Il marchese di Calatrava (basso) Donna Leonora, figlia del marchese (soprano) Don Carlo di Vargas, figlio del marchese (baritono) Don Alvaro (tenore) Padre guardiano, francescano (basso) Fra Melitone, francescano (baritono buffo) Preziosilla, giovane zingara (mezzosoprano) Curra, cameriera di Leonora (mezzosoprano) Un alcade (basso) Mastro Trabuco, mulattiere, poi rivendugliolo (tenore buffo) Un chirurgo, militare spagnolo (tenore) Sinfonia Siviglia Una sala tappezzata di damasco con ritratti di famiglia ed arme gentilizie, addobbata nello stile del secolo 18o, però in cattivo stato. Di fronte due finestre; quella a sinistra è chiusa, l'altra a destra è praticabile, dalla quale si vede un cielo purissimo, illuminato dalla luna, e cime di alberi. Tra le finestre è un grande armadio chiuso, contenente vesti, biancherie, ecc. Ognuna delle pareti laterali ha due porte. (Il Marchese di Calatrava, con lume in mano, sta congedandosi da Donna Leonora, preoccupata; Curra viene dalla sinistra.) MARCHESE Buona notte, mia figlia. Addio, diletta. Aperto ancora è quel veron. (Va a chiuderlo.) LEONORA (fra sé) Oh, angoscia! MARCHESE Nulla dice il tuo amor? Perché sì triste? LEONORA Padre...Signor... MARCHESE La pura aura de' campi pace al tuo cor donava. Fuggisti lo straniero di te indegno. A me lascia la cura dell'avvenir; nel padre tuo confida che t'ama tanto. LEONORA Ah, padre! MARCHESE Ebben, che t'ange? Non pianger. LEONORA (fra sé) Oh, rimorso! MARCHESE Ti lascio. LEONORA (gettandosi con effusione tra le braccia del padre) Ah, padre mio! MARCHESE Ti benedica il cielo. Addio. Addio. LEONORA Addio. (Il marchese l'abbraccia, riprende il lume, e va nelle sue stanze. Curra chiude la porta dietro il Marchese, e riviene a Leonora la quale piange.) CURRA Temea restasse qui fino a domani! Si riapra il veron. Tutto s'appronti, e andiamo. (Toglie dall'armadio un sacco da notte in cui ripone biancheria e vesti.) LEONORA E sì amoroso padre, avverso fia tanto ai voti miei? No, no, decidermi non so. CURRA Che dite? LEONORA Quegli accenti nel cor, come pugnali scendevanmi. Se ancor restava, appreso il ver gli avrei... CURRA (smettendo il lavoro) Domani allor nel sangue suo, saria Don Alvaro, od a Siviglia prigioniero, e forse al patibol poi. LEONORA Taci! CURRA E tutto questo perch'egli volle amar chi non l'amava. LEONORA Io non amarlo? Tu ben sai s'io l'ami... patria, famiglia, padre per lui non abbandono? Ahi, troppo, troppo sventurata sono! Me pellegrina ed orfana, lungi dal patrio nido, un fato inesorabile sospinge a stranio lido; colmo di tristi immagini, da' suoi rimorsi affranto, è il cor di questa misera dannato a eterno pianto, ecc. Ti lascio, ahimè, ahimè, con lagrime dolce mia terra, addio. Ahimè, ahimè, non avrà termine Per me sì gran dolore! Addio. CURRA M'aiuti, signorina, più presto andrem. LEONORA S'ei non venisse? (Guarda l'orologio.) È tardi. Mezzanotte è suonata! (contenta) Ah no, più non verrà! CURRA Qual rumore! Calpestio di cavalli! LEONORA È desso! CURRA Era impossibil ch'ei non venisse! LEONORA Oh Dio! CURRA Bando al timore. (Don Alvaro entra dal verone e si getta tra le braccia di Leonora.) DON ALVARO Ah, per sempre, o mio bell'angiol, ne congiunge il cielo adesso! L'universo in questo amplesso io mi veggo giubilar. LEONORA Don Alvaro! DON ALVARO Ciel, che t'agita? LEONORA Presso è il giorno. DON ALVARO Da lung'ora mille inciampi tua dimora m'han vietato penetrar. Ma d'amor sì puro e santo nulla opporsi può all'incanto. E Dio stesso il nostro palpito in letizia, in letizia tramutò. (a Curra) Quelle vesti dal verone getta... LEONORA (a Curra) Arresta! DON ALVARO (a Curra) No, no... (a Leonora) Seguimi, lascia, omai, la tua prigione... LEONORA Ciel! risolvermi non so. DON ALVARO Pronti i destrieri di già ne attendono, un sacerdote ne aspetta all'ara. Vieni, d'amore in sen ripara che Dio dal cielo benedirà! E quando il sole, nume dell'India, di mia regale stirpe signore, il mondo inondi del suo splendore, sposi, o diletta, sposi, o diletta, ne troverà. LEONORA È tarda l'ora... DON ALVARO (a Curra) Su via, t'affretta! LEONORA (a Curra) Ancor sospendi... DON ALVARO Eleonora! LEONORA Diman... DON ALVARO Che parli? LEONORA Ten prego, aspetta. DON ALVARO Diman! LEONORA Dimani si partirà. Anco una volta il padre mio, povero padre, veder desìo; e tu contento, gli è ver, ne sei? Sì, perché m'ami, né opporti dei... Anchi'io, tu il sai, t'amo io tanto! Ne son felice, oh cielo, quanto! Gonfio di gioia ho il cor! Restiamo... Sì, mio Alvaro, io t'amo!, io t'amo! (Piange.) DON ALVARO Gonfio hai di gioia il core, e lagrimi! Come un sepolcro tua mano è gelida! Tutto comprendo, tutto, Signora! LEONORA Alvaro! Alvaro! DON ALVARO Eleonora! lo sol saprò soffrire. Tolga Iddio che i passi miei per debolezza segua; sciolgo i tuoi giuri. Le nuziali tede sarebbero per noi segnal di morte... se tu, com'io, non m'ami, se pentita... LEONORA Son tua, son tua col core e colla vita! Seguirti fino agl'ultimi confini della terra; con te sfidar impavida di rio destin la guerra, mi fia perenne gaudio d'eterea voluttà. Ti seguo. Andiam, dividerci il fato non potrà. DON ALVARO Sospiro, luce ed anima di questo cor che t'ama; finché mi batte un palpito far paga ogni tua brama il solo ed immutabile desio per me sarà. Mi segui. Andiam, dividerci il fato non potrà. (S'avvicinano al verone, quando ad un tratto si sente a sinistra un aprire e chiuder di porte.) LEONORA Quale rumor! CURRA (ascoltando) Ascendono le scale! DON ALVARO Partiam... LEONORA Partiam. DON ALVARO e LEONORA Mi segui/Ti seguo, andiam, dividerci il fato, no, no, non potrà. LEONORA È tardi! DON ALVARO Allor di calma è d'uopo. CURRA Vergin santa! LEONORA (a Don Alvaro) Colà t'ascondi. DON ALVARO (traendo una pistola) No! Difenderti degg'io. LEONORA Ripon quell'arma. Contro al genitore vorresti?... DON ALVARO No, contro me stesso! LEONORA Orrore! (Dopo vari colpi apresi con strepito la porta del fondo a sinistra, ed il Marchese di