggio tramontò! Credei Al tuo sospetto, che il fratel chiudesse Tutte le strade, onde sul Franco suolo, All’uomo che amar giurasti Non giungesser tue nuove: io stesso un foglio Da te vergato, per secura mano recar gli feci... invano! Tace mai sempre... Quel silenzio assai D’infedeltà ti parla! LUCIA E me consigli? RAIMONDO Di piegarti al destino. LUCIA E il giuramento?... RAIMONDO Tu pur vaneggi! I nuziali voti Che il ministro di Dio non benedice Né il ciel, né il mondo riconosce. LUCIA Ah! cede Persuasa la mente... Ma sordo alla ragion resiste il core. RAIMONDO Vincerlo è forza. LUCIA Oh, sventurato amore! RAIMONDO Deh, t’arrendi, o più sciagure Ti sovrastano infelice... Per le tenere mie cure, Per l’estinta genitrice Il periglio d’un fratello Ti commova; e cangi il cor... O la madre nell’avello fremerà per te d’orror. LUCIA Taci... taci: tu vincesti... Non son tanto snaturata. RAIMONDO Oh qual gioia in me tu desti! Oh qual nube hai disgombrata!... Al ben de’ tuoi qual vittima Offri Lucia, te stessa; E tanto sacrifizio Scritto nel ciel sarà. Se la pietà degli uomini A te non fia concessa; V’è un Dio, v’è un Dio, che tergere Il pianto tuo saprà. LUCIA Guidami tu... tu reggimi.. Son fuori di me stessa!.. Lungo crudel supplizio La vita a me sarà! (Partono) SCENA IV Magnifica sala, pomposamente ornata pel ricevimento di Arturo. Nel fondo maestosa gradinata, alla cui sommità è una porta. Altre porte laterali. Enrico, Arturo, Normanno, cavalieri e dame congiunti di Asthon, paggi, armigeri, abitanti di Lammermoor, e domestici, tutti inoltrandosi dal fondo. ENRICO, NORMANNO, CORO Per te d’immenso giubilo Tutto s’avviva intorno Per te veggiam rinascere Della speranza il giorno Qui l’amistà ti guida, Qui ti conduce amor, Qual astro in notte infida Qual riso nel dolor. ARTURO Per poco fra le tenebre Sparì la vostra stella; Io la farò risorgere Più fulgida e più bella. La man mi porgi Enrico... Ti stringi a questo cor. A te ne vengo amico, Fratello e difensor. Dov’è Lucia? ENRICO Qui giungere Or la vedrem... Se in lei Soverchia è la mestizia, Maravigliar non dei. Dal duolo oppressa e vinta Piange la madre estinta... ARTURO M’è noto. – Or solvi un dubbio: Fama suonò, ch’Edgardo Sovr’essa temerario Alzare osò lo sguardo... ENRICO È ver... quel folle ardia... NORMANNO, CORO S’avanza a te Lucia. SCENA V Lucia, Alisa, Raimondo e detti. ENRICO (presentando Arturo a Lucia) Ecco il tuo sposo... (Lucia fa un movimento come per retrocedere) Incauta!... Perder mi vuoi? (sommessamente a Lucia) LUCIA (Gran Dio). ARTURO Ti piaccia i voti accogliere Del tenero amor mio... ENRICO (accostandosi ad un tavolino su cui è il contratto nuziale, e troncando destramente le parole ad Arturo) Omai si compia il rito. T’appressa. (ad Arturo) ARTURO Oh dolce invito! (avvicinandosi ad Enrico che sottoscrive il contratto, egli vi appone la sua firma. Intanto Raimondo, ed Alisa conducono la tremebonda Lucia verso il tavolino) LUCIA (Io vado al sacrifizio!..) RAIMONDO (Reggi buon Dio l’afflitta) ENRICO Non esitar. (piano a Lucia, e scagliandole furtive, e tremende occhiate) LUCIA (Me misera!..) (piena di spavento, e quasi fuor di se medesima, segna l’atto) (La mia condanna ho scritta!) ENRICO (Respiro!) LUCIA (Io gelo e ardo! Io manco!..) (Si ascolta dalla porta in fondo lo strepito di persona, che indarno trattenuta, si avanza precipitosa) TUTTI Qual fragor!... (la porta si spalanca) Chi giunge?... SCENA VI Edgardo, alcuni servi, e detti. EDGARDO Edgardo. (Con voce e atteggiamento terribili. Egli è ravvolto in gran mantello da viaggio, un cappello con l’ala tirata giù, rende più fosche le di lui sembianze estenuate dal dolore) GLI ALTRI