Rigoletto” by Giuseppe Verdi libretto (Italian)

Personaggio

Il Duca di Mantova, Tenore
Rigoletto, buffone di Corte, Baritono
Gilda, figlia di Rigoletto, Soprano
Sparafucile, bravo, basso
Maddalena, sua sorella, contralto
Giovanna, custode di Gilda,mezzosoprano
Il Conte di Monterone, baritono
Marullo, cavaliere, baritono
Matteo Borsa, cortigiano, tenore
Il Conte di Ceprano, basso
La Contessa, sua sposa, Mezzosoprano
Usciere di Corte, Basso
Paggio della Duchessa, Mezzosoprano
Cavalieri, Dame, Paggi, Alabardieri.

Preludio

ATTO PRIMO

Scena prima

Mantova. Sala magnifica nel palazzo ducale
(Porte nel fondo mettono ad altre sale, pure
splendidamente illuminate; folla di cavalieri e dame in
gran costume nel fondo delle sale; paggi che vanno e
vengono. La festa è nel suo pieno. Musica interna da
lontano. Il Duca e Borsa vengono da una porta del
fondo.)


DUCA
Della mia bella incognita borghese
toccare il fin dell’avventura voglio.

BORSA
Di quella giovin che vedete al tempio?

DUCA
Da tre mesi ogni festa.

BORSA
La sua dimora?

DUCA
In un remoto calle;
misterioso un uom v’entra ogni notte.

BORSA
E sa colei chi sia l’amante suo?

DUCA
Lo ignora.
(Un gruppo di dame e cavalieri attraversano la sala.)

BORSA
Quante beltà! Mirate.

DUCA
Le vince tutte di Cepran la sposa.

BORSA
Non v’oda il Conte, o Duca!

DUCA
A me che importa?

BORSA
Dirlo ad altra ei potria.

DUCA
Né sventura per me certo saria.
Questa o quella per me pari sono
a quant’altre d’intorno mi vedo;
del mio core l’impero non cedo
meglio ad una che ad altra beltà.
La costoro avvenenza è qual dono
di che il fato ne infiora la vita;
s’oggi questa mi torna gradita
forse un’altra doman lo sarà.
La costanza, tiranna del core,
detestiamo qual morbo crudele.

Sol chi vuole si serbi fedele;
non v’è amor se non v’è libertà.
De’ mariti il geloso furore,
degli amanti le smanie derido;
anco d’Argo i cent’occhi disfido
se mi punge una qualche beltà.
(Entra il Conte di Ceprano che segue da lungi la sua
sposa servita da altro cavaliere; dame e signori che
entrano da varie parti.)

DUCA
(alla signora di Ceprano movendo ad incontrarla con
molta galanteria)
Partite? Crudele!

CONTESSA DI CEPRANO
Seguire lo sposo m’è forza a Ceprano.

DUCA
Ma dee luminoso
in corte tal astro qual sole brillare.
Per voi qui ciascuno dovrà palpitare.
Per voi già possente la fiamma d’amore
inebria, conquide, distrugge il mio core.

CONTESSA
Calmatevi!

DUCA
La fiamma d’amore inebria, ecc.

CONTESSA
Calmatevi!
(Il Duca le dà il braccio ed esce con lei. Entra Rigoletto
che s’incontra nel signor di Ceprano, poi cortigiani.)

RIGOLETTO
In testa che avete,
Signor di Ceprano?
(Ceprano fa un gesto d’impazienza e segue il Duca.
Rigoletto dice ai cortigiani:)
Ei sbuffa, vedete?

BORSA, CORO
Che festa!

RIGOLETTO
Oh sì...

BORSA, CORO
Il Duca qui pur si diverte!

RIGOLETTO
Così non è sempre? che nuove scoperte!
Il giuoco ed il vino, le feste, la danza,
battaglie, conviti, ben tutto gli sta.
Or della Contessa l’assedio egli avanza,
e intanto il marito fremendo ne va.
(Esce. Entra Marullo premuroso.)

MARULLO
Gran nuova! Gran nuova!

CORO
Che avvenne? parlate!

MARULLO
Stupir ne dovrete!

CORO, BORSA
Narrate, narrate.

MARULLO
Ah! ah! Rigoletto...

CORO, BORSA
Ebben?

MARULLO
Caso enorme!

CORO, BORSA
Perduto ha la gobba? non è più difforme?

MARULLO
Più strana è la cosa! Il pazzo possiede...

CORO, BORSA
Infine?

MARULLO
Un’amante.

CORO, BORSA
Un’amante! Chi il crede?

MARULLO
Il gobbo in Cupido or s’è trasformato.

CORO, BORSA
Quel mostro? Cupido!...Cupido beato!
(Ritorna il Duca seguito da Rigoletto, poi da Ceprano.)

DUCA (a Rigoletto)
Ah, più di Ceprano importuno non v’è!
La cara sua sposa è un angiol per me!

RIGOLETTO
Rapitela.

DUCA
È detto; ma il farlo?

RIGOLETTO
Stasera.

DUCA
Non pensi tu al Conte?

RIGOLETTO
Non c’è la prigione?

DUCA
Ah, no.

RIGOLETTO
Ebben, s’esilia.

DUCA
Nemmeno, buffone.

RIGOLETTO (indicando di farla tagliare)
Allora la testa...

CEPRANO (fra sé)
Quell’anima nera!

DUCA (battendo colla mano una spalla al Conte)
Che di’, questa testa?

RIGOLETTO
È ben naturale.
Che fare di tal testa?...A cosa ella vale?

CEPRANO (infuriato, brandendo la spada)
Marrano!

DUCA (a Ceprano)
Fermate!

RIGOLETTO
Da rider mi fa.

MARULLO, CORO (tra loro)
In furia è montato!

DUCA (a Rigoletto)
Buffone, vien qua.

BORSA, MARULLO, CORO
In furia è montato!

DUCA
Ah, sempre tu spingi lo scherzo all’estremo.
Quell’ira che sfidi colpirti potrà.

CEPRANO (ai cortigiani a parte)
Vendetta del pazzo!

RIGOLETTO
Che coglier mi puote? Di loro non temo;
del Duca un protetto nessun toccherà.

CEPRANO
Contr’esso un rancore
di noi chi non ha?
Vendetta!

BORSA, MARULLO, CORO (a Ceprano)
Ma come?

CEPRANO
In armi chi ha core
doman sia da me.

BORSA, MARULLO, CORO
Sì.

CEPRANO
A notte.

BORSA, MARULLO, CORO
Sarà.

RIGOLETTO
Che coglier mi puote? ecc.

DUCA
Ah, sempre tu spingi lo scherzo, ecc.