Calatrava entra infuriato, brandendo una spada, e seguito da due servi con lumi.) MARCHESE Vil seduttor! Infame figlia! LEONORA (correndo ai suoi piedi) No, padre mio. MARCHESE lo più nol sono. DON ALVARO (al Marchese) Il solo colpevole, colpevole, son io. (presentandogli il petto) Ferite, vendicatevi. MARCHESE (a Don Alvaro) No, la condotta vostra da troppo abbietta origine uscito vi dimostra. DON ALVARO Signor Marchese! MARCHESE (a Leonora) Scostati. (ai servi) S'arresti l'empio. DON ALVARO (cavando nuovamente la pistola) Guai se alcun di voi si move. LEONORA (correndo a lui) Alvaro, oh ciel, che fai? DON ALVARO (al Marchese) Cedo a voi sol, ferite. MARCHESE Morir per mano mia! Per mano del carnefice tal vita estinta sia! DON ALVARO Signor di Calatrava! Pura siccome gli angeli è vostra figlia, il giuro: reo son io solo. Il dubbio che l'ardir mio qui desta, si tolga colla vita. Eccomi inerme. (Getta la pistola, che percuote al suolo, scarica il colpo, e ferisce mortalmente il Marchese.) MARCHESE lo muoio! DON ALVARO (disperato) Arma funesta! LEONORA (correndo al padre) Aita! MARCHESE (a Leonora) Lungi da me! Contamina tua vista la mia morte! LEONORA Padre! MARCHESE Ti maledico! (Cade tra le braccia dei servi.) LEONORA Cielo, pietade! ALVARO Oh, sorte! (I servi portano il Marchese alle sue stanze, mentre Don Alvaro trae seco verso il verone la sventurata Leonora.) Scena prima Villaggio d'Hornachuelos Grande cucina d'un osteria a pian terreno. Da un lato gran tavola apparecchiata, con sopra una lucerna accesa. (L'oste e l'ostessa sono affaccendati ad ammannir la cena. L'Alcade è seduto presso al fuoco; uno studente - Don Carlo, il fratello di Leonora - è seduto presso la tavola. Alquanti mulattieri, fra i quali Mastro Trabuco, e contadini sono in scena.) CORO Holà! holà! holà! Ben giungi, o mulattier, la notte a riposar. Holà! holà! holà! Qui devi col bicchier le forze ritemprar. (L'ostessa mette sulla tavola una grande zuppiera.) ALCADE (sedendosi alla mensa) La cena è pronta. TUTTI (prendendo posto presso la tavola) A cena, a cena! DON CARLO (fra sé) Ricerco invan la suora e il seduttore... Perfidi! TUTTI (all'Alcade) Voi la mensa benedite. ALCADE Può farlo il licenziato. DON CARLO Di buon grado. In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. TUTTI (sedendo) Amen. LEONORA (presentandosi alla porta della stanza a destra, che terrà socchiusa) Che vedo! Mio fratello! (Parte.) (L'ostessa avrà già distribuito il riso e siede cogli altri. In seguito è servito altro piatto. Trabuco è in disparte, sempre appoggiato al suo basto.) ALCADE (assaggiando) Buono. DON CARLO (mangiando) Eccellente. MULATTIERI Par che dica, "mangiami, mangiami" DON CARLO (all'ostessa) Tu das epulis accumbere Divum. ALCADE Non sa il latino, ma cucina bene. DON CARLO Viva l'ostessa! TUTTI Evviva! DON CARLO Non vien, Mastro Trabuco? TRABUCO È venerdì. DON CARLO Digiuna? TRABUCO Appunto! DON CARLO E quella personcina con lei giunta?... (Preziosilla entra.) PREZIOSILLA Viva la guerra! TUTTI Preziosilla! Brava, brava! DON CARLO e CORO Qui, presso a me... TUTTI Tu la ventura dirne potrai. PREZIOSILLA Chi brama far fortuna? TUTTI Tutti il vogliam. PREZIOSILLA Correte allor soldati in Italia, dov'è rotta la guerra contro al Tedesco. TUTTI Morte ai Tedeschi! PREZIOSILLA Flagel d'Italia eterno, e de' figliuoli suoi. TUTTI Tutti v'andrem, tutti v'andrem. PREZIOSILLA Ed io sarò con voi. TUTTI Viva! PREZIOSILLA Al suon del tamburo, al brio del corsiero, al nugolo azzurro del bronzo guerrier; dei campi al sussurro s'esalta il pensiero! È bella la guerra, è bella la guerra! Evviva la guerra, evviva! TUTTI È bella la guerra! Evviva la guerra! PREZIOSILLA (volgendosi all'uno e all'altro) Se vieni, fratello, sarai caporale; e tu colonnello, e tu generale; il dio furfantello dall'arco immortale farà di cappello al bravo uffizial... È bella la guerra, evviva la guerra! TUTTI È bella la guerra, evviva la guerra! ecc. DON CARLO (Le presenta la mano.) E che riserbasi allo studente? PREZIOSILLA (guardando la mano) Oh, tu miserrime vicende avrai! DON CARLO Che di'? PREZIOSILLA (fissandolo) Non mente il labbro mai... (poi, sottovoce) Ma a te, carissimo, non presto fé... Non sei studente, non dirò niente, ma, gnaffe, a me non se la fa, tra la la la! TUTTI Evviva la guerra, ecc. (Un gruppo di pellegrini passa fuori.) CORO DI PELLEGRINI (fuori) Padre Eterno Signor, pietà di noi. Divin Figlio Signor, pietà di noi. Santo Spirito Signor, pietà di noi. Uno e Trino Signor, pietà di noi. TUTTI (alzandosi e scoprendosi la testa) Chi sono? ALCADE Son pellegrini che vanno al giubileo. LEONORA (ricomparendo agitatissima sulla porta) Fuggir potessi! DON CARLO e MULATTIERI Che passino attendiamo. ALCADE Preghiam con lor. TUTTI Preghiamo. (Lasciano la mensa e s'inginocchiano.) Su noi prostrati e supplici stendi la man, Signore; dall'infernal malore ne salvi tua bontà. Signor, pietà. LEONORA (fra sé) Ah, dal fratello salvami che anela il sangue mio; se tu nol vuoi, gran Dio, nessun mi salverà! Signor, pietà! (Leonora rientra nella stanza chiudendone la porta. Tutti riprendono i loro posti. Si passano un fiasco.) DON CARLO Viva la buona compagnia! TUTTI Viva! DON CARLO (alzando il bicchiere) Salute qui, l'eterna gloria poi... TUTTI (facendo altrettanto) Così sia. DON CARLO Già cogli angeli, Trabuco? TRABUCO E che? Con quest'inferno! DON CARLO E quella personcina con lei giunta, venne pel giubileo? TRABUCO Nol so. DON CARLO Per altro, è gallo oppur gallina? TRABUCO De' viaggiator non bado che al danaro. DON CARLO Molto prudente! Molto prudente! (poi, all'Alcade) Ed ella che giungere la vide, perché a cena non vien? ALCADE L'ignoro. DON CARLO Dissero chiedesse acqua ed aceto. Ah, ah! Per rinfrescarsi. ALCADE Sarà. DON CARLO È ver ch'è gentile e senza barba? ALCADE Non so nulla, non so nulla. DON CARLO (fra sé) Parlar non vuol! (a Trabuco) Ancora a lei: stava sul mulo seduta o a cavalcioni? TRABUCO (impazientito) Che