Edgardo!... LUCIA Oh fulmine!... (cade tramortita) GLI ALTRI Oh terror!... (Lo scompiglio è universale. Alisa, col soccorso di alcune donne solleva Lucia, e l’adagia su una seggiola) ENRICO (Chi trattiene il mio furore, E la man che al brando corse? Della misera in favore Nel mio petto un grido sorse! È il mio sangue! io l’ho tradita! Ella sta fra morte e vita!... Ah! che spegnere non posso Un rimorso nel mio cor!) EDGARDO (Chi mi frena in tal momento?... Chi troncò dell’ire il corso? Il suo duolo, il suo spavento Son la prova d’un rimorso!... Ma, qual rosa inaridita, Ella sta fra morte e vita!... Io son vinto... son commosso... T’amo, ingrata, t’amo ancor! ) LUCIA (Io sperai che a me la vita (riavendosi) Tronca avesse il mio spavento... Ma la morte non m’aita... Vivo ancor per mio tormento! – Da’ miei lumi cadde il velo... Mi tradì la terra e il cielo!... Vorrei pianger, ma non posso... Ah, mi manca il pianto ancor! ) ARTURO, RAIMONDO, ALISA, NORMANNO, CORO (Qual terribile momento!... Più formar non so parole!... Densa nube di spavento Par che copra i rai del sole! – Come rosa inaridita Ella sta fra morte e vita!... Chi per lei non è commosso Ha di tigre in petto il cor) ENRICO, ARTURO, NORMANNO, CAVALIERI T’allontana sciagurato... O il tuo sangue fia versato... (scagliandosi con le spade denudate contro Edgardo) EDGARDO (traendo anch’egli la spada) Morirò, ma insiem col mio Altro sangue scorrerà. RAIMONDO (mettendosi in mezzo alle parti avversarie, ed in tuono autorevole) Rispettate, o voi, di Dio la tremenda maestà. In suo nome io vel comando, Deponete l’ira e il brando... Pace pace... egli abborrisce L’omicida, e scritto sta: Chi di ferro altrui ferisce, Pur di ferro perirà. (Tutti ripongono le spade. Un momento di silenzio) ENRICO (facendo qualche passo verso Edgardo, e guardandolo biecamente di traverso) Ravenswood in queste porte Chi ti guida? EDGARDO (altero) La mia sorte, Il mio dritto... sì; Lucia La sua fede a me giurò. RAIMONDO Questo amor per sempre obblia; Ella è d’altri!... EDGARDO D’altri!... ah! no. RAIMONDO Mira. (gli presenta il contratto nuziale) EDGARDO (dopo averlo rapidamente letto, e figgendo gli occhi in Lucia) Tremi!... ti confondi! Son tue cifre? (mostrando la di lei firma) A me rispondi: (con più forza) Son tue cifre? LUCIA (con voce simigliante ad un gemito) Sì... EDGARDO (soffocando la sua collera) Riprendi Il tuo pegno, infido cor. (le rende il di lei anello) Il mio dammi. LUCIA Almen... EDGARDO Lo rendi. (Lo smarrimento di Lucia lascia divedere, che la mente turbata della infelice intende appena ciò che fa: quindi si toglie tremando l’anello dal dito, di cui Edgardo s’impadronisce sul momento) Hai tradito il cielo, e amor! (sciogliendo il freno del represso sdegno getta l’anello, e lo calpesta) Maledetto sia l’istante Che di te mi rese amante... Stirpe iniqua... abbominata Io dovea da te fuggir!... Ah! di Dio la mano irata Ti disperda... ENRICO, ARTURO, NORMANNO, CAVALIERI Insano ardir!... mi Esci, fuggi il furor che accende ne Solo un punto i suoi colpi sospende... Ma fra poco più atroce, più fiero Sul suo capo abborrito cadrà... Sì, la macchia d’oltraggio sì nero Col tuo sangue lavata sarà. EDGARDO (gettando la spada, ed offrendo il petto a’ suoi nemici) Trucidatemi, e pronubo al rito Sia lo scempio d’un core tradito... Del mio sangue bagnata la soglia Dolce vista per l’empia sarà!... Calpestando l’esangue mia spoglia All’altare più lieta se ne andrà! LUCIA (cadendo in ginocchio) Dio lo salva... in sì fiero momento D’una misera ascolta l’accento... È la prece d’immenso dolore Che più in terra speranza non ha... E l’estrema domanda del core, Che sul labbro