BORSA, CEPRANO, MARULLO, CORO
Vendetta del pazzo!
Contr’esso un rancore
pei tristi suoi modi
di noi chi non ha?
Sì, vendetta! ecc.
Sì, vendetta!

DUCA, RIGOLETTO
Tutto è gioia, tutto è festa!
(La folla de’ danzatori invade la scena.)

TUTTI
Tutto è gioia, tutto è festa!
Tutto invitaci a goder!
Oh, guardate, non par questa
or la reggia del piacer?
(Entra il Conte di Monterone.)

MONTERONE
Ch’io gli parli.

DUCA
No.

MONTERONE (avanzando)
Il voglio.

BORSA, RIGOLETTO, MARULLO, CEPRANO, CORO
Monterone!

MONTERONE
(fissando il Duca, con nobile orgoglio)
Sì, Monteron. La voce mia qual tuono
vi scuoterà dovunque...

RIGOLETTO
(al Duca, contraffacendo la voce di Monterone)
Ch’io gli parli.
(Si avanza con ridicola gravità.)
Voi congiuraste contro noi, signore,
e noi, clementi invero, perdonammo.

Qual vi piglia or delirio a tutte l’ore
di vostra figlia a reclamar l’onore?

MONTERONE
(guardando Rigoletto con ira sprezzante)
Novello insulto!
(al Duca)
Ah sì, a turbare
sarò vostr’orgie; verrò a gridare
fino a che vegga restarsi inulto
di mia famiglia l’atroce insulto;
e se al carnefice pur mi darete,
spettro terribile mi rivedrete,
portante in mano il teschio mio,
vendetta chiedere al mondo e a Dio.

DUCA
Non più, arrestatelo.

RIGOLETTO
È matto.

CORO
Quai detti!

MONTERONE (al Duca e Rigoletto)
Oh, siate entrambi voi maledetti!

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Ah!

MONTERONE
Slanciare il cane a leon morente
è vile, o Duca.

(a Rigoletto)
E tu, serpente,
tu che d’un padre ridi al dolore,
sii maledetto!

RIGOLETTO (da sé, colpito)
Che sento! orrore!

TUTTI (meno Rigoletto)
(a Monterone)
O tu che la festa audace hai turbato
da un genio d’inferno qui fosti guidato;
è vano ogni detto, di qua t’allontana,
va, trema, o vegliardo, dell’ira sovrana, ecc.

RIGOLETTO
Orrore!
Che orrore! ecc.

MONTERONE
Sii maledetto! E tu serpente! ecc.

TUTTI (meno Rigoletto)
Tu l’hai provocata, più speme von v’è,
un’ora fatale fu questa per te.
(Monterone parte fra due alabardieri; tutti gli altri
seguono il Duca in altra stanza.)

Scena 2

L’estremità d’una via cieca
(A sinistra, una casa di discreta apparenza con una
piccola corte circondata da mura. Nella corte un
grosso ed alto albero ed un sedile di marmo; nel muro,
una porta che mette alla strada; sopra il muro, un
terrazzo sostenuto da arcate. La porta del primo piano
dà sul detto terrazzo, a cui si ascende per una scala di
fronte. A destra della via è il muro altissimo del
giardino e un fianco del palazzo di Ceprano. È notte.
Entra Rigoletto chiuso nel suo mantello; Sparafucile lo
segue, portando sotto il mantello una lunga spada.)


RIGOLETTO (da sé)
Quel vecchio maledivami!

SPARAFUCILE
Signor?...

RIGOLETTO
Va, non ho niente.

SPARAFUCILE
Né il chiesi: a voi presente
un uom di spada sta.

RIGOLETTO
Un ladro?

SPARAFUCILE
Un uom che libera
per poco da un rivale,
e voi ne avete.

RIGOLETTO
Quale?

SPARAFUCILE
La vostra donna è là.

RIGOLETTO (da sé)
Che sento!
(a Sparafucile)
E quanto spendere
per un signor dovrei?

SPARAFUCILE
Prezzo maggior vorrei.

RIGOLETTO
Com’usasi pagar?

SPARAFUCILE
Una metà s’anticipa, il resto si dà poi.

RIGOLETTO (da sé)
Demonio!
(a Sparafucile)
E come puoi
tanto securo oprar?

SPARAFUCILE
Soglio in cittade uccidere,
oppure nel mio tetto.
L’uomo di sera aspetto;
una stoccata e muor.

RIGOLETTO (da sé)
Demonio!
(a Sparafucile)
E come in casa?

SPARAFUCILE
È facile.
M’aiuta mia sorella.
Per le vie danza...è bella...
Chi voglio attira, e allor...

RIGOLETTO
Comprendo.

SPARAFUCILE
Senza strepito...

RIGOLETTO
Comprendo.

SPARAFUCILE
È questo il mio strumento.
(Mostra la spada.)
Vi serve?

RIGOLETTO
No...al momento.

SPARAFUCILE
Peggio per voi.

RIGOLETTO
Chi sa?

SPARAFUCILE
Sparafucil mi nomino.

RIGOLETTO
Straniero?

SPARAFUCILE (per andarsene)
Borgognone.

RIGOLETTO
E dove all’occasione?

SPARAFUCILE
Qui sempre a sera.

RIGOLETTO
Va.

SPARAFUCILE
Sparafucil, Sparafucil.
(Sparafucile parte.)

RIGOLETTO (guarda dietro a Sparafucile)
Va, va, va, va.
Pari siamo!...io la lingua,
egli ha il pugnale.
L’uomo son io che ride,
ei quel che spegne!
Quel vecchio maledivami...
O uomini! o natura!
Vil scellerato mi faceste voi!
O rabbia! esser difforme, esser buffone!
Non dover, non poter altro che ridere!
Il retaggio d’ogni uom m’è tolto, il pianto.

Questo padrone mio,
giovin, giocondo, sì possente, bello,
sonnecchiando mi dice:
Fa ch’io rida, buffone!
Forzarmi deggio e farlo! Oh dannazione!
Odio a voi, cortigiani schernitori!
Quanta in mordervi ho gioia!
Se iniquo son, per cagion vostra è solo.
Ma in altr’uomo qui mi cangio!...
Quel vecchio maledivami!...Tal pensiero
perché conturba ognor la mente mia?
Mi coglierà sventura?
Ah no, è follia!
(Apre con chiave ed entra nel cortile. Gilda esce dalla
casa e si getta nelle sue braccia.)
Figlia!

GILDA
Mio padre!

RIGOLETTO
A te d’appresso
trova sol gioia il core oppresso.

GILDA
Oh, quanto amore, padre mio!

RIGOLETTO
Mia vita sei!
Senza te in terra qual bene avrei?
Ah, figlia mia!