noia! DON CARLO Onde veniva? TRABUCO So che andrò presto o tardi in paradiso. DON CARLO Perché? TRABUCO Ella il purgatorio mi fa soffrir... DON CARLO Or dove va? TRABUCO ln istalla a dormir colle mie mule, che non san di latino, né sono baccellieri. (Esce.) TUTTI Ah! ah! È fuggito! DON CARLO Poich'è imberbe l'incognito, facciamgli col nero due baffetti; doman ne rideremo. TUTTI Bravo! bravo! bravo! bravo! ALCADE Protegger debbo i viaggiator; m'oppongo. Meglio farebbe dirne d'onde venga, ove vada, e chi ella sia. DON CARLO Lo vuol saper? Ecco l'istoria mia. Son Pereda, son ricco d'onore, Baccelliere mi fe' Salamanca; sarò presto in utroque dottore, ché di studio ancor poco mi manca. Di là Vargas mi tolse da un anno, e a Siviglia con sé mi guidò. Non trattenne Pereda alcun danno, per l'amico il suo core parlò. Della suora un amante straniero colà il padre gli avea trucidato, ed il figlio, da pro' cavaliero, la vendetta ne avea giurato; gl'inseguimmo di Cadice in riva, né la coppia fatal si trovò. Per l'amico Pereda soffriva, ché il suo core per esso parlò. Là e dovunque narrar che del pari la sedotta col vecchio perìa, ché a una zuffa tra servi e sicari solo il vil seduttore sfuggia. Io da Vargas allor mi staccava; ei seguir l'assassino giurò. Verso America il mare solcava, e Pereda a' suoi studi tornò! TUTTI Truce storia Pereda narrava! Generoso il suo core mostrò, ecc. ALCADE Sta bene. PREZIOSILLA (con finezza) Ucciso fu quel Marchese? DON CARLO Ebben?... PREZIOSILLA L'assassino rapìa sua figlia? DON CARLO Sì. PREZIOSILLA E voi, l'amico fido, cortese, andaste a Cadice, e pria a Siviglia? Ah, gnaffe, a me non se la fa, tra la la la! (L'Alcade si alza e guarda l'orologio.) ALCADE Figliuoli, è tardi; poiché abbiam cenato, si rendan grazie a Dio, e partiam. PREZIOSILLA, DON CARLO e CORO Partiam, partiam, partiamo. Buona notte, buona notte. TUTTI Holà! Holà! È l'ora di riposar. Allegri, o mulattier! Holà! DON CARLO Son Pereda, son ricco d'onore, ecc. ALCADE Sta ben. PREZIOSILLA Ah, tra la la la! Ma, gnaffe, a me no se la fa. TUTTI Buon notte. Andiam, andiam. Scena seconda Vicinanze d'Hornachuelos Una piccola spianata sul declivio di scoscesa montagna. A destra precipizii e rupi; di fronte la facciata della chiesa della Madonna degli Angeli; a sinistra la porta del convento, in mezzo alla quale una finestrella; da un lato la corda del campanello. Sopra vi è una piccola tettoia sporgente. Splende una luna chiarissima. (Leonora giunge vestita da uomo.) LEONORA Sono giunta! Grazie, o Dio! Estremo asil quest'è per me! Son giunta! Io tremo! La mia orrenda storia è nota in quell'albergo, e mio fratel narrolla! Se scoperta m'avesse! Cielo! Ei disse naviga vers'occaso Don Alvaro! Né morto cadde quella notte in cui io, io del sangue di mio padre intrisa, l'ho seguito e il perdei! Ed or mi lascia, mi lascia, mi fugge! Ohimè, non reggo a tant'ambascia! (Cade in ginocchio.) Madre, pietosa Vergine, perdona al mio peccato. M'aita quell'ingrato dal core a cancellar. In queste solitudini espierò l'errore. Pietà di me, Signore, Deh! non m'abbandonar! (L'organo accompagna il canto mattutino dei frati.) Ah! que' sublimi cantici... (Si leva.) Dell'organo i concenti, che come incenso ascendono a Dio sui firmamenti, inspirano a quest'alma fede, conforto e calma! CORO DI FRATI (intorno) Venite, adoremus et procedamus ante Deum, Ploremus, ploremus coram Domino, coram Domino qui fecit nos. LEONORA (s'avvia) Al santo asil accorrasi. E l'oserò a quest'ora? Alcun potria sorprendermi! Oh, misera Leonora, tremi? Il pio frate, accoglierti, no, non ricuserà. Non mi lasciar, soccorrimi, pietà, Signor pietà, Deh! non m'abbandonar! ecc. I FRATI Ploremus, ploremus coram Domino qui fecit nos. (Leonora suona il campanello del convento. Si apre la finestrella della porta, e n'esce la luce d'una lanterna, che riverbera sul volto di Donna Leonora, la quale si arretra spaventata. Melitone parla sempre dall'interno.) MELITONE Chi siete? LEONORA Chiedo il Superiore. MELITONE S'apre alle cinque la chiesa, se al giubileo venite. LEONORA Il Superiore, per carità. MELITONE Che carità a quest'ora! LEONORA Mi manda il Padre Cleto. MELITONE Quel sant'uomo? Il motivo? LEONORA Urgente. MELITONE Perché mai? LEONORA Un infelice... MELITONE Brutta solfa!... Però v'apro ond'entriate. LEONORA Non posso. MELITONE No? Scomunicato siete? Ché strano fia aspettar a ciel sereno. V'annuncio, e se non torno, buona notte. (Chiude la finestrella.) LEONORA Ma, s'ei mi respingesse! Fama pietoso il dice; Ei mi proteggerà. Vergin, m'assisti. (Padre Guardiano entra con Melitone.) GUARDIANO Chi mi cerca? LEONORA Son io. GUARDIANO Dite. LEONORA Un segreto... GUARDIANO Andate, Melitone. MELITONE (fra sé, partendo) Sempre segreti! E questi santi soli han da saperli! Noi siamo tanti cavoli... GUARDIANO Fratello, mormorate? MELITONE Oibò, dico ch'è pesante la porta, e fa rumore. GUARDIANO Obbedite. MELITONE (fra sé) Che tuon da Superiore! (Rientra nel convento.) GUARDIANO Or siam soli...siam soli. LEONORA Una donna son io. GUARDIANO Una donna a quest'ora! Gran Dio! LEONORA Infelice, delusa, rejetta, dalla terra e dal ciel maledetta, che nel pianto prostratavi al piede, di sottrarla all'inferno vi chiede. GUARDIANO Come un povero frate lo può? LEONORA Padre Cleto un suo foglio v'inviò? GUARDIANO Ei vi manda? LEONORA Sì. GUARDIANO (sorpreso) Dunque voi...siete Leonora di Vargas! LEONORA Fremete! GUARDIANO No, venite fidente alla croce, là del cielo v'ispiri la voce. (Leonora s'inginocchia ai piedi della croce, la bacia, poi ritorna, un po' confortata, dal Padre Guardiano.) LEONORA Più tranquilla l'alma sento, dacché premo questa terra; de' fantasmi lo spavento più non provo farmi guerra... più non sorge sanguinante di mio padre l'ombra innante; né terribile l'ascolto la sua figlia maledir. GUARDIANO Sempre indarno qui rivolto fu di Satana l'ardir. LEONORA Perciò tomba qui desìo, fra le rupi ov'altra visse. GUARDIANO Che! Sapete? LEONORA