spirando mi sta! RAIMONDO, ALISA, DAME Infelice, t’invola... t’affretta... (a Edgardo) I tuoi giorni... il tuo stato rispetta. Vivi... e forse il tuo duolo fia spento: Tutto è lieve all’eterna pietà. Quante volte ad un solo tormento Mille gioie succeder non fa! (Raimondo sostiene Lucia, in cui l’ambascia è giunta all’estremo: Alisa, e le Dame son loro d’intorno. Gli altri incalzano Edgardo fin presso la soglia. Intanto si abbassa la tela) SCENA I Salone terreno nella torre di Wolferag, adiacente al vestibulo. Una tavola spoglia di ogni ornamento, e un vecchio seggiolone ne formano tutto l’arredamento. Vi è nel fondo una porta che mette all’esterno: essa è fiancheggiata da due finestroni che avendo infrante le invetriate, lasciano scorgere gran parte delle rovine di detta torre, ed un lato della medesima sporgente sul mare. È notte: il luogo viene debolmente illuminato da una smorta lampada. Il cielo è orrendamente nero; lampeggia, tuona, ed i sibili del vento si mescono coi scrosci della pioggia. (Edgardo è seduto presso la tavola, immerso ne’ suoi malinconici pensieri; dopo qualche istante si scuote, e guardando attraverso delle finestre) EGDARDO Orrida è questa notte Come il destino mio! (scoppia un fulmine) Sì, tuona o cielo... Imperversate o turbini... sconvolto Sia l’ordine delle cose, e pera il mondo... Io non mi inganno! scalpitar d’appresso Odo un destrier! – S’arresta! Chi mai nella tempesta Fra le minacce e l’ire Chi puote a me venirne? SCENA II Enrico e detto. ENRICO Io. (Gettando il mantello, in cui era inviluppato) EDGARDO Quale ardire!... Asthon! ENRICO Sì. EDGARDO Fra queste mura Osi offrirti al mio cospetto! ENRICO Io vi sto per tua sciagura. Non venisti nel mio tetto? EDGARDO Qui del padre ancor s’aggira L’ombra inulta... e par che frema! Morte ogn’aura a te qui spira! Il terren per te qui trema! Nel varcar la soglia orrenda Ben dovresti palpitar. Come un uom che vivo scenda La sua tomba ad albergar! ENRICO (con gioia feroce ) Fu condotta la sacro rito Quindi al talamo Lucia. EDGARDO (Ei più squarcia il cor ferito!... Oh tormento! oh gelosia! ) ENRICO Di letizia il mio soggiorno E di plausi rimbombava; Ma più forte al cor d’intorno La vendetta a me parlava! Qui mi trassi... in mezzo ai venti La sua voce udia tuttor; E il furor degli elementi Rispondeva al mio furor! EDGARDO Da me che brami? (con altera impazienza) ENRICO Ascoltami: Onde punir l’offesa, De’ miei la spada vindice Pende su te sospesa... Ch’altri ti spenga? Ah! mai... Chi dee svenarti il sai! EDGARDO So che al paterno cenere Giurai strapparti il core. ENRICO Tu!... EDGARDO Quando? (con nobile disdegno) ENRICO Al primo sorgere Del mattutino albore. EDGARDO Ove? ENRICO Fra l’urne gelide Dei Ravenswood. EDGARDO Verrò. ENRICO Ivi a restar preparati. EDGARDO Ivi... t’ucciderò. a 2 O sole più rapido a sorger t’appresta... Ti cinga di sangue ghirlanda funesta... Così tu rischiara – l’orribile gara D’un odio mortale, d’un cieco furor. Farà di nostr’alme atroce governo Gridando vendetta, lo spirto d’Averno... (l’uragano è al colmo) Del tuono che mugge – del nembo che rugge Più l’ira è tremenda, che m’arde nel cor. (Enrico parte: Edgardo si ritira) SCENA III Galleria del castello di Ravenswood, vagamente illuminata per festeggiarvi le nozze di Lucia. Dalle sale contigue si ascolta la musica di liete danze. Il fondo della scena è ingombro di paggi ed abitanti di Lammermoor del castello. Sopraggiungono molti gruppi di Dame e Cavalieri sfavillanti di gioia, si uniscono in crocchio e cantano il seguente CORO Di vivo giubbilo S’innalzi un grido: Corra di Scozia Per ogni lido; E avverta i perfidi Nostri nemici, Che più terribili, Ne