GILDA
Voi sospirate! che v’ange tanto?
Lo dite a questa povera figlia.
Se v’ha mistero, per lei sia franto:
ch’ella conosca la sua famiglia.

RIGOLETTO
Tu non ne hai.

GILDA
Qual nome avete?

RIGOLETTO
A te che importa?

GILDA
Se non volete
di voi parlarmi...

RIGOLETTO (interrompendola)
Non uscir mai.

GILDA
Non vo che al tempio.

RIGOLETTO
Oh, ben tu fai.

GILDA
Se non di voi, almen chi sia
fate ch’io sappia la madre mia.

RIGOLETTO
Deh, non parlare al misero
del suo perduto bene.

Ella sentia, quell’angelo,
pietà delle mie pene.
Solo, difforme, povero,
per compassion mi amò.
Morìa...le zolle coprano
lievi quel capo amato.
Sola or tu resti al misero...
O Dio, sii ringraziato!

GILDA (singhiozzando)
Oh quanto dolor! che spremere
sì amaro pianto può?
Padre, non più, calmatevi...
Mi lacera tal vista.

RIGOLETTO
Tu sola resti al misero, ecc.

GILDA
Il nome vostro ditemi,
il duol che sì v’attrista.

RIGOLETTO
A che nomarmi? è inutile!
Padre ti sono, e basti.
Me forse al mondo temono,
d’alcuno ho forse gli asti.
Altri mi maledicono...

GILDA
Patria, parenti, amici
voi dunque non avete?

RIGOLETTO
Patria! parenti! amici!
Culto, famiglia, la patria,
il mio universo è in te!

GILDA
Ah, se può lieto rendervi,
gioia è la vita a me!

RIGOLETTO
Culto, famiglia, ecc.

GILDA
Già da tre lune son qui venuta
né la cittade ho ancor veduta;
se il concedete, farlo or potrei...

RIGOLETTO
Mai! mai! Uscita, dimmi, unqua sei?

GILDA
No.

RIGOLETTO
Guai!

GILDA (da sé)
Ah! Che dissi!

RIGOLETTO
Ben te ne guarda!
(da sé)
Potrien seguirla, rapirla ancora!
Qui d’un buffone si disonora
la figlia e se ne ride...Orror!

(forte)
Olà?
(Giovanna esce dalla casa.)

GIOVANNA
Signor?

RIGOLETTO
Venendo mi vede alcuno?
Bada, di’ il vero.

GIOVANNA
Oh, no, nessuno.

RIGOLETTO
Sta ben. La porta che dà al bastione
è sempre chiusa?

GIOVANNA
Ognor si sta.

RIGOLETTO
Bada, di’ il ver.
Ah, veglia, o donna, questo fiore
che a te puro confidai;
veglia, attenta, e non fia mai
che s’offuschi il suo candor.
Tu dei venti dal furore
ch’altri fiori hanno piegato,
lo difendi, e immacolato
lo ridona al genitor.

GILDA
Quanto affetto! quali cure!
Che temete, padre mio?

Lassù in cielo presso Dio
veglia un angiol protettor.
Da noi stoglie le sventure
di mia madre il priego santo;
non fia mai disvelto o franto
questo a voi diletto fior.
(Il Duca in costume borghese viene dalla strada.)

RIGOLETTO
Ah, veglia, o donna, questo fiore
che a te puro confi...
Alcun v’è fuori!
(Apre la porta della corte e, mentre esce a guardar
sulla strada, il Duca guizza furtivo nella corte e si
nasconde dietro l’albero; gettando a Giovanna una
borsa la fa tacere.)

GILDA
Cielo!
Sempre novel sospetto!

RIGOLETTO (a Giovanna tornando)
Alla chiesa vi seguiva mai nessuno?

GIOVANNA
Mai.

DUCA (da sé)
Rigoletto!

RIGOLETTO
Se talor qui picchian,
guardatevi d’aprire...

GIOVANNA
Nemmeno al Duca?

RIGOLETTO
Non che ad altri a lui.
Mia figlia, addio.

DUCA (da sé)
Sua figlia!

GILDA
Addio, mio padre.

RIGOLETTO
Ah! veglia, o donna, ecc.
Figlia, addio!

GILDA
Oh, quanto affetto! ecc.
Mio padre, addio!
(S’abbracciano e Rigoletto parte chiudendosi dietro la
porta. Gilda, Giovanna e il Duca restano nella corte.)

GILDA
Giovanna, ho dei rimorsi...

GIOVANNA
E perché mai?

GILDA
Tacqui che un giovin
ne seguiva al tempio.

GIOVANNA
Perché ciò dirgli? L’odiate dunque
cotesto giovin, voi?

GILDA
No, no, ché troppo è bello
e spira amore.

GIOVANNA
E magnanimo sembra e gran signore.

GILDA
Signor né principe io lo vorrei;
sento che povero più l’amerei.
Sognando o vigile sempre lo chiamo,
e l’alma in estasi gli dice: t’a...

DUCA
(esce improvviso, fa cenno a Giovanna d’andarsene, e
inginocchiandosi ai piedi di Gilda termina la frase)
T’amo!
T’amo; ripetilo sì caro accento:
un puro schiudimi ciel di contento!

GILDA
Giovanna? Ahi, misera! Non v’è più alcuno
che qui rispondami! Oh Dio! nessuno?

DUCA
Son io coll’anima che ti rispondo.
Ah, due che s’amano son tutto un mondo!

GILDA
Chi mai, chi giungere vi fece a me?

DUCA
Se angelo o demone, che importa a te?
Io t’amo.

GILDA
Uscitene.

DUCA
Uscire!...adesso!...
Ora che accendene un fuoco istesso!
Ah, inseparabile d’amore il dio
stringeva, o vergine, tuo fato al mio!
È il sol dell’anima, la vita è amore,
sua voce è il palpito del nostro core.
E fama e gloria, potenza e trono,
umane, fragili qui cose sono,
una pur avvene sola, divina:
è amor che agl’angeli più ne avvicina!
Adunque amiamoci, donna celeste;
d’invidia agli uomini sarò per te.

GILDA (da sé)
Ah, de’ miei vergini sogni son queste
le voci tenere sì care a me! ecc.

DUCA
Amiamoci,
d’invidia agl’uomini sarò per te, ecc.
Che m’ami, deh, ripetimi.

GILDA
L’udiste.

DUCA
Oh, me felice!

GILDA
Il nome vostro ditemi...
Saperlo a me non lice?
(Ceprano e Borsa compariscono sulla strada.)

CEPRANO (a Borsa)
Il loco è qui.

DUCA (pensando)
Mi nomino...