Cleto il disse. GUARDIANO E volete... ? LEONORA Darmi a Dio. GUARDIANO Guai per chi si lascia illudere dal delirio d'un momento! Più fatal per voi sì giovane giungerebbe il pentimento. LEONORA Ah, tranquilla l'alma sento, ecc. GUARDIANO Guai per chi si lascia illudere! Guai! Chi può legger nel futuro? Chi immutabil farvi il core? E l'amante? LEONORA Involontario m'uccise il genitor. GUARDIANO E il fratello?... LEONORA La mia morte di sua mano egli giurò. GUARDIANO Meglio a voi le sante porte schiuda un chiostro. LEONORA Un chiostro? No! Se voi scacciate questa pentita, andrò per balze, gridando aita, ricovro ai monti, cibo alle selve, e fin le belve ne avran pietà. Ah, sì, del cielo qui udii la voce: "Sàlvati all'ombra di questa croce" Voi mi scacciate? Voi? È questo il porto. Chi tal conforto mi toglierà? GUARDIANO A Te sia gloria, o Dio clemente, Padre dei miseri onnipossente, a Cui sgabello sono le sfere! Il Tuo voler si compirà! È fermo il voto? LEONORA È fermo. GUARDIANO V'accolga dunque Iddio. LEONORA Bontà divina! GUARDIANO Sol io saprò chi siate... Tra le rupi è uno speco; ivi starete. Presso una fonte, al settimo dì, scarso cibo porrovvi io stesso. LEONORA V'andiamo. GUARDIANO (verso la porta) Melitone? (a Melitone che comparisce) Tutti i fratelli con ardenti ceri, dov'è l'ara maggiore, nel tempio si raccolgan del Signore. (Melitone rientra.) Sull'alba il piede all'eremo solinga volgerete; ma pria dal pane angelico conforto all'alma avrete. Le sante lane a cingere ite, e sia forte il cor, ah! - sul nuovo calle a reggervi v'assisterà il Signor. (Entra nel convento, e ne ritorna subito portando un abito da Francescano che presenta a Leonora.) LEONORA Tua grazia, o Dio, sorride alla rejetta! Oh, gaudio insolito! Io son ribenedetta! Già sento in me rinascere a nuova vita il cor; plaudite, o cori angelici, mi perdonò il Signor. Grazie o Signor, grazie o Signor. GUARDIANO Le sante lane a cingere, ecc. LEONORA Plaudite, o cori angelici, mi perdonò il Signor, ecc. (Entrano nel monastero. La gran porta della chiesa si apre. Di fronte vedesi l'altar maggiore illuminato. L'organo suona. Dai lati del coro procedono due lunghe file di Frati con ceri ardenti. Più tardi il Padre Guardiano precede Leonora in abito da frate; egli la conduce fuor della chiesa; i frati gli si schierano intorno. Leonora si prostra innanzi a lui, che stendendo solennemente le mani sopra il suo capo intuona:) GUARDIANO Il santo nome di Dio Signore sia benedetto. CORO Sia benedetto. GUARDIANO Un'alma a piangere viene l'errore, fra queste balze chiede ricetto; il santo speco noi le schiudiamo. V'è noto il loco? CORO Lo conosciam. GUARDIANO A quell'asilo sacro, inviolato, nessun si appressi. CORO Obbedirem. GUARDIANO Il cinto umile non sia varcato che nel divide. CORO Nol varcherem. GUARDIANO A chi il divieto franger osasse, o di quest'alma scoprir tentasse nome o mistero: Maledizione! CORO Maledizione, maledizion! Il cielo, il cielo fulmini, incenerisca, l'empio mortale se tanto ardisca; su lui scatenisi ogni elemento, l'immonda cenere ne sperda il vento. GUARDIANO (a Leonora) Alzatevi, e partite. Alcun vivente più non vedrete. Dello speco il bronzo ne avverta se periglio vi sovrasti, o, per voi giunto sia l'estremo giorno... A confortarvi l'alma volerem, pria che a Dio faccia ritorno. CORO e GUARDIANO La Vergine degli Angeli vi copra del suo manto, e voi protegga vigile di Dio l'Angelo santo. LEONORA La Vergine degli Angeli mi copra del suo manto, e me protegga vigile di Dio l'Angelo santo. TUTTI La Vergine degli Angeli, ecc. (Leonora bacia la mano al Padre Guardiano, e si dirige sola verso lo speco dell'eremita. I frati, spente le candele, si ritirano in chiesa. Il Padre Guardiano si ferma alla porta e, aprendo le braccia nella direzione dove Leonora è appena scomparsa, la benedice.) Scena prima In Italia, presso Velletri Bosco. Notte oscurissima. Don Alvaro in uniforme di capitano spagnuolo dei Granatieri del Re si avanza lentamente dal fondo. Si sentono voci interne a destra. CORO Attenti al gioco, attenti, attenti al gioco, attenti... PRIMA VOCE Un asso a destra. SECONDA VOCE Ho vinto. PRIMA VOCE Un tre a destra... Cinque a manca. SECONDA VOCE Perdo. DON ALVARO La vita è inferno all'infelice. Invano morte desìo! Siviglia! Leonora! Oh, rimembranza! Oh, notte ch'ogni ben mi rapisti! Sarò infelice eternamente, è scritto. Della natal sua terra il padre volle spezzar l'estranio giogo, e coll'unirsi all'ultima degl'Incas la corona cingere confidò. Fu vana impresa! In un carcere nacqui; m'educava il deserto; sol vivo perché ignota è mia regale stirpe! I miei parenti sognarono un trono e li destò la scure! Oh, quando fine avran le mie sventure! O tu che in seno agli angeli eternamente pura, salisti bella incolume dalla mortal jattura, non iscordar di volger lo sguardo a me tapino, che senza nome ed esule, in odio del destino, chiedo anelando, ahi, misero, la morte d'incontrar. Leonora mia, soccorrimi, pietà del mio penar! Pietà di me! DON CARLO (dall'interno a destra) Al tradimento! CORO Muoia! DON ALVARO Quali grida! DON CARLO Aita! DON ALVARO Si soccorra. VOCI Muoia! Muoia! (Accorre al luogo onde si udivano le grida; si sente un picchiare di spade; alcuni ufficiali attraversano la scena fuggendo in disordine da destra a sinistra. Don Alvaro ritorna con Don Carlo.) DON ALVARO Fuggir! Ferito siete? DON CARLO No, vi debbo la vita. DON ALVARO Chi erano? DON CARLO Assassini. DON ALVARO Presso al campo così? DON CARLO Franco dirò; fu alterco al gioco. DON ALVARO Comprendo, colà, a destra? DON CARLO Sì. DON ALVARO Ma come, sì nobile d'aspetto, a quella bisca scendeste? DON CARLO Nuovo sono. Con ordini del general sol ieri giunsi; senza voi morto sarei. Or dite a chi debbo la vita? DON ALVARO Al caso... DON CARLO Pria il mio nome dirò. (fra sé) Non sappia il vero. (a Don Alvaro) Don Felice de Bornos aiutante del duce... DON ALVARO Io, capitan de' Granatieri Don Federico Herreros. DON CARLO La