rende l’aura D’alto favor; Che a noi sorridono Le stelle ancor. SCENA IV Raimondo, Normanno e detti. (Normanno traversa la scena ed esce rapidamente) RAIMONDO (trafelato, ed avanzandosi a passi vacillanti) Cessi... ahi cessi quel contento... CORO Sei cosparso di pallore!... Ciel! Che rechi? RAIMONDO Un fiero evento! CORO Tu ne agghiacci di terrore! RAIMONDO (accenna con mano che tutti lo circondino, e dopo avere alquanto rinfrancato il respiro) Dalle stanze ove Lucia Trassi già col suo consorte, Un lamento... un grido uscia Come d’uom vicino a morte! Corsi ratto in quelle mura... Ahi! terribile sciagura! Steso Arturo al suol giaceva Muto freddo insanguinato!... E Lucia l’acciar stringeva, Che fu già del trucidato!... (tutti inorridiscono) Ella in me le luci affisse... "Il mio sposo ov’è?" mi disse: E nel volto suo pallente Un sorriso balenò! Infelice! della mente La virtude a lei mancò! TUTTI Oh! qual funesto avvenimento!... Tutti ne ingombra cupo spavento! Notte, ricopri la ria sventura Col tenebroso tuo denso vel. Ah! quella destra di sangue impura L’ira non chiami su noi del ciel. – RAIMONDO Eccola! SCENA V Lucia, Alisa e detti. (Lucia è in succinta e bianca veste: ha le chiome scarmigliate, ed il suo volto, coperto da uno squallore di morte, la rende simile ad uno spettro, anziché ad una creatura vivente. Il di lei sguardo impietrito, i moti convulsi, e fino un sorriso malaugurato manifestano non solo una spaventevole demenza, ma ben anco i segni di una vita, che già volge al suo termine) CORO (Oh giusto cielo! Par dalla tomba uscita!) LUCIA Il dolce suono Mi colpì di sua voce!... Ah! quella voce M’è qui nel cor discesa!... Edgardo! Io ti son resa: Fuggita io son da’ tuoi nemici... – Un gelo Mi serpeggia nel sen!... trema ogni fibra!... Vacilla il piè!... Presso la fonte, meco T’assidi alquanto... Ahimé!... Sorge il tremendo Fantasma e ne separa!... Qui ricovriamci, Edgardo, a piè dell’ara... Sparsa è di rose!... Un’armonia celeste Di’, non ascolti? – Ah, l’inno Suona di nozze!... Il rito per noi, per noi s’appresta!... Oh me felice! Oh gioia che si sente, e non si dice! Ardon gl’incensi... splendono Le sacre faci intorno!... Ecco il ministro! Porgimi La destra.... Oh lieto giorno! Alfin son tua, sei mio! A me ti dona un Dio... Ogni piacer più grato Mi fia con te diviso Del ciel clemente un riso La vita a noi sarà! RAIMONDO, ALISA e CORO In sì tremendo stato, Di lei, signor, pietà. (sporgendo le mani al cielo) RAIMONDO S’avanza Enrico!... SCENA VI Enrico, Normanno e detti. ENRICO (accorrendo) Ditemi: Vera è l’atroce scena? RAIMONDO Vera, pur troppo! ENRICO Ah! perfida!... Ne avrai condegna pena... (scagliandosi contro Lucia) RAIMONDO, ALISA, CORO T’arresta... Oh ciel!... RAIMONDO Non vedi Lo stato suo? LUCIA Che chiedi?... (sempre delirando) ENRICO Oh qual pallor! (fissando Lucia, che nell’impeto di collera non aveva prima bene osservata) LUCIA Me misera!... RAIMONDO Ha la ragion smarrita. ENRICO Gran Dio!... RAIMONDO Tremare, o barbaro, Tu dei per la sua vita. LUCIA Non mi guardar sì fiero... Segnai quel foglio è vero... – Nell’ira sua terribile Calpesta, oh Dio! l’anello!... Mi maledice!... Ah! vittima Fui d’un crudel fratello, Ma ognor t’amai... lo giuro... Chi mi nomasti? Arturo! – Ah! non fuggir... Perdono... GLI ALTRI Qual notte di terror! LUCIA Presso alla tomba io sono... Odi una prece ancor. – Deh! tanto almen t’arresta, Ch’io spiri a te d’appresso... Già dall’affanno oppresso Gelido langue il cor! Un palpito gli resta... È un palpito d’amor. Spargi di qualche pianto Il mio terrestre velo, Mentre lassù nel cielo Io pregherò per te... Al giunger tuo soltanto Fia bello il ciel per