BORSA (a Ceprano)
Sta ben.
(Ceprano e Borsa partono.)

DUCA
Gualtier Maldè.
Studente sono, e povero...

GIOVANNA (tornando spaventata)
Rumor di passi è fuori!

GILDA
Forse mio padre...

DUCA (da sé)
Ah, cogliere potessi il traditore
che sì mi sturba!

GILDA
Adducilo
di qua al bastione...or ite...

DUCA
Di’, m’amerai tu?

GILDA
E voi?

DUCA
L’intera vita...poi...

GILDA
Non più, non più...partite.

TUTT’E DUE
Addio! speranza ed anima
sol tu sarai per me.
Addio! vivrà immutabile
l’affetto mio per te.
Addio, ecc.
(Il Duca esce scortato da Giovanna. Gilda resta
fissando la porta ond’è partito.)

GILDA (sola)
Gualtier Maldè...nome di lui sì amato,
ti scolpisci nel core innamorato!
Caro nome che il mio cor
festi primo palpitar,
le delizie dell’amor
mi dêi sempre rammentar!
Col pensier il mio desir
a te sempre volerà,
e fin l’ultimo mio sospir,
caro nome, tuo sarà.
Col pensier, ecc.
(Sale al terrazzo con una lanterna.)
Gualtier Maldè!

(Marullo, Ceprano, Borsa, cortigiani, armati e
mascherati, vengono dalla via. Gilda entra tosto in
casa.)
Caro nome, ecc.

BORSA
È là.

CEPRANO
Miratela.

CORO
Oh quanto è bella!

MARULLO
Par fata od angiol.

CORO
L’amante è quella
di Rigoletto.
Oh, quanto è bella!
(Rigoletto, concentrato, entra.)

RIGOLETTO (da sé)
Riedo!...perché?

BORSA
Silenzio. All’opra...badate a me.

RIGOLETTO (da sé)
Ah, da quel vecchio fui maledetto!
(urta in Borsa)
Chi va là?

BORSA (ai compagni)
Tacete...c’è Rigoletto.

CEPRANO
Vittoria doppia! l’uccideremo.

BORSA
No, ché domani più rideremo.

MARULLO
Or tutto aggiusto...

RIGOLETTO
Chi parla qua?

MARULLO
Ehi, Rigoletto?...Di’?

RIGOLETTO
Chi va là?

MARULLO
Eh, non mangiarci!...Son...

RIGOLETTO
Chi?

MARULLO
Marullo.

RIGOLETTO
In tanto buio lo sguardo è nullo.

MARULLO
Qui ne condusse ridevol cosa...
Torre a Ceprano vogliam la sposa.

RIGOLETTO (da sé)
Ahimè! respiro!
(a Marullo)
Ma come entrare?

MARULLO (a Ceprano)
La vostra chiave!
(a Rigoletto)
Non dubitare.
Non dee mancarci lo stratagemma...
(Gli dà la chiave avuta da Ceprano.)
Ecco la chiave.

RIGOLETTO (palpando)
Sento il suo stemma.
(da sé)
Ah, terror vano fu dunque il mio!
(a Marullo)
N’è là il palazzo. Con voi son io.

MARULLO
Siam mascherati...

RIGOLETTO
Ch’io pur mi mascheri;
a me una larva.

MARULLO
Sì, pronta è già.

(Gli mette una maschera e nello stesso tempo lo benda
con un fazzoletto, e lo pone a reggere una scala, che
hanno appostata al terrazzo.)

Terrai la scala.

RIGOLETTO
Fitta è la tenebra.

MARULLO
La benda cieco e sordo il fa.

CORO
Zitti, zitti, moviamo a vendetta;
ne sia colto or che meno l’aspetta.
Derisore sì audace e costante
a sua volta schernito sarà!
Cheti, cheti, rubiamgli l’amante
e la Corte doman riderà.
Cheti, cheti, ecc.
Derisore sì audace, ecc.
Zitti, zitti, zitti, zitti,
cheti, cheti, cheti, cheti,
attenti all’opra, all’opra.
(Alcuni salgono al terrazzo, rompono la porta del primo
piano, scendono, aprono ad altri che entrano dalla
strada e riescono trascinando Gilda, la quale ha la
bocca chiusa da un fazzoletto; nel traversare la scena
ella perde una sciarpa.)

GILDA (da lontano)
Soccorso, padre mio!

CORO (da lontano)
Vittoria!

GILDA (più lontano)
Aita!

RIGOLETTO
Non han finito ancor!...qual derisione!
(Si tocca gli occhi.)
Sono bendato!
Gilda!...Gilda!
(Si strappa impetuosamente la benda e la maschera, ed
al chiarore d’una lanterna scordata riconosce la
sciarpa, vede la porta aperta: entra, ne trae Giovanna
spaventata; la fissa con istupore, si strappa i capelli
senza poter gridare; finalmente, dopo molti sforzi,
esclama:)
Ah! la maledizione!
(Sviene.)

ATTO SECONDO

Salotto nel palazzo ducale
(Vi sono due porte laterali, una maggiore nel fondo che
si chiude. Ai suoi lati pendono i ritratti, in tutta figura,
a sinistra del Duca, a destra della sua sposa. V’ha un
seggiolone presso una tavola coperta di velluto e altri
mobili.)

DUCA (entrando, agitato)
Ella mi fu rapita!
E quando, o ciel?...ne’ brevi
istanti, prima che il mio presagio interno
sull’orma corsa ancora mi spingesse!

Schiuso era l’uscio! E la magion deserta!
E dove ora sarà quell’angiol caro?
Colei che prima potè in questo core
destar la fiamma di costanti affetti?
Colei sì pura, al cui modesto sguardo
quasi spinto a virtù talor mi credo!
Ella mi fu rapita!
E chi l’ardiva?...ma ne avrò vendetta.
Lo chiede il pianto della mia diletta.
Parmi veder le lagrime
scorrenti da quel ciglio,
quando fra il dubbio e l’ansia
del subito periglio,
dell’amor nostro memore
il suo Gualtier chiamò.
Ned ei potea soccorrerti,
cara fanciulla amata;
ei che vorria coll’anima
farti quaggiù beata;
ei che le sfere agli angeli
per te non invidiò.
Ei che le sfere, ecc.
(Marullo, Ceprano, Borsa ed altri cortigiani entrano dal
mezzo.)

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Duca, Duca!

DUCA
Ebben?

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
L’amante
fu rapita a Rigoletto.

DUCA
Come? E d’onde?

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Dal suo tetto.

DUCA
Ah! Ah! dite, come fu?