gloria dell'esercito! DON ALVARO Signore... DON CARLO Io l'amistà ne ambìa, la chiedo, e spero. DON ALVARO lo pure della vostra sarò fiero. (Si stringono le destre.) DON ALVARO e DON CARLO Amici in vita e in morte il mondo ne vedrà. Uniti in vita e in morte entrambi troverà. (Si odono voci interne e squilli di trombe.) CORO All'armi! all'armi! DON ALVARO e DON CARLO Andiamo, all'armi! DON CARLO Con voi scendere al campo d'onor, emularne l'esempio potrò. DON ALVARO Testimone del vostro valor ammirarne le prove saprò. CORO All'armi! all'armi! (Escono.) Scena seconda Una casa presso Velletri È il mattino. Salotto nell'abitazione d'un ufficiale superiore dell'esercito spagnolo in Italia. Si sente il rumore della vicina battaglia. (Un chirurgo militare ed alcuni soldati entrano dalla porta comune e corrono alla finestra.) SOLDATI Arde la mischia! CHIRURGO (guardando col cannocchiale) Prodi i granatieri! SOLDATI Li guida Herreros... CHIRURGO Ciel!...Ferito ei cadde!... piegano i suoi!... L'aiutante li raccozza, alla carica li guida!... Già fuggon i nemici. I nostri han vinto! VOCI (esterne) A Spagna gloria! ALTRE VOCI Viva l'Italia! TUTTI Vittoria! CHIRURGO Portan qui ferito il capitan. (Don Alvaro ferito e svenuto è portato in una lettiga da quattro Granatieri. Da un lato è il chirurgo, dall'altro Don Carlo coperto di polvere ed assai afflitto. Un soldato depone una valigia sopra un tavolino.) DON CARLO Piano...qui posi...approntisi il mio letto. CHIRURGO Silenzio. DON CARLO V'ha periglio? CHIRURGO La palla che ha nel petto mi spaventa. DON CARLO Deh, il salvate. DON ALVARO (rinviene) Ove son? DON CARLO Presso l'amico. DON ALVARO Lasciatemi morire. DON CARLO Vi salveran le nostre cure. Premio l'Ordine vi sarà di Calatrava. DON ALVARO Di Calatrava! Mai, mai... DON CARLO (fra sé) Ché! Inorridì di Calatrava al nome! DON ALVARO Amico... CHIRURGO Se parlate... DON ALVARO Un detto sol... DON CARLO (al chirurgo) Ven prego, ne lasciate. (Il chirurgo si ritira. Don Alvaro accenna a Don Carlo di appressarsegli.) DON ALVARO Solenne in quest'ora, giurarmi dovete far pago un mio voto. DON CARLO Lo giuro, lo giuro. DON ALVARO Sul core cercate. DON CARLO Una chiave. DON ALVARO (indicando la valigia) Con essa trarrete un piego celato... l'affido all'onore. Colà v'ha un mistero, che meco morrà. S'abbruci me spento... DON CARLO Lo giuro, sarà. DON ALVARO Or muoio tranquillo; vi stringo al cor mio. DON CARLO Amico, nel cielo! DON CARLO e DON ALVARO Addio, addio, addio. (Il chirurgo e le ordinanze trasportano il ferito nella stanza da letto.) DON CARLO Morir! Tremenda cosa! Sì intrepido, sì prode, ei pur morrà! Uom singolar costui! Tremò di Calatrava al nome! A lui palese n'è forse il disonor? Cielo! Qual lampo! S'ei fosse il seduttore? Desso in mia mano, e vive! Se m'ingannassi? Questa chiave il dica. (Apre convulso la valigia, e ne trae un plico suggellato.) Ecco i fogli! Che tento! (Si ferma.) E la fé che giurai? E questa vita che debbo al suo valor? Anch'io lo salvo! S'ei fosse quell'lndo maledetto che macchiò il sangue mio?... ll suggello si franga. Niun qui mi vede. No? Ben mi vegg'io! (Getta il plico, e se ne allontana con raccapriccio.) Urna fatale del mio destino, va, t'allontana, mi tenti invano; l'onor a terger qui venni, e insano d'un'onta nuova nol macchierò. Un giuro è sacro per l'uom d'onore; que' fogli serbino il lor mistero... Disperso vada il mal pensiero, che all'atto indegno mi concitò. E s'altra prova rinvenir potessi?... Vediam. (Torna a frugare nella valigia.) Qui v'ha un ritratto... suggel non v'è...nulla ei ne disse... nulla promisi...s'apra dunque... Ciel! Leonora! Don Alvaro è il ferito! Ora egli viva, e di mia man poi muoia! (Il chirurgo appare alla porta.) CHlRURGO Lieta novella, è salvo! (Parte.) DON CARLO È salvo! È salvo! O gioia! Ah! egli è salvo! Oh gioia immensa che m'innondi il cor, ti sento! Potrò alfine il tradimento sull'infame vendicar. Leonora, ove t'ascondi? Di': seguisti tra le squadre chi del sangue di tuo padre ti fe' il volto rosseggiar? Ah! felice appien sarei se potesse il brando mio amendue d'averno al Dio d'un sol colpo consacrar! (Parte in gran fretta.) Scena terza Accampamento militare presso Velletri Sul davanti a sinistra è una bottega da rigattiere; a destra altra, ove si vendon cibi, bevande, frutta. All'ingiro tende militari, baracche di rivenduglioli, ecc. È notte, la scena è deserta. (Una pattuglia entra cautamente in scena, esplorando il campo.) CORO Compagni, sostiamo, il campo esploriamo; non s'ode rumor. Non brilla un chiarore; in sonno profondo sepolto ognun sta. Compagni inoltriamo, il campo esploriamo, fra poco la sveglia suonare s'udrà.. (Si fa lentamente giorno. Entra Don Alvaro assorto nei suoi pensieri.) DON ALVARO Né gustare m'è dato un'ora di quiete; affranta è l'alma dalla lotta crudel. Pace ed oblio indarno io chieggo al cielo. (Entra Don Carlo.) DON CARLO Capitano... DON ALVARO Chi mi chiama? (riconoscendo Carlo) Voi, che sì larghe cure mi prodigaste? DON CARLO La ferita vostra sanata è appieno? DON ALVARO Sì. DON CARLO Forte? DON ALVARO Qual prima. DON CARLO Sosterreste un duel? DON ALVARO Con chi? DON CARLO Nemici non avete? DON ALVARO Tutti ne abbiam... ma a stento comprendo... DON CARLO No? Messaggio non v'inviava Don Alvaro, l'Indiano? DON ALVARO Oh, tradimento! Sleale! Il segreto fu dunque violato? DON CARLO Fu illeso quel piego, l'effigie ha parlato. Don Carlo di Vargas, tremate, io sono. DON ALVARO D'ardite minacce non m'agito al suono. DON CARLO Usciamo all'istante, un deve morire. DON ALVARO La morte disprezzo, ma duolmi inveire contro'uom che per primo amistade m'offria. DON CARLO No, no, profanato tal nome non sia. DON ALVARO Non io, fu il destino, che il padre v'ha ucciso; non io che sedussi quell'angiol d'amore. Ne guardano entrambi e dal paradiso ch'io sono innocente vi dicono al core. DON CARLO Adunque colei? DON ALVARO La notte fatale io caddi per doppia ferita mortale; guaritone, un