me! (resta quasi priva di vita, fra le braccia di Alisa) RAIMONDO, ALISA, CORO Omai frenare il pianto Possibile non è! ENRICO (Vita di duol, di pianto Serba il rimorso a me!) Si tragga altrove... Alisa, Pietoso amico... (a Raimondo) Ah! voi La misera vegliate... (Alisa e le Dame conducono altrove Lucia) Io più me stesso In me non trovo!... (parte nella massima costernazione: tutti lo seguono, tranne Raimondo e Normanno) RAIMONDO Delator! gioisci Dell’opra tua. NORMANNO Che parli? RAIMONDO Sì, dell’incendio che divampa e strugge Questa casa infelice hai tu destata La primiera favilla. NORMANNO Io non credei... RAIMONDO Tu del versato sangue, empio! tu sei La ria cagion!... Quel sangue Al ciel t’accusa, e già la man suprema Segna la tua sentenza... Or vanne, e trema. (Egli segue Lucia: Normanno esce per l’opposto lato) SCENA VII Parte esterna del Castello, con la porta praticabile: un appartamento dello stesso è ancora illuminato internamente. In più distanza una cappella: la via che vi conduce è sparsa delle tombe dei Ravenswood. – Albeggia. EDGARDO Tombe degli avi miei, l’ultimo avanzo D’una stirpe infelice Deh! raccogliete voi. – Cessò dell’ira Il breve foco... sul nemico acciaro Abbandonar mi vo’. Per me la vita È orrendo peso!... l’universo intero È un deserto per me senza Lucia!... Di liete faci ancora Splende il castello! Ah! scarsa Fu la notte al tripudio!... Ingrata donna! Mentr’io mi struggo in disperato pianto, Tu ridi, esulti accanto Al felice consorte! Tu delle gioie in seno, io... della morte! Fra poco a me ricovero darà negletto avello... Una pietosa lagrima Non scorrerà su quello!... Fin degli estinti, ahi misero! Manca il conforto a me! Tu pur, tu pur dimentica Quel marmo dispregiato: Mai non passarvi, o barbara, Del tuo consorte a lato... Rispetta almen le ceneri Di chi moria per te. SCENA VIII Abitanti di Lammermoor, dal castello, e detto. CORO Oh meschina! Oh caso orrendo! Più sperar non giova omai!... Questo dì che sta sorgendo Tramontar tu non vedrai! EDGARDO Giusto cielo!... Ah! rispondete: Di chi mai, di chi piangete? CORO Di Lucia. EDGARDO Lucia diceste! (esterrefatto) CORO Sì la misera sen muore Fur le nozze a lei funeste... Di ragion la trasse amore... S’avvicina all’ore estreme, E te chiede... per te geme... EDGARDO Ah! Lucia! Lucia!... (si ode lo squillo lungo, e monotono della campana de’ moribondi) CORO Rimbomba Già la squilla in suon di morte! EDGARDO Ahi!... quel suono al cor mi piomba! – È decisa la mia sorte!... Rivederla ancor vogl’io... Rivederla e poscia... (incamminandosi) CORO Oh Dio!... (trattenendolo) Qual trasporto sconsigliato!... Ah desisti...ah! riedi in te... (Edgardo si libera a viva forza, fa alcuni rapidi passi per entrare nel castello, ed è già sulla soglia quando n’esce Raimondo) SCENA ULTIMA Raimondo e detti. RAIMONDO Ove corri sventurato? Ella in terra più non è. (Edgardo si caccia disperatamente le mani fra’ capelli, restando immobile in tale atteggiamento, colpito da quell’immenso dolore che non ha favella. Lungo silenzio) EDGARDO (scuotendosi) Tu che a Dio spiegasti l’ali, O bell’alma innamorata, Ti rivolgi a me placata... Teco ascenda il tuo fedel. Ah se l’ira dei mortali Fece a noi sì lunga guerra, Se divisi fummo in terra, Ne congiunga il Nume in ciel. (trae rapidamente un pugnale e se lo immerge nel cuore) Io ti seguo... (tutti si avventano, ma troppo tardi per disarmarlo) RAIMONDO Forsennato!... CORO Che facesti!... RAIMONDO, CORO Quale orror! CORO Ahi tremendo!... ahi crudo fato!... RAIMONDO Dio, perdona un tanto error. (Prostrandosi, ed alzando le mani al cielo: tutti lo imitano: Edgardo spira) FINE |
libretto by Salvadore Cammarano |