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Scorrendo uniti remota via,
brev’ora dopo caduto il dì,
come previsto ben s’era in pria,
rara beltà ci si scoprì.
Era l’amante di Rigoletto,
che vista appena si dileguò.
Già di rapirla s’avea il progetto,
quando il buffone ver noi spuntò;
che di Ceprano noi la contessa
rapir volessimo, stolto, credè;
la scala, quindi, all’uopo messa,
bendato ei stesso ferma tenè.
La scala, quindi, ecc.
Salimmo, e rapidi la giovinetta
a noi riusciva quindi asportar.

DUCA (da sé)
Cielo!

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Quand’ei s’accorse della vendetta
restò scornato ad imprecar.

DUCA (da sé)
È dessa, la mia diletta!

(forte)
Ma dove or trovasi la poveretta?

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Fu da noi stessi addotta or qui.

DUCA (da sé)
Ah, tutto il ciel non mi rapì!
(Esce rapidamente. Rigoletto entra cantarellando con
represso dolore.)

MARULLO
Povero Rigoletto!

RIGOLETTO
La rà, la rà, la rà, ecc.

CORO
Ei vien...Silenzio.

RIGOLETTO
La rà, la rà, la rà, la rà, ecc.

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Oh, buon giorno, Rigoletto.

RIGOLETTO (da sé)
Han tutti fatto il colpo!

CEPRANO
Ch’hai di nuovo, buffon?

RIGOLETTO
Ch’hai di nuovo, buffon?
Che dell’usato
più noioso voi siete.

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Ah! ah! ah!

RIGOLETTO
La rà, la rà, la rà, ecc.
(spiando inquieto dovunque, da sé)
Ove l’avran nascosta?...

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO (fra loro)
Guardate com’è inquieto!

RIGOLETTO
La rà, la rà, la rà, ecc.

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Sì! Guardate com’è inquieto!

RIGOLETTO (a Marullo)
Son felice
che nulla a voi nuocesse
l’aria di questa notte...

MARULLO
Questa notte!

RIGOLETTO
Sì...Ah, fu il bel colpo!

MARULLO
S’ho dormito sempre!

RIGOLETTO
Ah, voi dormiste! Avrò dunque sognato!
La rà, la rà, la rà, ecc.
(S’allontana e vedendo un fazzoletto sopra una tavola
ne osserva inquieto la cifra.)

CORO (fra loro)
Ve’ come tutto osserva!

RIGOLETTO
(gettandolo; fra sé)
Non è il suo.
(forte)
Dorme il Duca tuttor?

CORO
Sì, dorme ancora.
(Comparisce un paggio della Duchessa.)

PAGGIO
Al suo sposo parlar vuol la Duchessa.

CEPRANO
Dorme.

PAGGIO
Qui or or con voi non era?

BORSA
È a caccia.

PAGGIO
Senza paggi! senz’armi!

TUTTI
E non capisci
che per ora vedere non può alcuno?

RIGOLETTO
(che a parte è stato attentissimo al dialogo, balzando
improvviso tra loro prorompe:)
Ah, ell’è qui dunque! Ell’è col Duca!

TUTTI
Chi?

RIGOLETTO
La giovin che stanotte
al mio tetto rapiste.
Ma la saprò riprender.
Ella è là!

TUTTI
Se l’amante perdesti,
la ricerca altrove.

RIGOLETTO
Io vo’ mia figlia!

TUTTI
La sua figlia!

RIGOLETTO
Sì, la mia figlia! d’una tal vittoria,
che? adesso non ridete?
Ella è là...la vogl’io...la renderete.
(Corre verso la porta di mezzo, ma i cortigiani gli
attraversano il passaggio.)

Cortigiani, vil razza dannata,
per qual prezzo vendeste il mio bene?
A voi nulla per l’oro sconviene,
ma mia figlia è impagabil tesor.
La rendete...o, se pur disarmata,
questa man per voi fora cruenta;
nulla in terra più l’uomo paventa,
se dei figli difende l’onor.
Quella porta, assassini, m’aprite!
(Si getta ancor sulla porta che gli è nuovamente
contesa dai gentiluomini; lotta alquanto, poi ritorna
spossato.)
La porta, la porta, assassini, m’aprite.
Ah! voi tutti a me contro venite!
Tutti contro me!
(piange)
Ah! Ebben, piango. Marullo, signore,
tu ch’hai l’alma gentil come il core,
dimmi tu dove l’hanno nascosta?
Marullo, signore, dimmi tu dove l’hanno nascosta?
È là...non è vero?...È là?...
non è vero?...è là?...non è vero?
Tu taci!...ohimè!
Miei signori, perdono, pietate!
Al vegliardo la figlia ridate!
Ridonarla a voi nulla ora costa,
tutto al mondo tal figlia è per me.
Signori, perdono, ecc.
(Gilda esce dalla stanza a sinistra e si getta nelle
paterne braccia.)

GILDA
Mio padre!

RIGOLETTO
Dio! mia Gilda!
Signori, in essa è tutta
la mia famiglia.
Non temer più nulla, angelo mio...
(ai cortigiani)
Fu scherzo, non è vero?
Io, che pur piansi, or rido.
(a Gilda)
E tu a che piangi?

GILDA
Ah, l’onta, padre mio!

RIGOLETTO
Cielo! che dici?

GILDA
Arrossir voglio innanzi a voi soltanto...

RIGOLETTO (ai cortigiani)
Ite di qua voi tutti!
Se il Duca vostro d’appressarsi osasse,
ch’ei non entri, gli dite, e ch’io qui sono.

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
(fra loro)
Coi fanciulli e co’ dementi
spesso giova il simular;
partiam pur, ma quel ch’ei tenti
non lasciamo d’osservar.
(Escono.)

RIGOLETTO
Parla...siam soli.

GILDA (da sé)
Ciel! dammi coraggio!
(a Rigoletto)
Tutte le feste al tempio
mentre pregava Iddio,
bello e fatale un giovine
offriasi al guardo mio...
Se i labbri nostri tacquero,
dagli occhi il cor parlò.
Furtivo fra le tenebre
sol ieri a me giungeva...
“Sono studente e povero”,
commosso mi diceva,
e con ardente palpito
amor mi protestò.
Partì...il mio core aprivasi
a speme più gradita,
quando improvvisi apparvero
color che m’han rapita,
e a forza qui m’addussero
nell’ansia più crudel.

RIGOLETTO (da sé)
Ah! Solo per me l’infamia
a te chiedeva, o Dio...
ch’ella potesse ascendere
quanto caduto er’io.
Ah, presso del patibolo
bisogna ben l’altare!
Ma tutto ora scompare,
l’altar si rovesciò!
(a Gilda)
Piangi, fanciulla, piangi...

GILDA
Padre!