anno in traccia ne andai, ahimè, ch'era spenta Leonora trovai! DON CARLO Menzogna! menzogna! La suora ospitavala antica parente: vi giunsi, ma tardi... DON ALVARO Ed ella? DON CARLO Fuggente. DON ALVARO E vive! Ella vive, gran Dio! DON CARLO Sì, vive. DON ALVARO Don Carlo, amico, il fremito ch'ogni mia fibra scuote vi dica che quest'anima infame esser non puote. Vive! Gran Dio, quell'angelo... DON CARLO Ma in breve morirà. Ella vive, ma in breve morirà. DON ALVARO No, d'un imene il vincolo stringa fra noi la speme; e s'ella vive, insieme cerchiamo, cerchiamo ove fuggì. Giuro che illustre origine eguale a voi mi rende, e che il mio stemma splende, come rifulge il dì. DON CARLO Stolto! Fra noi dischiudesi insanguinato avello; come chiamar fratello chi tutto a me rapì? D'eccelsa o vile origine, è d'uopo ch'io vi spegna, e dopo voi l'indegna che il sangue suo tradì. DON ALVARO Che dite? DON CARLO Ella morrà. DON ALVARO Tacete. DON CARLO Il giuro a Dio, morrà l'infame. DON ALVARO Voi pria cadrete nel fatal certame. DON CARLO Morte! ov'io non cada esanime Leonora giungerò. Tinto ancor del vostro sangue quest'acciar le immergerò. DON ALVARO Morte! Sì! Col brando mio un sicario ucciderò; il pensier volgete a Dio; l'ora vostra alfin suonò. DON ALVARO, DON CARLO A morte! Andiam! (Sguainano le spade e si battono furiosamente. Accorre la pattuglia del campo per separarli.) CORO Fermi, arrestate! DON CARLO (furente) No. La sua vita o la mia - tosto. CORO Lunge di qua si tragga. DON ALVARO (fra sé) Forse...del ciel l'aita a me soccorre. DON CARLO Colui morrà! CORO (a Carlo che cerca svincolarsi) Vieni! DON CARLO (ad Alvaro) Carnefice del padre mio! DON ALVARO Or che mi resta? Pietoso Iddio, tu ispira, illumina il mio pensier. Al chiostro, all'eremo, ai santi altari l'oblio, la pace chiegga il guerrier. (Parte. Ad uno ad uno escono tutti. Spunta il sole - il rullo dei tamburi e lo squillo delle trombe danno il segnale della sveglia. La scena va animandosi poco a poco. Soldati spagnoli ed italiani di tutte le armi sortono dalle tende ripulendo schioppi, spade, uniformi, ecc. Vivandiere che vendono liquori, frutta, pane, ecc. Preziosilla dall'alto d'una baracca predica la buona ventura.) CORO Lorché pifferi e tamburi par che assordino la terra, siam felici, ch'è la guerra gioia e vita al militar. Vita gaia, avventurosa, cui non cal doman né ieri, ch'ama tutti i suoi pensieri sol nell'oggi concentrar. PREZIOSILLA (alle donne) Venite all'indovina ch'è giunta da lontano, e puote a voi l'arcano futuro decifrar. (ai soldati) Correte a lei d'intorno, la mano le porgete, le amanti apprenderete se fide vi restar. CORO Andate/Andiamo all'indovina, la mano le porgiamo/porgete, le belle udir possiamo se fide a voi/noi restar. Avanti, avanti, avanti. SOLDATI Qua, vivandiere, un sorso. (Le vivandiere offrono loro da bere.) UN SOLDATO Alla salute nostra! TUTTI (bevendo) Viva! Viva! (L'attenzione è attirata da Trabuco rivendugliolo, che dalla bottega a sinistra viene con una cassetta al collo portante vari oggetti di meschino valore.) TRABUCO A buon mercato chi vuol comprare? Forbici, spille, sapon perfetto! Io vendo e compero qualunque oggetto, concludo a pronti qualunque affar. UN SOLDATO Ho qui un monile; quanto mi dài? UN ALTRO SOLDATO V'è una collana. Se vuoi la vendo. TERZO SOLDATO Questi orecchini li pagherai? TUTTI (mostrando anelli, orologi, ecc.) Vogliamo vendere... TRABUCO Ma quanto vedo tutto è robaccia, brutta robaccia, brutta robaccia. TUTTI Tale, o furfante, è la tua faccia. TRABUCO Pure aggiustiamoci, per ogni pezzo dò trenta soldi. TUTTI Da ladro è il prezzo. TRABUCO Ih, quanta furia! C'intenderemo, qualch'altro soldo v'aggiungeremo. Date qua subito! TUTTI Purché all'istante venga il danaro bello e sonante. TRABUCO Prima la merce, qua, colle buone. TUTTI (dandogli le robe) A te. TRABUCO (ritira le robe e paga) A te, a te, benone. TUTTI (cacciandolo) Sì, sì, ma vattene! TRABUCO (frasé, contento) Che buon affare! (forte) A buon mercato chi vuol comprare? (Si avvia verso un'altro lato del campo. Detti e contadini questuanti con ragazzi a mano.) CONTADINE Pane, pan per carità! Tetti e campi devastati n'ha la guerra, ed affamati cerchiam pane per pietà. (Alcune reclute piangenti che giungono scortate.) RECLUTE Povere madri deserte nel pianto per dura forza dovemmo lasciar. Della beltà n'han rapiti all'incanto, a' nostre case vogliamo tornar. VIVANDIERE (circondando le reclute e dando loro del vino) Non piangete, giovanotti, per le madri e per le belle; v'ameremo quai sorelle, vi sapremo consolar. Certo il diavolo non siamo; quelle lagrime tergete, al passato, ben vedete, ora è inutile pensar. PREZIOSILLA (si mischia alle reclute; ne prende qualcuna sotto braccio, e dice loro giocosamente:) Che vergogna! Che vergogna! Su, coraggio! Bei figliuoli, siete pazzi? Se piangete quai ragazzi vi farete corbellar. Un'occhiata a voi d'intorno, e scommetto che indovino; ci sarà più d'un visino che sapravvi consolar. Su, coraggio, coraggio, coraggio! TUTTI Nella guerra è la follia che dee il campo rallegrar; viva, viva la pazzia che qui sola ha da regnar! (Le vivandiere prendono francamente le reclute pel braccio, e s'incomincia vivacissima danza generale. Ben presto la confusione e lo schiamazzo giungono al colmo. Entra Fra Melitone che, preso nel vortice della danza, è per un momento costretto a ballare colle vivandiere. Finalmente, riuscito a fermarsi, Melitone esclama:) MELITONE Toh!Toh! Poffare il mondo! Oh, che tempone! Corre ben l'avventura! Anch'io ci sono! Venni di Spagna a medicar ferite, ed alme a mendicar. Che vedo? È questo un campo di Cristiani, o siete Turchi? Dove s'è visto berteggiar la santa domenica così? Ben più faccenda le bottiglie vi dan che le battaglie! E invece di vestir cenere e sacco, qui si tresca con Venere e con Bacco? Il mondo è fatto una casa di pianto; ogni convento ora è covo del vento! l santuari spelonche divantâr di sanguinari; Perfino i tabernacoli di Cristo fatti son ricettacoli del tristo. Tutto va, tutto va a soqquadro. E la ragion? La ragion? Pro peccata vestra, pei vostri peccati. SOLDATI Ah, frate, frate! MELITONE Voi le feste calpestate, rubate, bestemmiate... SOLDATI ITALIANI Togone infame! SOLDATI SPAGNUOLI Segui pur, padruccio. MELITONE E membri e capi siete d'una stampa... tutti eretici. Tutti, tutti cloaca di peccati. E finché il mondo puzzi di tal pece, non isperi la terra alcuna pace. SOLDATI ITALIANI (circondandolo) Dàlli, dàlli! SOLDATI SPAGNUOLI (difendendolo) Scappa, scappa! SOLDATI ITALIANI Dàlli! Dàlli sulla cappa! (Cercano di picchiarlo, ma scappa, seguitando a predicare.) PREZIOSILLA (ai soldati che lo inseguono uscendo dalla scena) Lasciatelo ch'ei vada. Far guerra ad un cappuccio! Bella impresa! Non m'odon? Sia il tamburo sua difesa. (Prende a caso un tamburo e imitata da qualche tamburino lo suona. I soldati accorrono tosto a circondarla seguiti da tutta la turba.) PREZIOSILLA e CORO Rataplan, rataplan, della gloria pel soldato ritempra l'ardor, rataplan, rataplan, di vittoria questo suono è segnal precursor! Rataplan, rataplan or le schiere son guidate raccolte a pugnar! Rataplan, rataplan, le bandiere del nemico si veggon piegar! Rataplan, pim pum pum, inseguite chi la terga, fuggendo, voltò... Rataplan, le gloriose ferite col trionfo il destin coronò. Rataplan, rataplan, la vittoria più rifulge de' figli al valor!... Rataplan, rataplan, la vittoria al guerriero conquista ogni cor. Rataplan, rataplan, rataplan! (Escono correndo.) Vicinanze d'Hornachuelos Scena prima Interno del convento della Madonna degli Angeli. Un meschino porticato circonda una corticella con aranci, oleandri, gelsomini. Alla sinistra dello spettatore è la porta che mette alla via; a destra altra porta sopra la quale si legge "Clausura". (Il Padre Guardiano passeggia gravemente leggendo il breviario. Dalla sinistra entrano molti pezzenti d'ogni età e sesso con rozze scodelle alla mano, pignatte o piatti.) CORO DEI MENDICANTI Fate la carità, è un'ora che aspettiamo! Andarcene dobbiam, andarcene dobbiamo, andarcene dobbiam, la carità, la carità! (Melitone, che viene dalla destra coperto il ventre d'ampio grembiale bianco, ed aiutato da altro laico, porta una grande caldaia a due manichi, che depongono nel centro; il laico riparte.) MELITONE Che? Siete all'osteria? Quieti... (Comincia a distribuire la zuppa.) MENDICANTI (spingendo e urtando) Qui, presto a me, presto a me, ecc. MELITONE Quieti, quieti, quieti, quieti. VECCHI Quante porzioni a loro! Tutto vorrian per sé. N'ebbe già tre Maria! UNA DONNA (a Melitone) Quattro a me... CORO Quattro a lei! UNA DONNA Sì, perché ho sei figliuoli... MELITONE Perché ne avete sei? UNA DONNA Perché li mandò Iddio. MELITONE Sì, Dio...Dio. Non li avreste se al par di me voi pure la schiena percoteste con aspra disciplina, e più le notti intere passaste recitando rosari e Miserere... GUARDIANO Fratel... MELITONE Ma tai pezzenti son di fecondità davvero spaventosa... GUARDIANO Abbiate carità. VECCHI Un po' di quel fondaccio ancora ne donate. MELITONE Il ben di Dio, bricconi, fondaccio voi chiamate? CORO (porgendo le loro scodelle) A me, padre a me, a me, a me, ecc. MELITONE Oh, andatene in malora, o il ramajuol sul capo v'aggiusto bene or ora... Io perdo la pazienza! ecc. GUARDIANO Carità. DONNE Più carità ne usava il padre Raffael. MELITONE Sì, sì, ma in otto giorni avutone abbastanza di poveri e minestra, restò nella sua stanza, e scaricò la soma sul dosso a Melitone... E poi con tal canaglia usar dovrò le buone? GUARDIANO Soffrono tanto i poveri... La carità è un dovere. MELITONE Carità con costoro che il fanno per mestiere? Che un campanile abbattere co' pugni sarien buoni, che dicono fondaccio, fondaccio il ben di Dio... Bricconi, bricconi, bricconi! E dicono fondaccio, ecc. DONNE Oh, il padre Raffaele! ecc. UOMINI Era un angelo! Un santo! ecc. MELITONE Non mi seccate tanto! Non mi seccate tanto! MENDICANTI Un santo! Un santo! Sì, sì, sì, sì, un santo! ecc. MELITONE (Fa rotolare la caldaia con un calcio.) Il resto, a voi prendetevi, non voglio più parole, ecc. Fuori di qua, lasciatemi, sì, fuori, al sole, al sole, lasciatemi, ecc. Pezzenti più di Lazzaro, sacchi di pravità... via, via bricconi, al diavolo, toglietevi di qua; pezzenti più di Lazzaro, ecc. MENDICANTI Oh, il padre Raffaele! Era un angel! Era un santo! ecc. MELITONE Pezzenti più di Lazzaro, ecc. MENDICANTI Il padre Raffaele! Era un angelo! Un santo! ecc. MELITONE Fuori di qua! Lasciatemi, ... fuori, fuori, via di qua! ecc. (Infuriato il frate li scaccia dal porticato. Poi tira fuori dalla manica un fazzoletto e si asciuga la fronte. Si suona con forza il campanello alla porta.) GUARDIANO Giunge qualcuno, aprite. (Esce. Melitone apre la porta e ritorna con Don Carlo, avviluppato in un grande mantello.) DON CARLO (alteramente) Siete il portiere? MELITONE (fra sé) È goffo ben costui! (forte) Se apersi, parmi... DON CARLO Il padre Raffaele? MELITONE (fra sé) Un altro! (forte) Due ne abbiamo; l'un di Porcuna, grasso, sordo come una talpa, un altro scarno, bruno, occhi... (fra sé) Ciel, quali occhi! (forte) Voi chiedete? DON CARLO Quel dell'inferno. MELITONE (fra sé) È desso!... è desso! (forte) E chi gli annuncio? DON CARLO Un cavalier. MELITONE (fra sé) Qual boria! È un mal arnese, sì, sì. (Esce.) DON CARLO Invano Alvaro ti celasti al mondo e d'ipocrita veste scudo facesti alla viltà. Del chiostro ove t'ascondi mi additò la via l'odio e la sete di vendetta; alcuno qui non sarà che ne divida. Il sangue, solo il tuo sangue può lavar l'oltraggio che macchiò l'onor mio: e tutto il verserò, lo giuro a Dio. (Entra Alvaro, in abito di frate.) DON ALVARO Fratello... DON CARLO Riconoscimi. DON ALVARO Don Carlo! Voi, vivente! DON CARLO Da un lustro ne vò in traccia, ti trovo, ah! ti trovo finalmente... Col sangue sol cancellasi l'infamia ed il delitto. Ch'io ti punisca è scritto sul libro del destin. Tu prode fosti, or