RIGOLETTO
...scorrer fa il pianto sul mio cor.

GILDA
Padre, in voi parla un angiol
per me consolator, ecc.

RIGOLETTO
Piangi, fanciulla, ecc.
Compiuto pur quanto a fare mi resta,
lasciare potremo quest’aura funesta.

GILDA
Sì.

RIGOLETTO (da sé)
E tutto un sol giorno cangiare potè!
(Entra un usciere ed il Conte di Monterone, che
attraversa il fondo della sala fra gli alabardieri.)

USCIERE
Schiudete: ire al carcere Monteron dee.

MONTERONE
(fermandosi verso il ritratto)
Poiché fosti invano da me maledetto,
né un fulmine o un ferro
colpisce il tuo petto,
felice pur anco, o Duca, vivrai.
(Esce fra le guardie dal mezzo.)

RIGOLETTO
No, vecchio, t’inganni...un vindice avrai.
(Si volge con impeto al ritratto.)
Sì, vendetta, tremenda vendetta
di quest’anima è solo desio.
Di punirti già l’ora s’affretta,
che fatale per te suonerà.
Come fulmin scagliato da Dio,
te colpire il buffone saprà.

GILDA
O mio padre, qual gioia feroce
balenarvi negli occhi vegg’io!

RIGOLETTO
Vendetta!

GILDA
Perdonate: a noi pure una voce
di perdono dal cielo verrà.

RIGOLETTO
Vendetta!

GILDA
Perdonate...

RIGOLETTO
No!

GILDA (fra sé)
Mi tradiva, pur l’amo; gran Dio,
per l’ingrato ti chiedo pietà!

RIGOLETTO
Come fulmin scagliato, ecc.

GILDA
Perdonate, ecc.
(Escono dal mezzo.)


ATTO TERZO

La sponda destra del Mincio
(A sinistra è una casa a due piani, mezzo diroccata, la
cui fronte lascia vedere per una grande arcata l’interno
d’una rustica osteria al pian terreno, ed una rozza
scala che mette al granaio, entro cui, da un balcone
senza imposte, si vede un lettuccio. Nella facciata che
guarda la strada è una porta che s’apre per di dentro; il
muro poi è sì pieno di fessure, che dal di fuori si può
facilmente scorgere quanto avviene nell’interno. In
fondo, la deserta parte del Mincio, che scorre dietro un
parapetto in mezza ruina; di là dal fiume è Mantova. È
notte. Gilda e Rigoletto inquieti sono sulla strada,
Sparafucile nell’interno dell’osteria)


RIGOLETTO
E l’ami?

GILDA
Sempre.

RIGOLETTO
Pure tempo a guarirne t’ho lasciato.

GILDA
Io l’amo.

RIGOLETTO
Povero cor di donna! Ah, il vile infame!
Ma ne avrai vendetta, o Gilda.

GILDA
Pietà, mio padre!

RIGOLETTO
E se tu certa fossi
ch’ei ti tradisse, l’ameresti ancora?

GILDA
Nol so, ma pur m’adora.

RIGOLETTO
Egli?

GILDA
Sì.

RIGOLETTO
Ebben, osserva dunque.
(La conduce presso una delle fessure del muro, ed ella
vi guarda.)

GILDA
Un uomo vedo.

RIGOLETTO
Per poco attendi.
(Il Duca, in assisa di semplice ufficiale di cavalleria,
entra nella sala terrena per una porta a sinistra.)

GILDA (trasalendo)
Ah, padre mio!

DUCA (a Sparafucile)
Due cose e tosto...

SPARAFUCILE
Quali?

DUCA
Una stanza e del vino!

RIGOLETTO
Son questi i suoi costumi!

SPARAFUCILE
Oh, il bel zerbino!
(Entra nella stanza vicina.)

DUCA
La donna è mobile
qual piuma al vento,
muta d’accento
e di pensier.
Sempre un amabile
leggiadro viso,
in pianto o in riso
è menzognero.
La donna è mobile, ecc.
È sempre misero
chi a lei s’affida,
chi le confida
mal cauto il cor!
Pur mai non sentesi
felice appieno

chi su quel seno
non liba amor!
La donna è mobile, ecc.
(Sparafucile rientra con una bottiglia di vino e due
bicchieri che depone sulla tavola: quindi batte col
pomo della sua lunga spada due colpi al soffitto. A
quel segnale una ridente giovane, in costume di
zingara, scende a salti la scala. Il Duca corre per
abbracciarla, ma ella gli sfugge. Frattanto Sparafucile,
uscito sulla via, dice a parte a Rigoletto:)

SPARAFUCILE
È là il vostr’uomo. Viver dee o morire?

RIGOLETTO
Più tardi tornerò l’opra a compire.
(Sparafucile s’allontana dietro la casa verso il fiume.)

DUCA
Un dì, se ben rammentomi,
o bella, t’incontrai...
Mi piacque di te chiedere
e intesi che qui stai.
Or sappi che d’allora
sol te quest’alma adora.

GILDA (da sé)
Iniquo!

MADDALENA
Ah! Ah!...e vent’altre appresso
le scorda forse adesso?

Ha un’aria il signorino
da vero libertino.

DUCA
Sì, un mostro son.

GILDA
Ah, padre mio!

MADDALENA
Lasciatemi, stordito!

DUCA
Ah, che fracasso!

MADDALENA
Stia saggio!

DUCA
E tu sii docile,
non farmi tanto, chiasso.
Ogni saggezza chiudesi
nel gaudio e nell’amore.
(Le prende la mano.)
La bella mano candida!

MADDALENA
Scherzate voi, signore.

DUCA
No, no.

MADDALENA
Son brutta.

DUCA
Abbracciami.

GILDA (da sé)
Iniquo!

MADDALENA
Ebbro!

DUCA
D’amore ardente.

MADDALENA
Signor l’indifferente,
vi piace canzonar?

DUCA
No, no, ti vo’ sposar...

MADDALENA
Ne voglio la parola.

DUCA (ironico)
Amabile figliuola!

RIGOLETTO (a Gilda che avrà tutto osservato ed inteso)
E non ti basta ancor?

GILDA
Iniquo traditor! ecc.

MADDALENA
Ne voglio la parola! ecc.

DUCA
Amabile figliuola! ecc.

RIGOLETTO
E non ti basta ancor? ecc.

DUCA
Bella figlia dell’amore,
schiavo son dei vezzi tuoi;
con un detto sol tu puoi
le mie pene consolar.
Vieni e senti del mio core
il frequente palpitar.
Con un detto, ecc.

MADDALENA
Ah! ah! rido ben di core,
che tai baie costan poco...

GILDA
Ah, così parlar d’amore...