monaco, un'arma qui non hai... Deggio il tuo sangue spargere, scegli, due ne portai. DON ALVARO Vissi nel mondo, intendo; or queste vesti, l'eremo, dicon che i falli ammendo, che penitente è il cor. Lasciatemi, lasciatemi. DON CARLO Difendere quel sajo, né il deserto, codardo, te non possono. DON ALVARO (trasalendo) Codardo! Tale asserto... (fra sé) No, no! Assistimi, Signore! (a Don Carlo) Le minaccie, i fieri accenti, portin seco in preda i venti; perdonatemi, pietà, o fratel, pietà, pietà! A che offendere cotanto chi fu solo sventurato? Deh, chiniam la fronte al fato, o fratel, pietà, pietà. DON CARLO Tu contamini tal nome... Ah! una suora mi lasciasti che tradita abbandonasti, all'infamia, al disonor. DON ALVARO No, non fu disonorata. Ve lo giura un sacerdote! Sulla terra l'ho adorata come in cielo amar si puote. L'amo ancor, e s'ella m'ama più non brama questo cor. DON CARLO Non si placa il mio furore per mendace e vile accento. L'arme impugna, ed al cimento scendi meco, o traditor. DON ALVARO Se i rimorsi, il pianto omai non vi parlano per me qual nessun mi vide mai, io mi prostro al vostro piè! (Si getta ai piedi di Don Carlo.) DON CARLO Ah! la macchia del tuo stemma or provasti con quest'atto! DON ALVARO (saltando in piedi arrabbiato) Desso splende più che gemma. DON CARLO Sangue il tinge di mulatto. DON ALVARO (non potendo più frenarsi) Per la gola voi mentite! A me un brando! (Impugna una spada.) Un brando, uscite! DON CARLO Finalmente! DON ALVARO No, l'inferno non trionfi. Va, riparti. (Getta la spada.) DON CARLO Ti fai dunque di me scherno? DON ALVARO Va. DON CARLO S'ora meco misurarti, o vigliacco, non hai core, ti consacro al disonore. (Gli dà uno schiaffo.) DON ALVARO (furente) Ah, segnasti la tua sorte! Morte! (Raccoglie la spada.) DON CARLO Morte! A entrambi morte! DON CARLO e DON ALVARO Ah! Vieni a morte, a morte andiam! (Escono precipitosamente.) Scena seconda Fuori la grotta di Leonora Valle tra le rupi inaccessibili, attraversata da un ruscello. Nel fondo a sinistra dello spettatore è una grotta con porta praticabile, e sopra una campana che si potrà suonare dall'interno. È il tramonto. La scena si oscura lentamente; la luna apparisce splendidissima. (Leonora, pallida, sfigurata, esce dalla grotta agitatissima.) LEONORA Pace, pace, mio Dio! Cruda sventura m'astringe, ahimè, a languir; come il dì primo da tant'anni dura profondo il mio soffrir. L'amai, gli è ver! Ma di beltà e valore cotanto Iddio l'ornò, che l'amo ancor, né togliermi dal core l'immagin sua saprò. Fatalità! Fatalità! Fatalità! Un delitto disgiunti n'ha quaggiù! Alvaro, io t'amo, su nel cielo è scritto: non ti vedrò mai più! Oh, Dio, Dio, fa ch'io muoia; ché la calma può darmi morte sol. Invan la pace qui sperò quest'alma in preda a tanto, a tanto duol. (Si dirige ad una pietra su cui il Padre Guardiano le ha lasciato qualcosa da mangiare.) Misero pane, a prolungarmi vieni la sconsolata vita...Ma chi giunge? Chi profanare ardisce il sacro loco? Maledizione, maledizione, maledizione! (Torna rapidamente alla grotta, e vi si rinchiude.) DON CARLO (dentro la scena) Io muoio! Confessione! L'alma salvate. DON ALVARO (entrando con la spada sguainata) È questo ancora sangue d'un Vargas. DON CARLO Confessione... DON ALVARO (gettando la spada a terra) Maledetto io sono; ma...qui presso è un eremita... (Corre alla grotta e batte alla porta.) A confortar correte un uom che muor... LEONORA (dall'interno) Nol posso. DON ALVARO Fratello! In nome del Signor. LEONORA Nol posso. DON ALVARO (battendo più forte) È d'uopo. LEONORA (dall'interno, suonando la campana) Aiuto! Aiuto! DON ALVARO Deh, venite! (Leonora si presenta sulla porta.) LEONORA Temerari, del ciel l'ira fuggite! DON ALVARO Una donna! Qual voce! Ah no...uno spettro... LEONORA (riconoscendo Don Alvaro) Che miro! DON ALVARO Tu...Leonora... LEONORA Egli è ben desso... Io ti riveggo ancora... DON ALVARO Lungi...lungi da me...queste mie mani grondano sangue. Indietro! LEONORA Che mai parli? DON ALVARO (indicando il bosco) Là giace spento un uom. LEONORA Tu l'uccidesti? DON ALVARO Tutto tentai per evitar la pugna. Chiusi i miei dì nel chiostro. Ei mi raggiunse...m'insultò...l'uccisi. LEONORA Ed era? DON ALVARO Tuo fratello! LEONORA Gran Dio! (Corre ansante verso il bosco.) DON ALVARO Destino avverso, come a scherno mi prendi! Vive Leonora e ritrovarla deggio or che versai di suo fratello il sangue! LEONORA (dall'interno, mette un grido) Ah! DON ALVARO Qual grido! Che avvenne? (Leonora ferita entra sostenuta dal Guardiano.) Ella, ferita! LEONORA (morente) Nell'ora estrema perdonar non seppe. E l'onta vendicò nel sangue mio. DON ALVARO E tu paga non eri, o vendetta di Dio! Maledizione! GUARDIANO Non imprecare, umiliati a Lui ch'è giusto e santo, che adduce a eterni gaudii per una via di pianto; d'ira e furor sacrilego non proferir parola; vedi, vedi quest'angiol vola al trono del Signor. LEONORA Sì, piangi e prega. Di Dio il perdono io ti prometto. DON ALVARO Un reprobo, un maledetto io sono. Flutto di sangue inalzasi fra noi. LEONORA Piangi! Prega! GUARDIANO Prostrati! LEONORA Di Dio il perdon io ti prometto. Prega! DON ALVARO A quell'accento più non poss'io resistere. (Si getta ai piedi di Leonora.) GUARDIANO Prostrati! DON ALVARO Leonora, io son redento, dal ciel son perdonato! LEONORA e GUARDIANO Sia lode a Te, Signor. LEONORA (a Don Alvaro) Lieta poss'io precederti alla promessa terra. Là cesserà la guerra, santo l'amor, santo l'amor sarà. DON ALVARO Tu mi condanni a vivere e m'abbandoni intanto! Il reo, il reo soltanto dunque impunito andrà! GUARDIANO Santa del suo martirio, ella al Signor ascenda, e il suo morire ne apprenda la fede, la pietà! LEONORA In ciel ti attendo, addio! DON ALVARO Deh, non lasciarmi, Leonora, ah no, non lasciarmi... GUARDIANO E il suo martirio, ecc. LEONORA Ah...ti precedo...Alvaro...Ah... Alvar...Ah! (Muore.) DON ALVARO Morta! GUARDIANO Salita a Dio! FINE |
libretto by Francesco Maria Piave |