MADDALENA
...quanto valga il vostro gioco,
mel credete, so apprezzar.

GILDA
...a me l’infame ho udito!

RIGOLETTO (a Gilda)
Taci, il piangere non vale, ecc.

GILDA
Infelice cor tradito,
per angoscia non scoppiar.

MADDALENA
Son avvezza, bel signore,
ad un simile scherzar,
mio bel signor!

DUCA
Con un detto sol tu puoi
le mie pene consolar.

GILDA
Infelice cor tradito,
per angoscia non scoppiar, ecc.

MADDALENA
Ah! Ah! Rido ben di core!
Che tai baie costan poco, ecc.

DUCA
Bella figlia dell’amore,
schiavo son de’ vezzi tuoi, ecc.

RIGOLETTO (a Gilda)
Ch’ei mentiva sei sicura.
Taci, e mia sarà la cura
la vendetta d’affrettar.
Pronta fia, sarà fatale,
io saprollo fulminar, ecc.
M’odi! Ritorna a casa.
Oro prendi, un destriero,
una veste viril che t’apprestai,
e per Verona parti.
Sarovvi io pur doman.

GILDA
Or venite...

RIGOLETTO
Impossibil.

GILDA
Tremo.

RIGOLETTO
Va.
(Il Duca e Maddalena stanno sempre fra loro parlando,
ridendo, bevendo. Partita Gilda, Rigoletto va dietro la
casa, e ritorna parlando con Sparafucile e contandogli
delle monete.)
Venti scudi hai tu detto? Eccone dieci,
e dopo l’opra il resto.
Ei qui rimane?

SPARAFUCILE
Sì.

RIGOLETTO
Alla mezzanotte ritornerò.

SPARAFUCILE
Non cale;
a gettarlo nel fiume basto io solo.

RIGOLETTO
No, no; il vo’ far io stesso.

SPARAFUCILE
Sia...il suo nome?

RIGOLETTO
Vuoi sapere anche il mio?
Egli è Delitto, Punizion son io.
(Parte; il cielo si oscura e tuona.)

SPARAFUCILE
La tempesta è vicina!
Più scura fia la notte.

DUCA
Maddalena?
(per prenderla)

MADDALENA (sfuggendogli)
Aspettate...mio fratello viene.

DUCA
Che importa?

MADDALENA
Tuona!

SPARAFUCILE (entrando)
E pioverà tra poco.

DUCA
Tanto meglio.
Tu dormirai in scuderia...
all’inferno...ove vorrai.

SPARAFUCILE
Oh, grazie.

MADDALENA (piano al Duca)
Ah no!...partite.

DUCA (a Maddalena)
Con tal tempo?

SPARAFUCILE (piano a Maddalena)
Son venti scudi d’oro.
(al Duca)
Ben felice d’offrirvi la mia stanza.
Se a voi piace tosto a vederla andiamo.
(Prende un lume e s’avvia per la scala.)

DUCA
Ebben, sono con te...presto, vediamo.
(Dice una parola all’orecchio di Maddalena e segue
Sparafucile.)

MADDALENA
Povero giovin!...grazioso tanto!
Dio! qual notte è questa!

DUCA
(giunto al granaio, vedendone il balcone senza imposte.)
Si dorme all’aria aperta? Bene, bene.
Buona notte.

SPARAFUCILE
Signor, vi guardi Iddio.

DUCA
Breve sonno dormiam; stanco son io.
(Depone il cappello, la spada e si stende sul letto.
Maddalena frattanto siede presso la tavola.
Sparafucile beve dalla bottiglia lasciata dal Duca.
Rimangono ambedue taciturni per qualche istante, e
preoccupati da gravi pensieri.)

La donna è mobile,
qual piuma al vento,
muta d’accento
e di pensiero...
muta d’accento
e di pen...
la donna...è mobil...ecc.
(s’addormenta)

MADDALENA
È amabile invero
cotal giovinotto.

SPARAFUCILE
Oh sì...venti scudi
ne dà di prodotto.

MADDALENA
Sol venti!...son pochi!
valeva di più.

SPARAFUCILE
La spada, s’ei dorme,
va, portami giù.
(Maddalena sale al granaio e contempla il dormente,
poi ripara alla meglio il balcone e scende portando con
sé la spada. Nel frattempo Gilda comparisce nel fondo
della via in costume virile, con stivali e speroni, e
lentamente si avanza verso l’osteria, mentre
Sparafucile continua a bere. Spessi lampi e tuoni.)

GILDA (da sé)
Ah, più non ragiono!
Amor mi trascina...

mio padre, perdono!
(tuono)
Qual notte d’orrore!
Gran Dio, che accadrà?

MADDALENA
(posata la spada del Duca sulla tavola)
Fratello?

GILDA (osservando per la fessura)
Chi parla?

SPARAFUCILE (frugando in un credenzone)
Al diavol ten va!

MADDALENA
Somiglia un Apollo,
quel giovane, io l’amo,
ei m’ama...riposi...
né più l’uccidiamo.

GILDA (ascoltando)
Oh cielo!

SPARAFUCILE (gettandole un sacco)
Rattoppa quel sacco!

MADDALENA
Perché?

SPARAFUCILE
Entr’esso il tuo Apollo, sgozzato da me,
gettar dovrò al fiume.

GILDA
L’inferno qui vedo!

MADDALENA
Eppure il denaro salvarti scommetto
serbandolo in vita.

SPARAFUCILE
Difficile il credo.

MADDALENA
M’ascolta...anzi facil ti svelo un progetto.
De’ scudi già dieci dal gobbo ne avesti;
venire cogli altri più tardi il vedrai...
Uccidilo, e venti...

GILDA
Che sento!

MADDALENA
...allor ne avrai...

GILDA
Mio padre!

MADDALENA
...così tutto il prezzo goder si potrà.

SPARAFUCILE
Uccider quel gobbo! che diavol dicesti!
Un ladro son forse? Son forse un bandito?
Qual altro cliente da me fu tradito?
Mi paga quest’uomo, fedele m’avrà.

MADDALENA
Ah, grazia per esso!

SPARAFUCILE
È d’uopo ch’ei muoia.

MADDALENA
Fuggire il fo adesso.
(Va per salire.)

GILDA
Oh, buona figliuola!

SPARAFUCILE (trattenendola)
Gli scudi perdiamo.

MADDALENA
È ver!

SPARAFUCILE
Lascia fare.

MADDALENA
Salvarlo dobbiamo.

SPARAFUCILE
Se pria ch’abbia il mezzo la notte toccato
alcuno qui giunga, per esso morrà.

MADDALENA
È buia la notte, il ciel troppo irato,
nessuno a quest’ora da qui passerà.

GILDA
Oh, qual tentazione! morir per l’ingrato?
Morire!...e mio padre!...Oh cielo, pietà!

MADDALENA
È buia la notte, ecc.

SPARAFUCILE
Se pria ch’abbia, ecc.

GILDA
Oh cielo, pietà, ecc.
(Battono le undici e mezzo.)

SPARAFUCILE
Ancor c’è mezz’ora.

MADDALENA (piangendo)
Attendi, fratello...

GILDA
Che! piange tal donna! né a lui darò aita!
Ah, s’egli al mio amore divenne rubello,
io vo’ per la sua gettar la mia vita.
(Picchia alla porta.)

MADDALENA
Si picchia?

SPARAFUCILE
Fu il vento.
(Gilda torna a bussare.)

MADDALENA
Si picchia, ti dico.

SPARAFUCILE
È strano!...Chi è?

GILDA
Pietà d’un mendico;
asil per la notte a lui concedete.

MADDALENA
Fia lunga tal notte!

SPARAFUCILE
Alquanto attendete.
(Va a cercare nel credenzone.)

MADDALENA
Su, spicciati, presto, fa l’opra compita:
anelo una vita con altra salvar.

SPARAFUCILE
Ebbene, son pronto; quell’uscio dischiudi,
più ch’altro gli scudi mi preme salvar.

GILDA (da sé)
Ah! presso alla morte, sì giovine sono!
Oh ciel, per quegl’empi ti chieggo perdono!
Perdona tu, o padre, a quest’infelice!
Sia l’uomo felice ch’or vado a salvar.

MADDALENA
Spicciati, presto, ecc.

SPARAFUCILE
Bene, son pronto, ecc.

MADDALENA
Spicciati!

SPARAFUCILE
Apri!

MADDALENA
Entrate!

GILDA (da sé)
Dio! Loro perdonate!

MADDALENA, SPARAFUCILE
Entrate!
(Sparafucile va a postarsi con un pugnale dietro alla
porta; Maddalena apre e poi corre a chiudere la grande
arcata di fronte, mentre entra Gilda, dietro a cui
Sparafucile chiude la porta, e tutto resta sepolto nel
silenzio e nel buio.)
(Rigoletto solo si avanza chiuso nel suo mantello. La
violenza del temporale è diminuita, né più si vede e
sente che qualche lampo e tuono.)


RIGOLETTO
Della vendetta alfin giunge l’istante!
Da trenta dì l’aspetto
di vivo sangue a lagrime piangendo,
sotto la larva del buffon.
Quest’uscio.,..
(esaminando la casa)
è chiuso!...Ah, non è tempo ancor!
S’attenda.

Qual notte di mistero!
Una tempesta in cielo,
in terra un omicidio!
Oh, come invero qui grande mi sento!
(Suona mezzanotte.)
Mezzanotte!

SPARAFUCILE (uscendo di casa)
Chi è là?

RIGOLETTO (per entrare)
Son io.

SPARAFUCILE
Sostate.
(Rientra e torna trascinando un sacco.)
È qua spento il vostro’uomo.

RIGOLETTO
Oh gioia!...un lume!

SPARAFUCILE
Un lume?...No, il denaro.
(Rigoletto gli dà una borsa.)
Lesti all’onda il gettiam...

RIGOLETTO
No, basto io solo.

SPARAFUCILE
Come vi piace. Qui men atto è il sito.
Più avanti è più profondo il gorgo.
Presto, che alcun non vi sorprenda. Buona notte.
(Rientra in casa.)

RIGOLETTO
Egli è là!...morto!
Oh sì...vorrei vederlo!
Ma che importa?...è ben desso!
Ecco i suoi sproni!
Ora mi guarda, o mondo!
Quest’è un buffone, ed un potente è questo!
Ei sta sotto ai miei piedi! È desso! O gioia!
È giunta alfine la tua vendetta, o duolo!
Sia l’onda a lui sepolcro,
un sacco il suo lenzuolo.
All’onda! All’onda!
(Fa per trascinare il sacco verso la sponda, quando è
sorpreso dalla lontana voce del Duca, che nel fondo
attraversa la scena.)

DUCA
La donna è mobile, ecc.

RIGOLETTO
Qual voce!...illusion notturna è questa!
(trasalendo)
No!...No! egli è desso...
(verso la casa)
Maledizione! Olà...dimon bandito!
(Taglia il sacco.)
Chi è mai, chi è qui in sua vece?
(lampeggia)
Io tremo...È umano corpo!
Mia figlia!...Dio!...mia figlia!
Ah no...è impossibil!
Per Verona è in via!
(inginocchiandosi)
Fu vision...È dessa!
O mia Gilda: fanciulla, a me rispondi!

L’assassino mi svela...Olà?...Nessuno?
(Picchia disperatamente alla porta.)
Nessun!...
(tornando presso Gilda)
Mia figlia? Mia Gilda?...Oh, mia figlia!

GILDA
Chi mi chiama?

RIGOLETTO
Ella parla!...si muove!...
È viva!...oh Dio!
Ah, mio ben solo in terra...
Mi guarda...mi conosci...

GILDA
Ah, padre mio!

RIGOLETTO
Qual mistero!...Che fu?...
Sei tu ferita?...Dimmi...

GILDA (indicando al core)
L’acciar qui mi piagò.

RIGOLETTO
Chi t’ha colpita?

GILDA
V’ho ingannato...colpevole fui...
L’amai troppo...ora muoio per lui!

RIGOLETTO (da sé)
Dio tremendo! Ella stessa fu colta
dallo stral di mia giusta vendetta!

(a Gilda)
Angiol caro! mi guarda, m’ascolta!
Parla, parlami, figlia diletta.

GILDA
Ah, ch’io taccia! a me, a lui perdonate.
Benedite alla figlia, o mio padre...
Lassù in cielo, vicina alla madre,
in eterno per voi pregherò.

RIGOLETTO
Non morire, mio tesoro, pietade!
Mia colomba, lasciarmi non dêi!

GILDA
Lassù in cielo, ecc.

RIGOLETTO
Oh, mia figlia!
No, lasciarmi non dêi, non morir.
Se t’involi, qui sol rimarrei.
Non morire, o ch’io teco morrò!

GILDA
Non più...a lui perdonate.
Mio padre...Addio!
Lassù in ciel, ecc.

RIGOLETTO
Oh mia figlia! Oh mia Gilda!
No, lasciarmi non dêi, non morir!
(Gilda muore.)

RIGOLETTO
Gilda! mia Gilda!...È morta!
Ah, la maledizione!
(Strappandosi i capelli, cade sul cadavere della figlia.)

FINE
libretto by Francesco Maria Piave 

 

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